14.1.03

Emozioni

Che emozione si prova a scrivere per trenta persone? E per trecentomila? E per due milioni? E se poi si va in televisione e i telespettatori, nella pi� sfigata delle ipotesi, sono cinque, sei milioni?

Se doveste mai andare a insegnare in una scuola di giornalismo (ipotesi un po' remota per la gran massa delle persone, lo ammetto, ma facciamola lo stesso) e vi trovaste a di fronte dei giovini, aspiranti professionisti, che cosa gli direste?

Per quali motivi un tizio come tanti altri all'improvviso, pur facendo un lavoro pagato pi� o meno normalmente, diventa la mediazione tra la massa del pubblico e la Notizia? E le sue scelte lessicali, la sua capacit� culturale di interpretare gli avvenimenti, la sua particolare collocazione nell'industria culturale in generale e dell'infornazione in particolare, lo rendono all'improvviso un protagonista (occulto o palese, a seconda della notoriet� e della riconoscibilit�) delle scelte e dei pensieri delle altre persone?

Solo per narcisismo? Solo per il desiderio di diventare il San Pietro di tanti poveri diavoli? Per lasciare un segno? Perch� fare il giornalista � sempre meglio che lavorare (non resisto mai alla tentazione di citare Montanelli..)? Perch� non si � in grado di fare altro? Per superiori motivazioni ideali? Per servire la comunit�?

Se, come pensano tanti che si stanno riappropriando dei circuiti dell'informazione, ad esempio con i blog, all'improvviso si trovano de facto ad essere mediatori per trenta, trecento, tre milioni di persone, perch� lo fanno?

Emozioni?

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