30.6.06

Lo stregone

DOPO AVERLO COMPRATO, c'è voluto un po' per leggerlo: il lavoro, altre cose, il tempo sempre scarso, ma anche la voglia di centellinare questo testo che all'improvviso - ho scoperto - era un piacere raro, da meditazione e non da ingollo tutto d'un fiato.

Sandro Gerbi e il suo giovane allievo Raffaele Liucci hanno scritto per gli Struzzi di Einaudi veramente un bel libro di storia di un uomo, Lo stregone, alias la vita di Indro Montanelli dagli esordi nel giornalismo prima della guerra sino alla fine degli anni Cinquanta. Volendo, se continueranno su questa strada, ci sarà ancora molto di buono da leggere in futuro. Per adesso, vale la pena di percorrere le tappe della carriera di Montanelli da Fucecchio attraverso le sue prime esperienze lavorative, i suoi passaggi professionali in numerose delle testate nazionali più prestigiose sino all'arrivo al Corriere della Sera.

Una carriera degli "esordi" (ma già qui ce n'è di più che per la maggior parte di noialtri) da studiare: i ritmi di scrittura, le posizioni, il fascismo evaporato attraverso un cinico scetticismo e anche un po' per ripicca, la mai affrontata questione ebraica, il difficile rapporto con il potere e con la professione, l'anticomunismo viscerale, l'amore per una borghesia vagheggiata meno di destra di quanto non fosse poi nella mente del suo pubblico.

Certo, Gerbi e Liucci lasciano alle volte indietro rispetto alla ricostruzione di cronaca la portata esistenziale e professionale di alcuni passaggi, il Montanelli della loro ricostruzione alle volte si incontra, in singolare discronia, con quello ben diverso che veniva percepito nella società. Tuttavia, l'opera ha un pregio fondamentale: va a rileggere quelle tonnellate e tonnellate di articoli scritti nel corso degli anni - i primi trenta - per testate varie, i carteggi, la corrispondenza, i diari, e arriva a costruire un primo solido mattone che spiega chi fosse e cosa facesse il giornalista fucecchiese. Un provinciale che ha conquistato l'Italia.

29.6.06

La lunga marcia

INDEFESSO, QUESTO POSTO continua a pubblicare le migliori cose della carta stampata nella sezione #2, un po' una sorta di casa al mare del lavoro. Accorrete e leggete numerosi...

"It’s not healthy to shower alone"

ALLE VOLTE INTERNET sembra quasi una macchina del tempo sballata: giravo il web cercando notizie sulle shower, intese come feste per le future mamme, e invece inciampo in questo sito del 1999, piena New Economy, in cui un pazzo scriteriato mette insieme un progetto avventuroso: sito web con le foto di lui e cento ragazze con le quali ha fatto la doccia (l'altro, più canonico per noi italiani significato di shower). Beh, il fatto che ci sia riuscito - e abbia anche pensato di trarne un libro - è per me fonte di infinito stupore...

Chissà in quale ospedale psichiatrico sarà ricoverato, adesso.

25.6.06

It's time, again...

COME DIRE: QUANDO viene la domenica, bisogna pensare a Doonesbury, di Gary B. Trudeau...

24.6.06

Feltre

PER UN ACCIDENTE della storia, è Gutenberg ad aver "inventato" la stampa a caratteri mobili e non quel personaggio a quanto pare straordinario di Panfilo Castaldi (che aveva pure sposato una nipote di Marco Polo, il tipografo veneto nato a Feltre (oggi in provincia di Belluno). E io ieri e stamani ero là, a Feltre, a caccia della notizia. come ogni buon giornalista che si rispetti. Quale notizia? Boh, una qualsiasi.

Feltre la potete vedere nella foto qui a lato: Panfilo è quello immortalato nel piombo della statua sulla destra, la chiesa è poche decine di metri avanti al locale dove siamo stati a cena. Il paese è bello, piccolo e arioso, circondato dalle Dolomiti e perseguitato (in estate) dalle moschine piccole e fetenti.

C'era un bel pezzo di Iulm, l'università della comunicazione di Milano. Il rettore, il direttore amministrativo, un po' di professori di Milano e della sede di Feltre. Sì, perché quando nel 1968 circa venne l'idea di fondare l'ateneo privato milanese, mancavano i soldi per la fideiussione e il sindaco del capoluogo lombardo non ne voleva sapere di firmare. Firmò invece il sindaco di Feltre e così, come per miracolo, ecco spiegata la nascita del polo "esterno" dell'università a sole quattro ore e mezzo di treno da Milano.

Bella gita, firma importante dell'accordo per rilanciare l'impegno dello Iulm a Feltre - negli anni si era un po' sfumato - nuovi amici tra le montagne e pure il tempo per presentare brevemente il noto best seller di un famoso giovane autore. Pare che al pubblico presente sia piaciuto (forse anche perché il libro veniva via gratis...).

Ah, dimenticavo un altro dei motivi per cui Feltre è nota. Lì vicino è nato FdB, idem per Dino Buzzati, e poi un giorno di una sessantina e passa anni fa un treno blindato dall'Austria che portava Hitler in visita si fermò proprio da queste parti, dove ad attenderlo c'era Mussolini. La storia in cammino...

23.6.06

Com'era verde la mia Irlanda

SONO STATO DUE giorni in Irlanda, perso da qualche parte nell'entroterra. Non avevo mai visto Dublino (e ancora non l'ho vista, se è per questo) né mai girato la campagna irlandese. Almeno questa, l'ho vista...

La settimana scorsa invece sono stato due giorni in Sardegna, sempre per lavoro. Perso da qualche parte a sud-ovest di Cagliari. Non avevo mai visto la campagna sarda, anche perché nell'isola italiana più settentrionale sono stato una sola volta, alcuni anni fa.

Entrambi i casi sono di lavoro, entrambi hanno a che fare con la tecnologia e le unicità che legano due territori per certi versi simili: marginalizzati rispetto alla madrepatria (ok, per quanto riguarda l'Irlanda non è la madrepatria, comunque ci siamo capiti), socialmente, economicamente e persino biologicamente diversi. Schiacciati da pregiudizi e stereotipi (sull'identità, i tipi, le capacità rispetto alla "norma" britannica o dell'Italia continentale). Orgogliosi della propria diversità e al tempo stesso schiacciati da un costante senso di esclusione.

Sia la Sardegna che l'Irlanda, però, stanno facendo miracoli. Su scala diversa: la Sardegna sta dimostrando di avere un territorio fertile all'innovazione e alla tecnologia, con centri di ricerca, piccole aziende molto competitive, colossi come Tiscali. L'Irlanda sta diventando la terra di elezione per l'arrivo delle grandi multinazionali, che trovano qui il terreno fertile per investire in centri di ricerca, fabbriche high-tech, call center, servizi di logistica o immateriali. Gli elementi che caratterizzano la diversità tra i due poli, a parte le dimensioni, sono da un lato le facilitazioni economiche e fiscali che l'Irlanda ha saputo mettere insieme, la bontà delle università (che laureano più specializzati in materie scientifiche in proporzione alla popolazione di qualsiasi altro paese al mondo) e la diversificazione: nanotecnologie, software, hardware, biotecnologie, ricerca farmaceutica. Però i punti di contatto esistono. E pure gli stereotipi che le schiacciano...

Dal punto di vista ludico, i voli sono stati altrettanto agghiaccianti. Per la Sardegna, sono partito con Meridiana e tornato con AirOne. In entrambi i casi il volo è stato operato da un altro vettore: Livingston (che sarebbe un charter) all'andata e SpainAir (una low cost) al ritorno. Per l'Irlanda, il volo di andata è stato un dimenticabile Aer Lingus (che da storica compagnia di bandiera è diventata una low cost per sopravvivere all'ondata dell'incontenibile RyanAir) e il ritorno un'odissea attraverso Heatrow (per andare a Milano!) con voli British Airlines operati da Aer Lingus il primo e poi nel classico A320 per Malpensa di BA.

In entrambi i casi, aeroporti con terminal dedicati belli ma spopolati, senso di provvisorietà, mancanza di quel qualcosa che invece ritrovi dalle altre parti.

Che siano davvero due mondi paralleli?

20.6.06

Lo Zen e l'arte degli annunci economici

AVETE PRESENTE IL new journalism? Quello di Tom Wolfe, per intenderci, dove il giornalista si mette nel mezzo, ragiona, scrive in prima persona e traccia bozzetti in cui racconta le sue idee, ci mette qualche sagace battuta e tutto il resto? Beh, lo faceva anche il Montanelli degli esordi negli anni Trenta e Quaranta, se è per questo. Comunque, è divertente e praticato in maniera sempre meno sagace.

Brian M. Carney del Wall Street Journal è andato a San Francisco a incontrare Jim Buckmaster, fondatore e capo di Craigslist, che non è un pericoloso comunista ma sta comunque ribaltando il mercato degli annunci a pagamento sui giornali (una fonte di introiti notevole per i giornali americani). Il punto è che Buckmaster non accetta pubblicità sul suo sito, che fattura 25 milioni di dollari l'anno ed è in attivo dal 1999, quando le start-up cadevano come mosche. Peccato, perché se mettesse anche solo due o tre banner di Google, potrebbe tirare su mezzo miliardo di dollari, secondo gli analisti.

L'incontro paradossale che ne esce vale la pena di essere letto...

19.6.06

Betty in the Sky with a Suitcase

PER GLI APPASSIONATI del volo, gli Stati Uniti stanno impazzendo per i racconti di viaggio di una hostess, Betty, e il suo podcast. In inglese (e chissà che qualcuna delle ragazze delle nostre compagnie italiane non abbia la stessa idea...).

In realtà, nei cieli c'è sempre più gente che ha voglia di raccontare le proprie esperienze. Così si scopre, ad esempio, che piloti ed equipaggi sono composti spesso da appassionati e pure simpatici. Un caso a parte il "solito" Patrick Smith di Salon e Internazionale? Beh, per esempio, c'è il blog di A Captain's Log e il podcast di Flight With Me, che intervista pure i tre citati precedentemente, tanto per capire cosa succede [Mp3] nella nascente rete degli equipaggi...

18.6.06

Gary B. Trudeau

E' DOMENICA, E' tempo di Doonesbury...

Nostalgia canaglia

UN ALTRO FINE settimana a Milano. L'estate è alle porte, il lavoro non cala (o forse un pochino sì) e in compenso la stanchezza è tanta. Il problema è solo stare concentrati ancora per qualche settimana, perché le cose da fare e soprattutto da scrivere sono ancora mille. E poi, arriverà il momento in cui coltivare il vezzo dei propri ozi, le solitarie letture, le molli serate fiorentine...

16.6.06

Gimli Glider, ovvero del senso delle proporzioni

C'E' EMERGENZA ED emergenza, ovviamente. Ieri un Boeing 737 di AirOne ha perso in fase di decollo un ruotino (della coppia anteriore) a causa della rottura dell'asse. Emergenza giustamente dichiarata dopo che il personale di terra di Catania se n'è accorto, "caccia" all'aereo danneggiato tra quelli che erano appena partiti, "scoperta" dell'AirOne, ovvio atterraggio d'emergenza a Fiumicino dopo aver consumato il carburante (e magari anche scaricato un po' sui contadini laziali, visto che ha ritardato di neanche un'ora rispetto all'orario), con tanto spavento e nessun reale pericolo. Per fortuna che c'è l'associazione dei consumatori di turno che mette a disposizione un numero verde per fare causa alla compagnia!

Più spettacolare come risultato ma simile come tipo di rischio, l'atterraggio dello scorso 21 settembre 2005 di un Airbus A320 di JetBlue a Los Angeles: carrello anteriore bloccato, ore di giri intorno all'aeroporto per finire il carburante, diretta tv degli avvenimenti a bordo (con in verità poco panico da parte dei passeggeri), atterraggio in un lago di scintille e finita lì. Secondo Patrick Smith, il pilota che ci spiega come va la vita in volo su Salon e su Internazionale, il comandante di quel volo è stato tutto tranne che un eroe: tutto come da manuale, rischi minimi per la tipologia di problema in corso.

Diverso il caso, se proprio ne vogliamo parlare, di quel che successe il lontano 23 luglio 1983 all'aliante di Gimli, il Gimli Glider, come da allora è stato soprannominato il Boeing 767-200 di Air Canada in rotta da Ottawa ad Edmonton con il volo 143. Qui la storia ottimamente raccontata, qui una versione più "impaginata" [pdf], qui il servizio in video della televisione canadese e qui la solita sintesi di Wikipedia). Per spiegarla in poche parole: il 767 nuovo di zecca, a causa di un clamoroso errore nella conversione tra sistema Imperiale e metrico finisce il carburante all'improvviso, mentre si trova ancora a mezza strada. E quando un aereo come il 767 finisce il carburante, i due motori si spengono e i si sistemi idraulici perdono pressione alla velocità della luce, mentre il bolide si trasforma in un aliante quasi ingovernabile.

Per fortuna degli astanti, il comandante era un esperto pilota di aliante e il suo secondo conosceva a menadito una pista militare dismessa, il campo Gimli. La regola divenne improvvisare molto velocemente manovre estreme provenienti dal mondo del volo a vela per planare perdendo rapidamente velocità con un mastodonte dell'aria (un giocattolo lungo 48 metri, pesante 130 tonnellate e con una superficie alare di 283 metri quadri) che se sbagliava le misure avrebbe prodotto un notevole cratere tra i boschi canadesi. Chiedete a qualche pilota di aliante, se vi capita, cos'è un sideslip e perché di solito non si fa sui voli di linea...

L'atterraggio fu spettacolare, con nubi di scintille - dicono i presenti - e un considerevole rischio di potare il folto pubblico riunito sulla pista riciclata in campo di go-kart per fare il pic-nic... Un solo ferito, non grave, al momento di scendere dagli scivoli di emergenza (quelli dietro erano sollevati dal suolo a causa dell'inclinazione in avanti dell'aereo), mentre i campeggiatori spensero un principio di incendio (questo pericolosissimo) con gli estintori portatili delle auto.

Da ricordare che nel volo a vela non sono ammessi errori perché, ovviamente, non c'è il motore per riattaccare, e che la scintillante e super-tecnologica strumentazione del 767 si era "spenta" a causa del black-out seguente la perdita dei motori costringendo il comandante e il suo primo ufficiale a delle "improvvisazioni" sui calcoli e le modalità di discesa che hanno fatto scuola.

The Gimli Glider è stato prontamente riparato e ha continuato per anni il servizio con Air Canada (almeno sino a luglio del 2005).



Ecco, questa è una storia da raccontare... Ah, a proposito: voi per andare in vacanza questa estate, prendete l'aereo?

15.6.06

Romanzi di idee

SIAMO GIUSTO UNa dozzina di tipi umani diversi, dice l'immortale Mendoza (immortale nel senso letterale del termine) e mi fa pensare che forse - seppure nell'astrazione di un gustoso ciclo di fantascienza - qualcosa di vero ci sia. Forse per questo provo istintiva attrazione per nuovi amici ed amiche, che mi ricordano lo stesso tipo di cui ho già l'esperienza nel mio passato.

Il pensiero è un po' inquietante. E se la mia fiducia e la mia amicizia - senza contare altri sentimenti più intimi e profondi - andassero automaticamente verso archetipi già incontrati, magari in televisione o all'asilo? Se i miei amici di oggi, le donne, i colleghi che stimo di più, fossero tutti una reazione, un arco dell'istinto che lega la lucertola accucciata alla base del mio cervello alla mia coscienza e alla mia visione del mondo?

Mendoza questo non lo dice, né spiega se è per questo come faccia con un po' di protesi e di rivestimenti in materiale composito a guadagnarsi l'immortalità, temendo solo la tristezza anziché le malattie, le armi e la violenza. La creatura letteraria è veramente felice, comunque, e nasce dal lavoro di Kage Baker, un ciclo di cinque romanzi più alcuni racconti pubblicati in Italia da Urania di Mondadori.

Questo è quel che mi piace di più quando tuffo il naso dentro i miei romanzi di genere: mi fanno sognare e pensare al tempo stesso. Poi dicono perché uno non campa di sola saggistica o non guarda mai la tivù...

All'improvviso, un'emozione

SERATA DI PREVISTO piacere: festa a sorpresa per un caro amico, ordita dalla compagna; appuntamento alle otto a casa sua - lui rientra alle nove - con pochi minuti per passare da una Feltrinelli di corso Buenos Aires a recuperare un piccolo presente. Pesco rapidamente quel che serve, poi mi consento una rapida incursione dalle parti della saggistica e là, tra l'economia e il giornalismo, lo scorgo. E' lui, il figlioletto, con tanto di bollo "Novità" e una magnifica Milena Gabanelli con il suo Dvd di Report accanto. Che emozione: la serata è cominciata con i migliori auspici e proseguita benissimo. Inoltre, in rete le recensioni fioccano... che volete di più?

14.6.06

It's late, baby, but not too late...

SCUSATE IL RITARDO, ero fuori (aerei improponibili per missioni "toccata e fuga" a giro per l'Italia) ma adesso recupero. Perché ogni domenica il buon Gary B. Trudeau pubblica la sua vignetta domenicale su 300 giornali in tutto il mondo. E noi non ce la lasciamo mai sfuggire...

9.6.06

Solo al comando

SE NON ALTRO, la barzelletta di Prodi nell'intervista al settimanale tedesco Die Zeit anche se fuori luogo non è poi terribile:

L'arresto del padrino della mafia Provenzano e il crollo del sistema calcistico corrotto in Italia ... è un caso che si siano entrambi verificati dopo la sua vittoria elettorale?
"Lei non sa da quanto tempo ci rifletto sopra. In tutta sincerità , non lo so. Ma quanto alla Juventus sono otto, nove o dieci anni che sento questa barzelletta, la scriva pure: Il calciatore brasiliano Ronaldo, che allora giocava nell'Inter, prega sempre la Madonna. All'improvviso la Madonna gli appare e dice: 'Dato che sei così pio, ti faccio una grazia, puoi esprimere un desiderio e io lo esaudirò'. Ronaldo risponde: 'Va bene, vorrei un'autostrada diretta da Milano al Brasile'. La madonna molto imbarazzata esclama: 'Ronaldo, chiedi troppo! Scatenerei le ire degli ambientalisti. Pensa a qualcos'altro, torno domani mattina'. Il giorno dopo Ronaldo torna a pregare la Madonna, che, come promesso, riappare. 'Hai pensato a un'altra grazia Ronaldo?' Ronaldo esprime il suo desiderio: 'Vorrei una partita contro la Juve con un arbitro imparziale' . E la Madonna risponde: 'Ronaldo, a quante corsie la vuoi l'autostrada per il Brasile?'".


Il nocciolo della questione, però, è che dalle nostre parti anche i registratori hanno problemi di memoria, si fanno smentire. Ne è indicativo il passaggio "...questa barzelletta, la scriva pure...", che sottintende che ci sono cose che si dicono e si scrivono, altre che si dicono e non si scrivono. In Germania quando si intervista (perlomeno un politico italiano) evidentemente no...

6.6.06

Vecchi amici

RIPRENDO TRA LE mani il bel volume di Katie Hafner, Where Wizards Stay Up Late. Scorro le pagine del racconto di come sia nata Internet, degli uomini coinvolti e delle tecnologie che sono state inventate per la bisogna o di quelle esistenti che sono state in qualche modo e con tanta fantasia piegate alla necessità del momento. Lo spirito è quello dei pionieri, delle grandi avventure che per molti sono nate per caso, inseguendo un sogno intuito solo da alcuni e con la fortuna di trovare gli uomini giusti per una squadra invincibile.

Mentre il volume si srotola davanti ai miei occhi, una pagina tra quelle centrali si ferma sotto il mio sguardo. C'è una foto, davanti al planetario di Boston, dove sono riuniti forse per l'unica volta nella storia i 19 uomini che hanno lavorato al progetto iniziale della rete delle reti. Alcuni di loro sono morti, tutti sono molto più vecchi, adesso. Tra un po', con il correre del tempo, saranno sempre meno. La foto è del 1996, la rete invece nasce a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Due firme a penna, in basso: Vint Cerf e Bob Kahn, cioè i due pionieri che hanno scritto il codice per l'instradamento dei pacchetti con i dati. E' il Tcp/Ip, l'alfabeto della rete. Sono vivi, ognuno impegnato in una nuova avventura: li ho incontrati a Pisa alcuni giorni fa - prima della mia partenza per San Francisco - mentre ricevevano la laurea Honoris Causa dall'ateneo toscano. Erano accompagnati dalle mogli: avvocatessa quella di Kahn, insegnante quella di Cerf. Vinton dalla nascita è praticamente sordo, ed ha conosciuto la moglie al liceo, durante un corso per ragazzi audiolesi. Il primo giorno l'insegnante li mise a sedere accanto e da allora non si sono mai separati.

Kahn e Cerf, pur diversi di carattere, sono amici sin da ragazzi, e ancora si mettono lì a gareggiare su chi sia più intelligente e creativo. Bob, l'ingegnere serio e tutto d'un pezzo, più bravo a scrivere codice, più anziano di tre anni ma meno bravo nel marketing di se stesso. Oppure Vinton, l'eterno fanciullo che ancora si emoziona a rileggere il Signore degli Anelli e racconta con aria sognante di quando ha incontrato Peter Jackson, grazie al suo nuovo lavoro con Google. Chiacchierando insieme su un tavolo quattrocentesco del Rettorato pisano si mettono a discutere di invenzioni futuribili, di valute digitali senza equivalente nel mondo fisico, e di videogiochi dove invece questo già succede. E' una gara mai finita e mai astiosa a chi sia più brillante: una lotta tra soli accecanti.

Accarezzo per un attimo ancora le due firme, i due autografi che hanno segnato sul mio vecchio libro: l'oggetto è un racconto "sociologico" della giornalista, una ricostruzione dell'avventura che ha portato alla nascita della rete, pieno di storie e dettagli sulla loro vita e di quella degli altri che insieme a loro hanno costruito Internet. Alla mia domanda un po' ingenua se lo abbiano letto, risponde Kahn dicendo che lo ha letto in questa versione, e in quella precedente, e in quella prima ancora, almeno una decina di volte, mano a mano che il testo si componeva nella sua forma definitiva.

L'autografo di Cerf ha una linea tratteggiata, ondulante, che gira intorno alla didascalia e raggiunge la sua figura, facendo ben attenzione a non sovrapporsi all'immagine di nessuno. Quella di Kahn è piccola e secca, lasciata lì con qualche goccia di perplessità: quella dell'autografo in realtà è stata un'idea di Cerf, che ci dev'essere ormai abituato. E' un uomo dolce e spontaneo, a pelle, ma per niente ingenuo: con lo sguardo vede mondi che ancora non si sono realizzati. A sua moglie, durante il rinfresco che segue la cerimonia di laurea, riesco a dire che dev'essere ben strano essere sposato con l'equivalente di una rockstar per chi abita computerlandia. Lei sorride, penso che se ne sia già fatta un'idea da parecchio tempo.

Ecco, i ricordi sono questi: ho altri lavori da finire prima di scrivere questa storia ambientata in un pomeriggio pisano, lungo l'Arno soleggiato più a valle del mio Arno fiorentino. Spero che ne venga fuori un buon articolo. Adesso però capisco la differenza tra un giornale e un blog per chi di mestiere come me scrive: è questa la storia che vorrei mi chiedesse il mio direttore, non l'altra, quella più formale. Ma va bene anche quella che pubblicheremo sul giornale; sarà per forza di cose più distante dalle mie emozioni ma spero non meno interessante. E' giù tardi: chiudo il libro di Katie Hafner e mi metto a lavorare sulla prossima scadenza.

5.6.06

C'è tutto un mondo intorno

CERCAVO TRA LE foto che ho scattato a San Francisco nei giorni scorsi una che mi piacesse e che valesse la pena per questo Posto. Difficile. Non perché siano tante e tutte belle (soprattutto per il bello, il discorso è soggettivo), ma perché diventa sempre più difficile scegliere. C'è questo sommergente mare di informazioni che travalica qualsiasi limite e regola. Mi viene in mente per due motivi: il primo è il posto in cui sono stato. Se c'è una patria di quello che viene chiamato Rinascimento 2.0 (cioè l'effetto che la rete e il web 2.0 con tanta banda e strumenti collaborativi per tutti stanno producendo) è San Francisco. Però, San Francisco è anche una città soleggiata e dai colori incantevoli. Perché proprio là è nata la cultura informatica come la conosciamo noi oggi (anziché una nuova variazione di quella del surf, tanto per dire) è un discreto mistero. Però, i due aspetti convivono e sceglierne uno rispetto a un altro per nostra illustrazione è davvero difficile.

L'altro motivo, è la profondità dell'informazione attraverso la rete. San Francisco viene reinventata quotidianamente, insieme a migliaia di altri luoghi e di altri saperi, attraverso pagine web, illustrazioni digitali, blog, wiki. Eppure, calcarne il terreno è tutta un'altra cosa. Il senso viene prodotto nel mondo, in modo analogico, e la rappresentazione digitale ne è solo una superficiale idea. Non lo so, perché tanto di quel che so oggi se ci penso bene arriva proprio dalla rete, ma ho la sensazione che Internet non basti e che - anzi - un po' distorca. Però son riflessioni buttate lì un po' a caso: bisogna che ci pensi un po' di più. Prendo il Ritz-Carlton, l'albergo dov'ero parcheggiato, e il suo albero, sperando che l'illusione di questa inquadratura sia sufficiente a suggestionare qualche lettore di questo Posto.

4.6.06

It's a bloody sunday again

GARY B. TRUDEAU, come al solito...


Are you with me, Steve?

TORNATO UORA UORA da San Fran. Bella storia, direbbero quelli giovani, se non fosse che il viaggio è un po' faticoso (e ancora di più lo sarà il jet lag stasera). Per consolarmi, prima di gettarmi anima e cuore nel lavoro - visto che in trasferta si accumulano ovviamente le altre cose da fare - condivido questo video. Vi consiglio di guardarlo cliccando la freccia al centro, se avete paura del volo: fare il passeggero su un caccia è anche peggio che stare in economy su un 747 di Air France.



(ps: l'ultima estenuante tratta, con l'airbus di cui sotto, è stata piena di ritardi stupidi a causa delle inefficienze di Charles de Gaulle, un aeroporto che è cresciuto veramente troppo dopo la fusione con Klm e la disintegrazione degli hub italiani di Malpensa e Fiumicino. La buona notizia è che il comandante del volo era una bella signora bionda, penso di origini bretoni. Ci ha portato a Malpensa praticamente su un tappeto di velluto: bello!)