IL TITOLARE QUI deve andare un attimo a Singapore. Si parte tra poco e non si sa quel che si trova dal punto di vista della connettività. Quindi, ci si ribecca tra una settimana o giù di lì.
Così come per il viaggio in Canada, si rivola Klm. Tra l'altro, al ritorno da Montreal per la prima volta sono salito su un Md-11 (allestimento dell'economy ultramoderno, più comodo di quello dei B747 solitamente usati dagli olandesi). Questa volta la novità dovrebbe stare nella livrea degli aeromobili: probabilmente saranno quelli marchiati "Klm Asia". Vedremo...
28.1.07
Buona musica
SONO GIOVANI MA vanno forte. E' "Weird Al" Yankovic con la hit Pancreas. Nell'album c'è anche il resto dell'anatomia umana: sguardi molto interiori.
(Mi si dice che è a giro dagli anni Ottanta. E' proprio vero che ci sono più cose tra cielo e terra...)
(Mi si dice che è a giro dagli anni Ottanta. E' proprio vero che ci sono più cose tra cielo e terra...)
Domenica a singhizzo
FORSE E' PER responsabilità di quei simpaticoni di Fastweb, forse è solo sfortuna, comunque oggi Internet praticamente non va. Ma con eroici sforzi, ecco Doonesbury di Gary B. Trudeau.
27.1.07
To Boldly Go...
DUNQUE, due rapide segnalazioni. Nel numero dell'espresso in edicola da oggi (venerdì), c'è un mio pezzo sugli Oscar del Porno, cioè gli Avn Awards di Las Vegas (che ho seguito come "invitato speciale"). Qui accanto, la copertina. Purtroppo, non si trova il pezzo online: ma sai mai che poi lo mettano davvero in rete e allora ve lo linko subito (se lo trovate prima voi, me lo fate sapere? Si chiama "Porno Machines").
Invece, un vecchio debito: si tratta di Toilet, il numero 7. Notevole rivista cartacea, bella idea e soprattutto: c'è un mio racconto...
Invece, un vecchio debito: si tratta di Toilet, il numero 7. Notevole rivista cartacea, bella idea e soprattutto: c'è un mio racconto...
24.1.07
Il tempo è un severo maestro
COL TEMPO CI si abitua a tutto. Ad esempio, al freddo rigido del Canada. Oppure, ai concetti più sofisticati. Nel primo caso, è una buona opportunità: consente di mettere il nasino fuori dall'hotel senza avere la sensazione che stia per cadare per terra. I meno -18 che accompagnano le giornate ad Ottawa sono un ottimo esempio di come il clima possa essere determinante per la vita e non solo viceversa (visto che il riscaldamento globale antropico è diventato tema da prima pagina, almeno qui in Canada).
Invece, il fatto che si assimilino concetti e poi non ci si faccia quasi più caso non è sempre buono. Ad esempio, per il mio lavoro, la curiosità e la capacità di riscoprire quel che sta cambiando dovrebbe essere uno stimolo a non dare niente per scontato. In passato avevo scritto su Nòva24 dei dati, del loro uso, delle promesse e potenzialità che sono contenute nelle informazioni. Adesso, parlando con un po' di persone che di lavoro fanno questo, mi sto rendendo conto che addirittura diamo per scontato che cosa sia un'azienda. Non è più quell'oggetto la cui amministrazione e governo conoscevamo. Sta cambiando radicalmente e l'innovazione (l'area in cui i nostri piccoli e medio-piccoli italiani dovrebbero competere) non passa più solo attraverso le categorie della fantasia e della capacità di rinnovare i processi. C'è di più: vale la pena di esplorare meglio la cosa...
Invece, il fatto che si assimilino concetti e poi non ci si faccia quasi più caso non è sempre buono. Ad esempio, per il mio lavoro, la curiosità e la capacità di riscoprire quel che sta cambiando dovrebbe essere uno stimolo a non dare niente per scontato. In passato avevo scritto su Nòva24 dei dati, del loro uso, delle promesse e potenzialità che sono contenute nelle informazioni. Adesso, parlando con un po' di persone che di lavoro fanno questo, mi sto rendendo conto che addirittura diamo per scontato che cosa sia un'azienda. Non è più quell'oggetto la cui amministrazione e governo conoscevamo. Sta cambiando radicalmente e l'innovazione (l'area in cui i nostri piccoli e medio-piccoli italiani dovrebbero competere) non passa più solo attraverso le categorie della fantasia e della capacità di rinnovare i processi. C'è di più: vale la pena di esplorare meglio la cosa...
22.1.07
Chateau Laurier
LA LEGGENDA LOCALE vuole che il presidente della Grand Trunk Railway, Charles Melville Hays, si aggiri la notte tra i corridoi riccamente decorati del Fairmont Chateau Laurier di Ottawa, dove mi trovo adesso. Il motivo per cui l'anima dell'uomo che aveva autorizzato la costruzione di questo colosso in stile franco-hollywoodiano sarebbe ancora legata al nostro mondo e alla sua creatura in particolare è dovuta ad un tragico dettaglio: Hays stava rientrando dalla Gran Bretagna proprio per l'inaugurazione dell'albergo prevista per il 26 aprile 1912, quando la nave da lui scelta per valicare l'Atlantico fece un brutto incontro con un iceberg. Si trattava del Titanic (pensa te che sfiga, tra tutte le navi...) e fra i 1.500 morti del disastro più celebrato della storia ci finì anche lui, in data 14 aprile dello stesso anno.
L'albergo, del gruppo Fairmont (che è nato a San Francisco non a caso e con una straordinaria villa-hotel in cui prima o poi riuscirò ad entrare), è opera di Bradford Lee Gilbert e dello studio canadese Ross e Macfarlane; la storia del gruppo Fairmont è abbastanza complessa e varrebbe una trattazione a parte: ne parleremo quindi altrimenti. Lo Chateau Laurier (Wilfrid Laurier era il Primo ministro canadese nel periodo tra il 1906 e il 1912 quando l'hotel venne inaugurato) è chiamato anche "il terzo ramo del Parlamento" non solo perché sorge di fronte alla sede delle Camere federali canadesi, ma anche perché qui nel tempo si sono dati più volte appuntamento i leader politici locali e di tutto il mondo. Quando il Canada era centrale, prima della Seconda guerra mondiale, Churchill veniva a fumare sigari e bere cocktail martini nella Zoé's Lounge dove ho cenato stasera solo soletto.
A Ottawa oggi fa freddo. La Lincoln Town Car che mi ha portato dall'aeroporto di Montreal sino a qui ci ha messo più di due ore, attraverso una lenta e semideserta autostrada che taglia in due foreste avvolte nel niente. In città ci sono -18 gradi; c'è chi dice che siamo fortunati perché non c'è vento, io mi accontento anche così: il Canada mi pare un cambio non poi così vantaggioso per i giovani americani che non volevano andare a combattere in Vietnam, tutto sommato. Ma forse sono io che sono freddoloso. Adesso vado a letto e cerco di capire se Mr. Hays stasera passeggia al secondo piano oppure ha altro da fare (ascoltare la moglie Zoé che suona il pianoforte?).
L'albergo, del gruppo Fairmont (che è nato a San Francisco non a caso e con una straordinaria villa-hotel in cui prima o poi riuscirò ad entrare), è opera di Bradford Lee Gilbert e dello studio canadese Ross e Macfarlane; la storia del gruppo Fairmont è abbastanza complessa e varrebbe una trattazione a parte: ne parleremo quindi altrimenti. Lo Chateau Laurier (Wilfrid Laurier era il Primo ministro canadese nel periodo tra il 1906 e il 1912 quando l'hotel venne inaugurato) è chiamato anche "il terzo ramo del Parlamento" non solo perché sorge di fronte alla sede delle Camere federali canadesi, ma anche perché qui nel tempo si sono dati più volte appuntamento i leader politici locali e di tutto il mondo. Quando il Canada era centrale, prima della Seconda guerra mondiale, Churchill veniva a fumare sigari e bere cocktail martini nella Zoé's Lounge dove ho cenato stasera solo soletto.
A Ottawa oggi fa freddo. La Lincoln Town Car che mi ha portato dall'aeroporto di Montreal sino a qui ci ha messo più di due ore, attraverso una lenta e semideserta autostrada che taglia in due foreste avvolte nel niente. In città ci sono -18 gradi; c'è chi dice che siamo fortunati perché non c'è vento, io mi accontento anche così: il Canada mi pare un cambio non poi così vantaggioso per i giovani americani che non volevano andare a combattere in Vietnam, tutto sommato. Ma forse sono io che sono freddoloso. Adesso vado a letto e cerco di capire se Mr. Hays stasera passeggia al secondo piano oppure ha altro da fare (ascoltare la moglie Zoé che suona il pianoforte?).
Domenica canadese
MA SEMPRE DOMENICA: quindi, è tempo di Gary B. Trudeau (occhio: la data italiana è lunedì, ma qui nell'Ontario è sempre domenica...)
19.1.07
Love Is In The Air
ARIA CALDA SU Milano, sapore di primavera. Sto frullando come Strumpallazza, la pallina pazza, dietro ai cento padroni di Arlecchino che a quanto pari me li ha girati. Domenica schizzo a Ottawa (schizzo si fa per dire, perché ci vorranno tipo venti ore comprese due di pullman per arrivare, attraverso nove fusi orari e due cicloni) e torno giovedì.
Nel contempo, guardo di rimbalzo la televisione (rarissima avis) mentre scrivo i tre pezzi arretrati e preparo una relazione per un altro carpiato da competizione che interverrà più avanti. Pigra considerazione: il doppiaggio italiano dei telefilm Usa, che tecnicamente è ineccepibile, fa in realtà schifo. Trasforma in pupazzi i migliori.
Ah, ho guardato: domattina ad Ottawa ci sono -21 gradi. Quasi quasi prendo le scarpe imbottite...
Nel contempo, guardo di rimbalzo la televisione (rarissima avis) mentre scrivo i tre pezzi arretrati e preparo una relazione per un altro carpiato da competizione che interverrà più avanti. Pigra considerazione: il doppiaggio italiano dei telefilm Usa, che tecnicamente è ineccepibile, fa in realtà schifo. Trasforma in pupazzi i migliori.
Ah, ho guardato: domattina ad Ottawa ci sono -21 gradi. Quasi quasi prendo le scarpe imbottite...
18.1.07
Viaggiare - virtuale/attuale
CREDO SI SIA capito che mi piace viaggiare (per lavoro) e che viaggio parecchio (per lavoro). Adesso, oltre ai giri che sto facendo in queste settimane (alla fine di gennaio sarò stato più all'estero che non in Italia), ho iniziato un progetto che prevede una forma di collaborazione distribuita con le altre persone del team di lavoro. Questo vuol dire che sto scoprendo le conference call (per i non addentro: le riunioni telefoniche) via Skype con videocamera. Insomma, la videoconferenza one-to-one.
Ci sono i problemi dei fusi orari, quelli di darsi un calendario condiviso, quelli della raccolta del lavoro fatto, quelli del coordinamento. C'è tutto un mondo. Però, come diceva una mia amica che intende comprarsi l'iPhone di Apple perché si occupa di tecnologia nella Silicon Valley, "se non lo facessi sarebbe come se parlassi di corse in macchina senza aver mai preso la patente". Ecco, come fare a scrivere di collaborazione e via dicendo se poi faccio, subito dopo l'attività del monaco stilobate, uno dei lavori più individualistici del pianeta?
Ci sono i problemi dei fusi orari, quelli di darsi un calendario condiviso, quelli della raccolta del lavoro fatto, quelli del coordinamento. C'è tutto un mondo. Però, come diceva una mia amica che intende comprarsi l'iPhone di Apple perché si occupa di tecnologia nella Silicon Valley, "se non lo facessi sarebbe come se parlassi di corse in macchina senza aver mai preso la patente". Ecco, come fare a scrivere di collaborazione e via dicendo se poi faccio, subito dopo l'attività del monaco stilobate, uno dei lavori più individualistici del pianeta?
Convegenze
IN QUESTI MESI sono ricominciate le convergenze. E' un argomento anche lessicalmente intrigante (il termine "convergenza" è forse una delle parole più utilizzata per descrivere il "nuovo che avanza", ma il cui senso annega in realtà nell'ambigua nuvoletta del non definito) quanto ambiguo.
A suo tempo avevo dato una mia definizione di convergenza trattandone in modo penso un po' fuori dai canoni (convergenza come selezione naturale del contenitore vincente; convergenza di Steve Jobs tra Apple, Pixar e Disney; convergenza come interoperabilità di tutto con tutto). Adesso, vediamo tre casi di convergenza che mi hanno più interessato recentemente.
La prima è di Wired, la bibbia dell'era digitale eccetera eccetera. La rivista, dopo il periodo più scapigliato dei primi anni (i suoi padri fondatori sono tra i personaggi più significativi della Silicon Valley) è stata acquistata da Condé Nast - l'editore di Vanity Fair, Vogue e Golf Digest -, normalizzata e messa in mano a Chris Anderson, il direttore dei record (ha vinto un quantitativo impressionante di premi per il suo lavoro) nonché autore di The Long Tail. Il sito web, però, WiredNews, era rimasta una realtà separata, di proprietà di un'altra società. C'erano accordi, là si trovavano gli arretrati della rivista, ma la fonte delle notizie era diversa. Alcuni mesi fa Wired cartaceo ha comprato Wired online. Adesso c'è convergenza.
La seconda è il New York Times. Alcuni mesi fa la direzione ha deciso di fondere la redazione online, che nel tempo era diventato un giornale nel giornale, con rapporti con tutte le sezioni del quotidiano (di cui ripubblica le storie), a anche con una sua autonomia. Adesso sono una cosa sola nel senso che è il quotidiano a scrivere nel farsi degli avvenimenti anche una versione per la rete. Cito il NYTimes e non gli altri casi perché è il primo e comunque il più eclatante dei casi. Il Sole 24 Ore, per dire, ha una sua redazione autonoma con un responsabile e con dei giornalisti assunti (e dei collaboratori) ad hoc per scrivere ex novo dei temi di cui si parlerà poi anche sul quotidiano.
La terza è l'iPhone, che fa la convergenza di sms, email, web, musica, film, foto, indirizzi e via dicendo. Non interessa qui se si tratti di un bell'apparecchio, se è innovativa l'interfaccia, se altri prima di lui cercavano di fare cose simili e via dicendo. Si tratta del fatto che Steve Jobs infila dentro una scatolina di nuovo tutto quel che quattordici anni fa poteva essere infilato dentro un Newton, l'apparecchio che ha inventato il genere dei Pda (per merito di John Sculley, all'epoca Ceo di Apple e Bruto di Steve-Cesare) e che proprio Jobs cancellò.
Altri fenomeni di convergenza seguiranno. La mia idea è che le tecnologie e i contenuti siano solo un effetto collaterale. La convergenza è cosa di persone.
A suo tempo avevo dato una mia definizione di convergenza trattandone in modo penso un po' fuori dai canoni (convergenza come selezione naturale del contenitore vincente; convergenza di Steve Jobs tra Apple, Pixar e Disney; convergenza come interoperabilità di tutto con tutto). Adesso, vediamo tre casi di convergenza che mi hanno più interessato recentemente.
La prima è di Wired, la bibbia dell'era digitale eccetera eccetera. La rivista, dopo il periodo più scapigliato dei primi anni (i suoi padri fondatori sono tra i personaggi più significativi della Silicon Valley) è stata acquistata da Condé Nast - l'editore di Vanity Fair, Vogue e Golf Digest -, normalizzata e messa in mano a Chris Anderson, il direttore dei record (ha vinto un quantitativo impressionante di premi per il suo lavoro) nonché autore di The Long Tail. Il sito web, però, WiredNews, era rimasta una realtà separata, di proprietà di un'altra società. C'erano accordi, là si trovavano gli arretrati della rivista, ma la fonte delle notizie era diversa. Alcuni mesi fa Wired cartaceo ha comprato Wired online. Adesso c'è convergenza.
La seconda è il New York Times. Alcuni mesi fa la direzione ha deciso di fondere la redazione online, che nel tempo era diventato un giornale nel giornale, con rapporti con tutte le sezioni del quotidiano (di cui ripubblica le storie), a anche con una sua autonomia. Adesso sono una cosa sola nel senso che è il quotidiano a scrivere nel farsi degli avvenimenti anche una versione per la rete. Cito il NYTimes e non gli altri casi perché è il primo e comunque il più eclatante dei casi. Il Sole 24 Ore, per dire, ha una sua redazione autonoma con un responsabile e con dei giornalisti assunti (e dei collaboratori) ad hoc per scrivere ex novo dei temi di cui si parlerà poi anche sul quotidiano.
La terza è l'iPhone, che fa la convergenza di sms, email, web, musica, film, foto, indirizzi e via dicendo. Non interessa qui se si tratti di un bell'apparecchio, se è innovativa l'interfaccia, se altri prima di lui cercavano di fare cose simili e via dicendo. Si tratta del fatto che Steve Jobs infila dentro una scatolina di nuovo tutto quel che quattordici anni fa poteva essere infilato dentro un Newton, l'apparecchio che ha inventato il genere dei Pda (per merito di John Sculley, all'epoca Ceo di Apple e Bruto di Steve-Cesare) e che proprio Jobs cancellò.
Altri fenomeni di convergenza seguiranno. La mia idea è che le tecnologie e i contenuti siano solo un effetto collaterale. La convergenza è cosa di persone.
16.1.07
Milano, Love is a mix tape
UN AMICO MI ha chiesto, intanto che ero negli Stati Uniti, di comprargli un libro. Si tratta di Love is a mix tape, di Rob Sheffield. Siccome è un amico che stimo (e con il quale i contatti non sono mai frequenti quanto vorrei) ho letto il libro in aereo - anzi, in più aerei - cercandolo; cercando lui, i suoi gusti e la sua passione. Cercando, cioè, quel che ci può essere di una persona, della sua sensibilità in un libro.
E' stata una ricerca che è durata poco: il libro dal primo terzo ha cominciato a vivere di vita sua. E' una storia geniale e tristissima. Non pensavo si potesse scrivere così della propria vita, della musica rock, dell'anatomia di una perdita, di sentimenti che non sono poi così scontati. Alla fine, non ho trovato niente del mio amico in questo libro, ma gli sono molto grato lo stesso per avermelo fatto involontariamente leggere. Lo considero un suo regalo. Un meraviglioso regalo. (E appena ci vediamo glielo darò, ovviamente, ma gratis: vorrei che piacesse anche a lui e potesse un po' considerarlo anche un mio regalo).
E' stata una ricerca che è durata poco: il libro dal primo terzo ha cominciato a vivere di vita sua. E' una storia geniale e tristissima. Non pensavo si potesse scrivere così della propria vita, della musica rock, dell'anatomia di una perdita, di sentimenti che non sono poi così scontati. Alla fine, non ho trovato niente del mio amico in questo libro, ma gli sono molto grato lo stesso per avermelo fatto involontariamente leggere. Lo considero un suo regalo. Un meraviglioso regalo. (E appena ci vediamo glielo darò, ovviamente, ma gratis: vorrei che piacesse anche a lui e potesse un po' considerarlo anche un mio regalo).
14.1.07
Almanacco del giorno dopo
DOMANI LA BAND finlandese di symphonic metal Nightwish dovrebbe tirare le somme di quasi due anni di consultazioni e indicare chi sarà il successore della cantante, la soprano Tarja Turunen (qui nella foto).
Via da San Francisco
OK, ANCHE PER quest'anno il Macworld se n'è andato. Ma già c'è chi pensa al prossimo, soprattutto perché anche questa volta SJ è riuscito ad annichilire BG, il fondatore di Microsoft, che aveva parlato due giorni prima al CES di Las Vegas. Poche cose (ero là a sentire) e per di più confuse. Comunque, lo scontro va avanti da oramai trent'anni e sappiamo già chi è quello che ha fatto (più) soldi; strano però che l'uomo più ricco del mondo ancora vada a fare le comparsate sul palcoscenico per far vedere la cucina del futuro e la camerina dei pupi con le pareti-screensaver.
Nel frattempo, sono tornato a Las Vegas per due o tre giorni: nuovi amici e altre cose da fare. Se ne parlerà più avanti... Segnalo solo che oggi ero a pranzo (un po' tardi, verso le quattro ora locale) nel bar "Studio" dell'Mgm Grand e un tavolo più in là, con un gruppo di persone del suo staff, c'era Howie Mandel (che in queste settimane sta facendo uno spettacolo proprio qui all'Mgm Grand). Chi è Howie Mandel? Quello che conduce il gioco dei pacchi versione Usa: Deal or no deal.
Nel frattempo, sono tornato a Las Vegas per due o tre giorni: nuovi amici e altre cose da fare. Se ne parlerà più avanti... Segnalo solo che oggi ero a pranzo (un po' tardi, verso le quattro ora locale) nel bar "Studio" dell'Mgm Grand e un tavolo più in là, con un gruppo di persone del suo staff, c'era Howie Mandel (che in queste settimane sta facendo uno spettacolo proprio qui all'Mgm Grand). Chi è Howie Mandel? Quello che conduce il gioco dei pacchi versione Usa: Deal or no deal.
12.1.07
Opinioni
I'VE HEARD this all before. Listen, the iphone doesn't do anything new, understand? Just like the iPod, it didn't do anything new when it came out, it just did it properly, just like the iPhone is going to do.
10.1.07
Quando le opinioni vengono via con niente...
ADESSO C'E' IL pieno: non c'è blog o sito di notizie istituzionale che non abbia da dire la sua bella cosina sull'iPhone e dintorni: i frutti della giornata californiana al Moscone Center dove Apple ha presentato le sue novità.
Bella storia: non l'ha ancora tenuto letteralmente nessuno in mano (l'iPhone si basa su una interfaccia "multi-touch" assai innovativa e poterla provare dovrebbe essere un requisito essenziale prima di dar fiato alla tastiera) ma di pareri siamo pieni lo stesso, a quanto pare. Senza contare che tra blogger e giornali non si vede più la differenza, visto che son tutti lì a pasticciare con le cose che hanno trovato in rete trenta secondi prima. Alla faccia dell'accuratezza delle fonti.
L'idea che perlomeno noialtri giornalisti dovremmo tendenzialmente scrivere di quel che vediamo in prima persona, almeno qualche volta, non si parla più? Boh... Benvenuti nella società degli espressivi.
Intanto, dopo averlo provato, ne ho scritto qui
(Il massimo del "contatto ravvicinato" ammesso qui al Macworld di San Francisco. Quanto basta ai soliti soloni in rete e non solo per farsi un'opinione)
Bella storia: non l'ha ancora tenuto letteralmente nessuno in mano (l'iPhone si basa su una interfaccia "multi-touch" assai innovativa e poterla provare dovrebbe essere un requisito essenziale prima di dar fiato alla tastiera) ma di pareri siamo pieni lo stesso, a quanto pare. Senza contare che tra blogger e giornali non si vede più la differenza, visto che son tutti lì a pasticciare con le cose che hanno trovato in rete trenta secondi prima. Alla faccia dell'accuratezza delle fonti.
L'idea che perlomeno noialtri giornalisti dovremmo tendenzialmente scrivere di quel che vediamo in prima persona, almeno qualche volta, non si parla più? Boh... Benvenuti nella società degli espressivi.
Intanto, dopo averlo provato, ne ho scritto qui
9.1.07
Una notte davanti al Moscone
SAN FRANCISCO, LA notte prima. Adesso abbiamo anche il videocast messo su YouTube: ragazzi accampati dalle sei del pomeriggio aspettando l'alba per entrare per primi al Moscone West e assistere al Macworld. Domenica a Las Vegas queste scene non accadevano...
Non vi preoccupate, è solo l'ennesimo colpo da drago della buona, vecchia Macity: quando gli altri dormono, noi si lavora...
Non vi preoccupate, è solo l'ennesimo colpo da drago della buona, vecchia Macity: quando gli altri dormono, noi si lavora...
8.1.07
E' domenica anche a Las Vegas
6.1.07
When the going gets tough...
TRA POCHE ORE, balzo su un aereo e vado a Las Vegas. Tempo di vedere un po' di cose a quella gran kermesse che risponde al nome di CES (la più grande fiera dell'elettronica di consumo al mondo eccetera eccetera) e di ascoltare domenica prossima quel che ha da dire Bill Gates, che poi balzo su un altro aereo e vado a Las Vegas via Oakland (vecchio barbatrucco per risparmiare qualche copeco) e mi piazzo in prima fila come gli abbonati Rai per assistere al keynote di Steve Jobs al Macworld.
Quest'anno si annunciano novità a manetta: si parla infatti dell'iPhone; di apparecchi strabilianti per portare i contenuti del Mac sul televisore senza fili; degli iPod bluetooth; dei MacTablet; di nuovi software tra i quali un anti-Excel che si chiamerebbe Charts; insomma, di tutto di più includendo anche un nuovo MacBook Pro di dimensioni analoghe a quelle del MacBook 13 pollici, solo di alluminio.
E ci sarebbe anche qualche strano bisbiglio a dire il vero un po' preoccupante. C'è infatti chi dice che Steve Jobs potrebbe farsi da parte - almeno un po' - per via dei problemi che a quanto pare gli starebbero dando le stock options predatate per massimizzare il guadagno basato sulla migliore quotazione, adesso sotto l'occhiuto scrutinio della Sec (la Consob americana). Chissà. Non sono particolarmente incline al gioco del toto-Macworld perché, come al solito, basta poco e già siamo a mercoledì...
Preferisco analizzare a posteriori, cercando di capire dove vanno a parare. Quindi, come di consueto, lucidatevi le pupille e ritornate a vedere proprio mercoledì, perché il keynote è martedì mattina, ora di San Francisco. Ci sarà da ridere... spero!
Quest'anno si annunciano novità a manetta: si parla infatti dell'iPhone; di apparecchi strabilianti per portare i contenuti del Mac sul televisore senza fili; degli iPod bluetooth; dei MacTablet; di nuovi software tra i quali un anti-Excel che si chiamerebbe Charts; insomma, di tutto di più includendo anche un nuovo MacBook Pro di dimensioni analoghe a quelle del MacBook 13 pollici, solo di alluminio.
E ci sarebbe anche qualche strano bisbiglio a dire il vero un po' preoccupante. C'è infatti chi dice che Steve Jobs potrebbe farsi da parte - almeno un po' - per via dei problemi che a quanto pare gli starebbero dando le stock options predatate per massimizzare il guadagno basato sulla migliore quotazione, adesso sotto l'occhiuto scrutinio della Sec (la Consob americana). Chissà. Non sono particolarmente incline al gioco del toto-Macworld perché, come al solito, basta poco e già siamo a mercoledì...
Preferisco analizzare a posteriori, cercando di capire dove vanno a parare. Quindi, come di consueto, lucidatevi le pupille e ritornate a vedere proprio mercoledì, perché il keynote è martedì mattina, ora di San Francisco. Ci sarà da ridere... spero!
4.1.07
Apocalittici e integrati
SONO STATO FULMINATO da una illuminazione notturna, ancora grezza e priva di quel raffinato lavoro di lima di oraziana memoria (che poi era Limae labor et mora, dice per interposto Google qualcuno in rete), ma tant'è: prendetevela così come viene. La luce che acceca è la seguente: la radio italiana è fatta di due, massimo tre emittenti. Una è la Rai. E che diavolo, è la Rai, mica la cito perché ci ho lavorato per un anno. Stavo ascoltando il Giornale della Mezzanotte e, signori miei, altro nell'etere non c'è che quella fascia che va dalle undici sino a mezzanotte e quarantacinque (poi partono delle programmazioni notturne non sempre all'altezza, ma comunque).
Poi c'è Radio Popolare. L'altra Rai. Quella degli altri (anche qui, ci ho lavorato etc. etc., solito disclaimer insomma), cioè la via ambrosina ai progetti politici d'informazione. Geniale, snob, popolare, casinista, contraddittoria, puntuale, movimentista, attiva, politica, controcorrente, autonoma, indipendente, anche un po' paranoica. In una parola: meravigliosa. Grande amore.
La terza, la lascio al piacer vostro. Per me è una piccola radio fiorentina, dove ho iniziato a lavorare sul serio come giornalista (nel senso che si portava avanti un progetto d'informazione e culturale; non che m'avessero assunto, però, perché eravamo in realtà tutti volontari), ma gli amori a questo livello possono esser mille. Dipende dalle diverse biografie.
Le altre, dalla squisita Radio Monte Carlo sino alle antipatiche Rds, Rtl, RadioDeeJay e compagnia danzante, per me potrebbero anche chiuderle stanotte. Anzi, sai mai che non le chiudano davvero. Comunque, proprio ripensando a questo e quello, ecco un'altra - meno intensa, certo, ma sempre forte - illuminazione. Le playlist. Che nel gergo radiofonico sono le rigide scalette predisposte dalle direzioni musicali e imposte ai conduttori dei programmi. Con Luca l'anno scorso alla Rai se n'è discusso più volte - più che altro lui bofonchiava e penso bofonchi anche quest'anno contro queste rigidità al diritto del conduttore di personalizzare il suo spazio temporale nell'etere.
La risposta ufficiale, a quanto mi risulta, nelle varie radio nazionali e non, è che così si costruisce "l'identità di rete". Scelte musicali dettate da bisogno di diversificazione, politiche culturali, meccanismi di raffinata gestione della cosa radiofonica. In pratica: cazzate. Dato che passo le giornate che sono in casa a lavorare con la radio accesa e sono troppo pigro per cambiare canale alla Tivoli Model One (la radio mono del single milanese), posso solo notare che le playlist sono fin troppo corte e ogni ora e mezza ti ribecchi sempre le stesse canzoni. Uno schifo. Non migliorano, anzi peggiorano di brutto la qualità. Ma tant'è.
L'illuminazione invece è la seguente: le playlist esistono per evitare che i conduttori arrivino in radio alla guida di Ferrari o Porsche regalate loro dalle case discografiche in cambio della promozione della marchetta discografica di turno. Non mi riferisco ai desideri autoriali di Luca (che ha lo stigma del bravo ragazzo e la dedizione musicale dell'appassionato, con tutto quel che ne consegue), quanto al desiderio di cercare di controllare e incanalare le marchette in un ragionevole scambio commerciale tra aziende (discografiche e radiofoniche). Perché le playlist questo sono, non ci sbagliamo: marchette, non espressione del gusto musicale dei viventi. Ma almeno, secondo loro, fatte nell'interesse collettivo del bilancio di fine anno dell'emittente e non per il tornaconto dei singoli conduttori. Meno male, eh?
Poi c'è Radio Popolare. L'altra Rai. Quella degli altri (anche qui, ci ho lavorato etc. etc., solito disclaimer insomma), cioè la via ambrosina ai progetti politici d'informazione. Geniale, snob, popolare, casinista, contraddittoria, puntuale, movimentista, attiva, politica, controcorrente, autonoma, indipendente, anche un po' paranoica. In una parola: meravigliosa. Grande amore.
La terza, la lascio al piacer vostro. Per me è una piccola radio fiorentina, dove ho iniziato a lavorare sul serio come giornalista (nel senso che si portava avanti un progetto d'informazione e culturale; non che m'avessero assunto, però, perché eravamo in realtà tutti volontari), ma gli amori a questo livello possono esser mille. Dipende dalle diverse biografie.
Le altre, dalla squisita Radio Monte Carlo sino alle antipatiche Rds, Rtl, RadioDeeJay e compagnia danzante, per me potrebbero anche chiuderle stanotte. Anzi, sai mai che non le chiudano davvero. Comunque, proprio ripensando a questo e quello, ecco un'altra - meno intensa, certo, ma sempre forte - illuminazione. Le playlist. Che nel gergo radiofonico sono le rigide scalette predisposte dalle direzioni musicali e imposte ai conduttori dei programmi. Con Luca l'anno scorso alla Rai se n'è discusso più volte - più che altro lui bofonchiava e penso bofonchi anche quest'anno contro queste rigidità al diritto del conduttore di personalizzare il suo spazio temporale nell'etere.
La risposta ufficiale, a quanto mi risulta, nelle varie radio nazionali e non, è che così si costruisce "l'identità di rete". Scelte musicali dettate da bisogno di diversificazione, politiche culturali, meccanismi di raffinata gestione della cosa radiofonica. In pratica: cazzate. Dato che passo le giornate che sono in casa a lavorare con la radio accesa e sono troppo pigro per cambiare canale alla Tivoli Model One (la radio mono del single milanese), posso solo notare che le playlist sono fin troppo corte e ogni ora e mezza ti ribecchi sempre le stesse canzoni. Uno schifo. Non migliorano, anzi peggiorano di brutto la qualità. Ma tant'è.
L'illuminazione invece è la seguente: le playlist esistono per evitare che i conduttori arrivino in radio alla guida di Ferrari o Porsche regalate loro dalle case discografiche in cambio della promozione della marchetta discografica di turno. Non mi riferisco ai desideri autoriali di Luca (che ha lo stigma del bravo ragazzo e la dedizione musicale dell'appassionato, con tutto quel che ne consegue), quanto al desiderio di cercare di controllare e incanalare le marchette in un ragionevole scambio commerciale tra aziende (discografiche e radiofoniche). Perché le playlist questo sono, non ci sbagliamo: marchette, non espressione del gusto musicale dei viventi. Ma almeno, secondo loro, fatte nell'interesse collettivo del bilancio di fine anno dell'emittente e non per il tornaconto dei singoli conduttori. Meno male, eh?
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