GARY B. TRUDEAU, Doonesbury
26.11.06
21.11.06
Stay hungry, stay foolish
SI STA ESAURENDO la spinta propulsiva di questa fase della mia vita. Vari fattori personali e professionali concorrono. Me ne sono accordo in misura maggiore oggi, rileggendo il discorso che avevo tradotto per Macity (pare io sia stato il primo in Italia, pensa te) pronunciato da Steve Jobs un bel po' di tempo fa alla cerimonia delle lauree di Stanford. Jobs - che è notoriamente uno mica facile (per alcuni, anzi, un discreto figlio di buona donna) - non ha scritto né si è fatto scrivere a suo nome libri motivazionali, visioni barocche del futuro o cose da marketing. Ha fatto - per quel che mi risulta, e sono abbastanza informato - solo una volta un intervento pubblico di questo tipo. E va al di là delle menate sulle magnifiche e progressive sorti delle tecnologie digitali. Anzi, diciamo che non c'entra niente: è bello proprio per questo.
Dicevo: si sta esaurendo la mia spinta propulsiva, le motivazioni, il divertimento nel fare le cose, la gioia nelle soddisfazioni (piccole e personali, niente di speciale). Rileggendo Jobs - che chiedo perdono di aver tradotto un po' con i piedi... - tre passaggi mi sono venuti all'occhio:
Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. E' stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non perdete la fede, però. Sono convinto che l'unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l'amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l'unico modo per essere realimente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l'unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l'avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, continuate a cercare sino a che non lo avrete trovato. Non vi accontentate.
E già questo ti farebbe venir voglia di cambiare vita in tre giorni. Poi leggi anche quest'altro:
Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: "Se vivrai ogni giorno come se fosse l'ultimo, sicuramente una volta avrai ragione". Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: "Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?". E ogni qualvolta la risposta è "no" per troppi giorni di fila, capisco che c'è qualcosa che deve essere cambiato.
...e la voglia diventa quasi una certezza inespugnabile. Infine, un'occhiata alla conclusione:
Quando ero un ragazzo c'era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. E' stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E' stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fatto con macchine per scrivere, forbici e foto polaroid. E' stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono l'ultimo numero della rivista. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell'ultima pagina di quel numero finale c'era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l'autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c'erano le parole: "Stay Hungry. Stay Foolish.", siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.
Stay Hungry. Stay Foolish.
Io, stasera, quasi quasi chiudo il blog, saluto Il Sole 24 Ore, Macity e tutto il resto (pure Milano, che comincia a starmi pure sulle scatole) e vado a fare qualcos'altro da un'altra parte. Dopotutto, I'm still hungry and I'm still foolish... e soprattutto fanculo i carpiati e chi te li fa fare!
Dicevo: si sta esaurendo la mia spinta propulsiva, le motivazioni, il divertimento nel fare le cose, la gioia nelle soddisfazioni (piccole e personali, niente di speciale). Rileggendo Jobs - che chiedo perdono di aver tradotto un po' con i piedi... - tre passaggi mi sono venuti all'occhio:
Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. E' stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non perdete la fede, però. Sono convinto che l'unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l'amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l'unico modo per essere realimente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l'unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l'avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, continuate a cercare sino a che non lo avrete trovato. Non vi accontentate.
E già questo ti farebbe venir voglia di cambiare vita in tre giorni. Poi leggi anche quest'altro:
Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: "Se vivrai ogni giorno come se fosse l'ultimo, sicuramente una volta avrai ragione". Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: "Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?". E ogni qualvolta la risposta è "no" per troppi giorni di fila, capisco che c'è qualcosa che deve essere cambiato.
...e la voglia diventa quasi una certezza inespugnabile. Infine, un'occhiata alla conclusione:
Quando ero un ragazzo c'era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. E' stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E' stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fatto con macchine per scrivere, forbici e foto polaroid. E' stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono l'ultimo numero della rivista. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell'ultima pagina di quel numero finale c'era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l'autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c'erano le parole: "Stay Hungry. Stay Foolish.", siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.
Stay Hungry. Stay Foolish.
Io, stasera, quasi quasi chiudo il blog, saluto Il Sole 24 Ore, Macity e tutto il resto (pure Milano, che comincia a starmi pure sulle scatole) e vado a fare qualcos'altro da un'altra parte. Dopotutto, I'm still hungry and I'm still foolish... e soprattutto fanculo i carpiati e chi te li fa fare!
Insana passione
STO PER FARE uno dei miei rarissimi acquisti online (credo, ancora non sono sicuro). Il fatto è che mi possiede la scimmia di The Believer. Colpa dell'ex capo, che mi ha contagiato a suo tempo. Adesso, se non leggo qualcosa di radicalmente intellettualoide e snob, non vivo. Ad esempio, Whirl, la storia del foglio scandalistico nero di S.Louis fondato e diretto da Ben Thomas (oggi lo portano avanti il figlio degenere e pochi altri, ma non c'è paragone). Bisogna masticare un po' d'inglese ed avere pazienza (perché è un articolo parecchio lungo) ma la storia è straordinaria e straordinariamente raccontata.
The Believer l'ha fondato l'editore di McSweeney's, cioè Dave Eggers (noto anche dalle nostre parti, a quanto pare) che ovviamente sta a San Francisco. E proprio dalla città del Cancello d'Oro - come diceva Italo Calvino - arriva la rivista.
Stampato su carta di qualità e senza pubblicità (si regge solo sulla diffusione peraltro un po' problematica e per niente mainstream), secondo il New York Times [RegReqFree],
In addition to interviews with philosophers, writers, filmmakers, indie-rock musicians, a professional ninja and anyone else willing to sit down for a long, meandering conversation, The Believer publishes page-long appreciations of books, children, motels, light bulbs and power tools and two-page schematics devoted to things like singing drummers and fictional presidents. Mostly, though, it publishes long essays with enigmatic titles, each one prefaced by a list enumerating matters to be "discussed." For example, from the August 2005 issue, an article by Tony Perrottet called "The Semen of Hercules" promises discussion of, among other things, "The Kentucky Derby, Philostratus. . .Pharmaceutical Use of Squeezed Mustard-Rocket Leaf, Guaranteed Sexual Attractiveness. . .and Ancient Fad Diets."
Beh, come non innamorarsene? Lo scopo è quello di disintegrare il giornalismo televisivo trapiantato sulla carta stampata, in maniera metodica ed ordinata, rompendo l'artificiale sincronia che porta ad avere sempre le solite storie contemporaneamente su tutti i giornali (ehi, proprio come da noi). Le storie differenti qui ci sono, i racconti anche, ci "abita" pure Nick Hornby con la sua rubrica su quel che legge (da cui il libro da noi pubblicato da Guanda eccetera eccetera), insomma: cosa manca? Un'edizione italiana, magari. Io, intanto, sono sempre più propenso a comprare online dal loro negozietto i numeri arretrati. E poi, la prossima volta che vado a San Francisco, cercare tra le bancarelle quelli esauriti. Se solo trovo le bancarelle...
Dice di sé la rivista:
The Believer is a monthly magazine where length is no object. There are book reviews that are not necessarily timely, and that are very often very long. There are interviews that are also very long. The Believer contains no ads and is printed in four colors on heavy stock paper.
The Believer l'ha fondato l'editore di McSweeney's, cioè Dave Eggers (noto anche dalle nostre parti, a quanto pare) che ovviamente sta a San Francisco. E proprio dalla città del Cancello d'Oro - come diceva Italo Calvino - arriva la rivista.
Stampato su carta di qualità e senza pubblicità (si regge solo sulla diffusione peraltro un po' problematica e per niente mainstream), secondo il New York Times [RegReqFree],
In addition to interviews with philosophers, writers, filmmakers, indie-rock musicians, a professional ninja and anyone else willing to sit down for a long, meandering conversation, The Believer publishes page-long appreciations of books, children, motels, light bulbs and power tools and two-page schematics devoted to things like singing drummers and fictional presidents. Mostly, though, it publishes long essays with enigmatic titles, each one prefaced by a list enumerating matters to be "discussed." For example, from the August 2005 issue, an article by Tony Perrottet called "The Semen of Hercules" promises discussion of, among other things, "The Kentucky Derby, Philostratus. . .Pharmaceutical Use of Squeezed Mustard-Rocket Leaf, Guaranteed Sexual Attractiveness. . .and Ancient Fad Diets."
Beh, come non innamorarsene? Lo scopo è quello di disintegrare il giornalismo televisivo trapiantato sulla carta stampata, in maniera metodica ed ordinata, rompendo l'artificiale sincronia che porta ad avere sempre le solite storie contemporaneamente su tutti i giornali (ehi, proprio come da noi). Le storie differenti qui ci sono, i racconti anche, ci "abita" pure Nick Hornby con la sua rubrica su quel che legge (da cui il libro da noi pubblicato da Guanda eccetera eccetera), insomma: cosa manca? Un'edizione italiana, magari. Io, intanto, sono sempre più propenso a comprare online dal loro negozietto i numeri arretrati. E poi, la prossima volta che vado a San Francisco, cercare tra le bancarelle quelli esauriti. Se solo trovo le bancarelle...
Dice di sé la rivista:
The Believer is a monthly magazine where length is no object. There are book reviews that are not necessarily timely, and that are very often very long. There are interviews that are also very long. The Believer contains no ads and is printed in four colors on heavy stock paper.
Internacionales!
RAPIDO EGO-SURFING in rete, stamani, per scoprire che un recente articolo che ho scritto per il Sole sulle fini del mondo prossime future l'hanno ripreso, tradotto e pubblicato in Spagna, su El Economistas... Son soddisfazioni!
20.11.06
All news fit to print
STAVO LEGGIUCCHIANDO QUALCHE giornale della sera. Due cose ho notato. La prima è che il gruppo Sole 24 Ore ha lanciato a Milano e Roma la sua free-press del pomeriggio. Si chiama 24 Minuti (il gioco con il più diffuso gruppo di free-press europea, 20 minutes purtroppo è accidentale) e l'impressione è che hanno margini di miglioramento enormi.
La seconda è sull'indipendenza della stampa. In questi giorni stanno girando letteralmente centinaia di milioni di dollari. E' la spinta di marketing (perfettamente legittima, di quella illegittima non so e non voglio sapere) di Sony per il lancio della PlayStation 3. Investimenti pubblicitari notevoli, un certo addomesticamento della stampa. Per dire, si parla di ritardi, di costi, di code faraoniche, ma nessuno che si azzardi a dare un giudizio di merito - adesso che l'oggetto del desiderio di molti è nei negozi - sull'apparecchio che non sia men che lusinghiero. Tutti a dire, cioè, che la Ps3 di per sé è una figata pazzesca.
Invece, il vecchio New York Times a quanto pare [RegReq] la pensa diversamente:
Howard Stringer, you have a problem. Your company’s new video game system just isn’t that great.
Howard Stringer è il Ceo di Sony. Il problema è la Playstation3. E' un'opinione, per carità, però supportata da qualche argomento (così come dovrebbe essere quando si critica qualcosa):
Measured in megaflops, gigabytes and other technical benchmarks, the PlayStation 3 is certainly the world’s most powerful game console. It falls far short, however, of providing the world’s most engaging overall entertainment experience. There is a big difference, and Sony seems to have confused one for the other.
Adesso, visto che manca poco al lancio in Italia, focalizzatevi e fate uno sforzo: aspettate qualche giorno (al massimo settimana) e poi contate i servizi giornalistici (televisivi, radiofonici o della carta stampata) nei quali qualcuno si azzarderà a criticare l'apparecchio di per sé, non per le modalità con le quali viene distribuito etc. Cioè, a dire che forse "la Ps3 non è buona"... Provate, provate...
(ps: anche ArsTechnica non ci va leggera. Meno male...)
La seconda è sull'indipendenza della stampa. In questi giorni stanno girando letteralmente centinaia di milioni di dollari. E' la spinta di marketing (perfettamente legittima, di quella illegittima non so e non voglio sapere) di Sony per il lancio della PlayStation 3. Investimenti pubblicitari notevoli, un certo addomesticamento della stampa. Per dire, si parla di ritardi, di costi, di code faraoniche, ma nessuno che si azzardi a dare un giudizio di merito - adesso che l'oggetto del desiderio di molti è nei negozi - sull'apparecchio che non sia men che lusinghiero. Tutti a dire, cioè, che la Ps3 di per sé è una figata pazzesca.
Invece, il vecchio New York Times a quanto pare [RegReq] la pensa diversamente:
Howard Stringer, you have a problem. Your company’s new video game system just isn’t that great.
Howard Stringer è il Ceo di Sony. Il problema è la Playstation3. E' un'opinione, per carità, però supportata da qualche argomento (così come dovrebbe essere quando si critica qualcosa):
Measured in megaflops, gigabytes and other technical benchmarks, the PlayStation 3 is certainly the world’s most powerful game console. It falls far short, however, of providing the world’s most engaging overall entertainment experience. There is a big difference, and Sony seems to have confused one for the other.
Adesso, visto che manca poco al lancio in Italia, focalizzatevi e fate uno sforzo: aspettate qualche giorno (al massimo settimana) e poi contate i servizi giornalistici (televisivi, radiofonici o della carta stampata) nei quali qualcuno si azzarderà a criticare l'apparecchio di per sé, non per le modalità con le quali viene distribuito etc. Cioè, a dire che forse "la Ps3 non è buona"... Provate, provate...
(ps: anche ArsTechnica non ci va leggera. Meno male...)
Campagna sociale di questo Posto
ALL'ATTENZIONE DIGITALE del direttore del Corriere della Sera
Caro Direttore,
da tempo si nota un certo stagnare nelle pagine dei nostri giornali cartacei. E, per quanto il Corriere riesca sempre a distinguersi insieme a pochi altri, si avverte in particolare la mancanza di un po' di "sangue nuovo", un'iniezione di cellule figlie di un differente Dna che arricchiscano il patrimonio genetico delle nostre pagine.
Ti segnalo, da collega (poco importante) a collega (estremamente importante), nel migliore spirito della segnalazione (cioè che porti vantaggio innanzitutto a te, più che a me o al segnalato) un giovane e bravo collega che ho già portato all'attenzione della sparuta pattuglia di lettori di questo Posto. Si tratta di Luca Galassi, che su PeaceReporter sta letteralmente facendo scintille.
Ad esempio, l'ultima sua cosa che ho letto proprio stamane: un reportage sulla sanità cinese che s'intitola Cina, il gigante malato. Leggi solo l'attacco del pezzo:
Ogni volta che suona la sirena di un'ambulanza, un maiale prende la via del mercato; ogni volta che si dorme in un letto d'ospedale, un anno di lavoro nei campi se ne va; ogni volta che si contrae una malattia seria, dieci anni di risparmi volano via. Più che a un qualsiasi rapporto, analisi o inchiesta, è affidato a un vecchio motto contadino l'esatto ritratto della condizione in cui versa il sistema sanitario cinese.
Ecco, mi chiedo e ti chiedo: perché non strapparlo alla concorrenza del web di PeaceReporter e portarlo nelle ottime pagine degli esteri di via Solferino? Ne avrebbero a che guadagnare i tuoi lettori e - permettimi l'immodestia nel dirtelo - pure il tuo giornale. Fidati, ho naso per queste cose.
Con stima e immutata simpatia,
Antonio
Ps: se poi volessi un po' rafforzare anche le peraltro notevoli pagine di economia e mercati tecnologici, dove sopra tutti l'ottimo Massimo Gaggi fa un lavoro in effetti inimitabile, prendi in considerazione anche il sottoscritto. Ok?
Ciao Direttore, tante care cose.
a.
Caro Direttore,
da tempo si nota un certo stagnare nelle pagine dei nostri giornali cartacei. E, per quanto il Corriere riesca sempre a distinguersi insieme a pochi altri, si avverte in particolare la mancanza di un po' di "sangue nuovo", un'iniezione di cellule figlie di un differente Dna che arricchiscano il patrimonio genetico delle nostre pagine.
Ti segnalo, da collega (poco importante) a collega (estremamente importante), nel migliore spirito della segnalazione (cioè che porti vantaggio innanzitutto a te, più che a me o al segnalato) un giovane e bravo collega che ho già portato all'attenzione della sparuta pattuglia di lettori di questo Posto. Si tratta di Luca Galassi, che su PeaceReporter sta letteralmente facendo scintille.
Ad esempio, l'ultima sua cosa che ho letto proprio stamane: un reportage sulla sanità cinese che s'intitola Cina, il gigante malato. Leggi solo l'attacco del pezzo:
Ogni volta che suona la sirena di un'ambulanza, un maiale prende la via del mercato; ogni volta che si dorme in un letto d'ospedale, un anno di lavoro nei campi se ne va; ogni volta che si contrae una malattia seria, dieci anni di risparmi volano via. Più che a un qualsiasi rapporto, analisi o inchiesta, è affidato a un vecchio motto contadino l'esatto ritratto della condizione in cui versa il sistema sanitario cinese.
Ecco, mi chiedo e ti chiedo: perché non strapparlo alla concorrenza del web di PeaceReporter e portarlo nelle ottime pagine degli esteri di via Solferino? Ne avrebbero a che guadagnare i tuoi lettori e - permettimi l'immodestia nel dirtelo - pure il tuo giornale. Fidati, ho naso per queste cose.
Con stima e immutata simpatia,
Antonio
Ps: se poi volessi un po' rafforzare anche le peraltro notevoli pagine di economia e mercati tecnologici, dove sopra tutti l'ottimo Massimo Gaggi fa un lavoro in effetti inimitabile, prendi in considerazione anche il sottoscritto. Ok?
Ciao Direttore, tante care cose.
a.
Biografie digitali
IVAN FULCO HA appena fatto uscire il volume Virtual Geographic, che è una sorta di viaggio per immagini e articoli attraverso il mondo dei videogiochi. E' un catalogo, un mini coffe table book, uno strumento illustrato per orientarsi o stupirsi con le immagini e l'estetica dei video games contemporanei. Perché farlo? L'idea di fondo in realtà è sfogare una passione: Fulco e i suoi colleghi (dentro c'è anche la vecchia conoscenza Matteo Bittanti) sono appassionati prima di tutto e poi molto bravi e analitici nell'analizzare il fenomeno del video game. Ma c'è di più.
Se si guarda oltre lo stupore delle immagini sintetiche e si legge oltre le informazioni e riflessioni che sicuramente si possono rintracciare nel libro (qui se ne parla nel dettaglio dei contenuti), l'idea di fondo secondo me è che siamo di fronte ad un altro piccolo mattoncino della biografia di una generazione. Un'autobiografia, conoscendo l'età di chi scrive. E' un pezzo di vita, fondamentalmente, che per i più appassionati adesso sta diventando un lavoro e non solo. I videogiochi sono in parte cultura mainstream al giorno d'oggi e gli sforzi in Italia proprio di Ivan e soprattutto di Matteo (insieme anche all'ottimo Jaime d'Alessandro) spingono in questa direzione. Perché dentro il video game si ritrova il sapore di una esperienza che ha definito e segnato profondamente proprio questa generazione di nati a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta. Una generazione totalmente dimenticata e che si è voluta far dimenticare perché ha per prima scoperto altre vie e percorsi dove rifugiarsi.
Sarà stato il caso oppure una necessità dettata dal sistemarsi delle cose sociali prima e dopo, ma meriterebbe un'analisi e un racconto più approfondito e ad ampio spettro. Sto cercando di organizzare le idee anche su questo tema, ma non è semplice. Però ce la si potrebbe può fare, o no? Che ne dite?
Se si guarda oltre lo stupore delle immagini sintetiche e si legge oltre le informazioni e riflessioni che sicuramente si possono rintracciare nel libro (qui se ne parla nel dettaglio dei contenuti), l'idea di fondo secondo me è che siamo di fronte ad un altro piccolo mattoncino della biografia di una generazione. Un'autobiografia, conoscendo l'età di chi scrive. E' un pezzo di vita, fondamentalmente, che per i più appassionati adesso sta diventando un lavoro e non solo. I videogiochi sono in parte cultura mainstream al giorno d'oggi e gli sforzi in Italia proprio di Ivan e soprattutto di Matteo (insieme anche all'ottimo Jaime d'Alessandro) spingono in questa direzione. Perché dentro il video game si ritrova il sapore di una esperienza che ha definito e segnato profondamente proprio questa generazione di nati a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta. Una generazione totalmente dimenticata e che si è voluta far dimenticare perché ha per prima scoperto altre vie e percorsi dove rifugiarsi.
Sarà stato il caso oppure una necessità dettata dal sistemarsi delle cose sociali prima e dopo, ma meriterebbe un'analisi e un racconto più approfondito e ad ampio spettro. Sto cercando di organizzare le idee anche su questo tema, ma non è semplice. Però ce la si potrebbe può fare, o no? Che ne dite?
19.11.06
Stuff I Wrote
NEL POSTO NUMERO due ci sono altri articoletti che sono usciti qua e là sui giornali dei mesi scorsi. Prego, accomodatevi...
Domenica, domenica
18.11.06
Carpe diem, single milanese...
MI HA FREGATO il nome del negozio: "Carpe diem". Perché io sono tutto tranne che per l'acquisto meditato. Non comparo, non ci penso, non rifletto. Anzi, di solito manco compro. Però questa ce l'avevo nel cuore da un po' di tempo: potenza del marketing e di chi riesce a farti pensare che bisogna saper cogliere l'attimo.
Insomma, subito prima di andare a fare una micro-intervista con la Federica Panicucci (per il Sole 24 Ore; ma ci pensate? Lei era lì che si aspettava pure delle domande sul suo portafoglio di investimenti, figuriamoci, altro che sull'email e internet), io invece ho ceduto. E così mi sono preso la Tivoli Model One, la radio mono di legno che mi faceva impazzire, identica a quella della foto qui accanto. L'ho soprannominata: la radio del single. Dopotutto, se stai da solo a Milano e hai già Fastweb e il WiFi in casa, cos'altro ti serve? Una radio mono...
Insomma, subito prima di andare a fare una micro-intervista con la Federica Panicucci (per il Sole 24 Ore; ma ci pensate? Lei era lì che si aspettava pure delle domande sul suo portafoglio di investimenti, figuriamoci, altro che sull'email e internet), io invece ho ceduto. E così mi sono preso la Tivoli Model One, la radio mono di legno che mi faceva impazzire, identica a quella della foto qui accanto. L'ho soprannominata: la radio del single. Dopotutto, se stai da solo a Milano e hai già Fastweb e il WiFi in casa, cos'altro ti serve? Una radio mono...
17.11.06
La fatica quotidiana dell'email
VARIE COSE BOLLONO in pentola, e forse per questo il mio amato Posto è un po' trascurato. Lavoro, ovviamente, con una serie di piccoli carpiati che di per sé non sarebbero difficili, ma sono in sequenza e questo li rende micidiali: perdi il ritmo e batti i denti per terra, per capirci. Poi, viaggi serrati con annessi esperimenti: proseguo i tentativi di capire come si può vivere senza computer ma solo con strumenti di mobilità "estrema": un BlackBerry, un telefonino, Gmail.
E arriviamo al difficile: Gmail. Ottimo servizio, fantastico filtro per lo spam (tant'è che faccio passare da là la mia email in modo che poi sul BlackBerry arrivi già filtrata. I falsi positivi sono veramente pochi (però sempre quelli con i messaggi più importanti, mannaggia a loro, sembra che lo fanno apposta!) e finalmente viaggio a meno di cento email da leggere al giorno, anziché trecento-quattrocento affossate dallo spam. Avendone il flusso in diretta nella tasca dei miei jeans, è un bel passo in avanti.
Infine, i desiderata. Sto leggendo, se pure lentamente, e mi diverto. Mi viene persino voglia di scrivere di quel che ho letto. Ma poi non ce la faccio perché il tempo è veramente poco e - lasciatemelo dire - anche l'ispirazione. Avete provato a leggere un libro, chessò: Una vita da lettori di Nick Hornby che vi consiglio di cuore, e poi farvi un giro in rete? Si trova di tutto. A parte seicento siti farlocchi pseudo-librerie, ci sono rimandi e richiami, casino, link, tags, ancora rimandi. Tutti che non si capisce mai se stanno ricopiando il comunicato stampa, la quarta di copertina o chissà cos'altro (magari parlano di un altro libro oppure sono semplicemente pazzi) oppure opinioni un po', come dire, facilotte e banali. Non ha tutti i torti, il buon Hornby, a dire che odia i recensori di Internet. Concordo e (paradossalmente) mi associo.
L'unica nota che mi permetto di sollevare, e sull'edizione italiana: il traduttore Massimo Bocchiola ha generalmente fatto un ottimo lavoro (davvero, mica facile seguire lo stile di Hornby per di più su una rivista letteraria di San Francisco come The Believer, il luogo originale della pubblicazione della sua rubrica di libri) tranne qualche piccolo scivolone (essendo un libro di meta-letteratura, sono comunque di troppo) e una strana citazione esplicita di Guanda, la casa editrice dell'edizione italiana, che probabilmente non appartiene al testo di Hornby ma meglio sottolinea l'appartenenza al di lei catalogo del libro citato in quel passaggio. Peccato, perché se è così (Amazon non mi fa guardare "dentro" il libro in versione originale) si sarebbe potuto anche citare oltre alla traduzione italiana dei titoli dei libri pubblicati anche da noi pure le rispettive case editrici: se bisogna tradire il testo originale, almeno tradiamolo anche nell'interesse del lettore e non solo dell'editore...
Comunque, visto che alla fine ho detto più di quel che mi sarei aspettato (sapete com'è, per noi grafomani basta la scusa e poi, pur lamentandoci, non ci fermiamo più), la butto lì che ve lo consiglio. Anche se non vi piacerà. Poi, se cercate su Google, vedete che tra i mille che ne parlano troverete anche quello che vi convincerà di tutto e del contrario di tutto... (E io continuerò questa mia fase rancorosa verso l'universo mondo, bubando nel silenzio della mia magione).
E arriviamo al difficile: Gmail. Ottimo servizio, fantastico filtro per lo spam (tant'è che faccio passare da là la mia email in modo che poi sul BlackBerry arrivi già filtrata. I falsi positivi sono veramente pochi (però sempre quelli con i messaggi più importanti, mannaggia a loro, sembra che lo fanno apposta!) e finalmente viaggio a meno di cento email da leggere al giorno, anziché trecento-quattrocento affossate dallo spam. Avendone il flusso in diretta nella tasca dei miei jeans, è un bel passo in avanti.
Infine, i desiderata. Sto leggendo, se pure lentamente, e mi diverto. Mi viene persino voglia di scrivere di quel che ho letto. Ma poi non ce la faccio perché il tempo è veramente poco e - lasciatemelo dire - anche l'ispirazione. Avete provato a leggere un libro, chessò: Una vita da lettori di Nick Hornby che vi consiglio di cuore, e poi farvi un giro in rete? Si trova di tutto. A parte seicento siti farlocchi pseudo-librerie, ci sono rimandi e richiami, casino, link, tags, ancora rimandi. Tutti che non si capisce mai se stanno ricopiando il comunicato stampa, la quarta di copertina o chissà cos'altro (magari parlano di un altro libro oppure sono semplicemente pazzi) oppure opinioni un po', come dire, facilotte e banali. Non ha tutti i torti, il buon Hornby, a dire che odia i recensori di Internet. Concordo e (paradossalmente) mi associo.
L'unica nota che mi permetto di sollevare, e sull'edizione italiana: il traduttore Massimo Bocchiola ha generalmente fatto un ottimo lavoro (davvero, mica facile seguire lo stile di Hornby per di più su una rivista letteraria di San Francisco come The Believer, il luogo originale della pubblicazione della sua rubrica di libri) tranne qualche piccolo scivolone (essendo un libro di meta-letteratura, sono comunque di troppo) e una strana citazione esplicita di Guanda, la casa editrice dell'edizione italiana, che probabilmente non appartiene al testo di Hornby ma meglio sottolinea l'appartenenza al di lei catalogo del libro citato in quel passaggio. Peccato, perché se è così (Amazon non mi fa guardare "dentro" il libro in versione originale) si sarebbe potuto anche citare oltre alla traduzione italiana dei titoli dei libri pubblicati anche da noi pure le rispettive case editrici: se bisogna tradire il testo originale, almeno tradiamolo anche nell'interesse del lettore e non solo dell'editore...
Comunque, visto che alla fine ho detto più di quel che mi sarei aspettato (sapete com'è, per noi grafomani basta la scusa e poi, pur lamentandoci, non ci fermiamo più), la butto lì che ve lo consiglio. Anche se non vi piacerà. Poi, se cercate su Google, vedete che tra i mille che ne parlano troverete anche quello che vi convincerà di tutto e del contrario di tutto... (E io continuerò questa mia fase rancorosa verso l'universo mondo, bubando nel silenzio della mia magione).
15.11.06
All'arrembaggio...
US AIRWAYS STA tentando di scalare Delta. Dopo che il consiglio di amministrazione di Delta ha respinto per due volte i tentativi "amichevoli" di fusione/acquisizione proposti da US Airways (più piccola, come vedremo, della compagnia di Atlanta), adesso con una lettera aperta dell'amministratore delegato di quest'ultima si prospetta una acquisizione delle azioni sul mercato dal valore di 8 miliardi di dollari.
Se vogliamo comparare le due compagnie, c'è questa pagina della compagnia di Tempe, in Arizona, che mette in ordine i "valori" delle due aziende. Delta sta cercando di riemergere dal Chapter 11, cioè l'amministrazione controllata, e lo fa con una crescita tutta in nero di spessore, mentre US Airways è la più "rapida" del settore negli Usa. Sarebbe quindi l'incontro di due compagnie in crescita, aggiungendo anche che Us Airways sta finendo adesso di digerire l'acquisto di America West.
Quali effetti di questa fusione? Temo drammatici per il peraltro affollato SkyTeam, il gruppo di compagnie in cui ci sono anche AirFrance, Klm e la nostra Alitalia insieme ad altre sei (in tutto 10, più altri sette pendenti). Se salta il pezzo di Delta, rimangono per fortuna altri due partner statunitesi, ma di minor livello (Continental e Northwest Airlines). O magari è US Airways a mollare Star Alliance (leggi: Lufthansa) e venire a noi.. Chi può dirlo? Le intenzioni di US Airways (scritte nella lettera d'intenti del suo Ceo, come mi fa notare Fabio) sono quelle di fondersi dentro la più grande Delta e quindi rimanere nello SkyTeam. E a quel punto il problema sarebbe l'opposto, con delle drammatiche sovrapposizioni di servizio tra compagnie-partner.
Comunque, dopo un periodo di relativa tranquillità, il settore aeronautico si ricomincia a muovere. Il ciclo positivo, terroristi permettendo, è circa a metà. Altri due o tre anni di crescita, e poi la prossima crisi strutturale per tutti, com'è tradizione in questo comparto altamente ciclico (quattro-cinque anni brutti seguiti da cinque-sei anni buoni, con margini di utile sempre molto limitati).
Intanto, il fatto che i numerosi creditori di Delta si troverebbero con il 45% della compagnia aerea risultante dalla fusione sono uno dei fattori che alimentano la perplessità di molti analisti sull'operazione. Ma, dopotutto, la storia recente di US Airways pare, negli ultimi anni, votata alle missioni impossibili...
Se vogliamo comparare le due compagnie, c'è questa pagina della compagnia di Tempe, in Arizona, che mette in ordine i "valori" delle due aziende. Delta sta cercando di riemergere dal Chapter 11, cioè l'amministrazione controllata, e lo fa con una crescita tutta in nero di spessore, mentre US Airways è la più "rapida" del settore negli Usa. Sarebbe quindi l'incontro di due compagnie in crescita, aggiungendo anche che Us Airways sta finendo adesso di digerire l'acquisto di America West.
Quali effetti di questa fusione? Temo drammatici per il peraltro affollato SkyTeam, il gruppo di compagnie in cui ci sono anche AirFrance, Klm e la nostra Alitalia insieme ad altre sei (in tutto 10, più altri sette pendenti). Se salta il pezzo di Delta, rimangono per fortuna altri due partner statunitesi, ma di minor livello (Continental e Northwest Airlines). O magari è US Airways a mollare Star Alliance (leggi: Lufthansa) e venire a noi.. Chi può dirlo? Le intenzioni di US Airways (scritte nella lettera d'intenti del suo Ceo, come mi fa notare Fabio) sono quelle di fondersi dentro la più grande Delta e quindi rimanere nello SkyTeam. E a quel punto il problema sarebbe l'opposto, con delle drammatiche sovrapposizioni di servizio tra compagnie-partner.
Comunque, dopo un periodo di relativa tranquillità, il settore aeronautico si ricomincia a muovere. Il ciclo positivo, terroristi permettendo, è circa a metà. Altri due o tre anni di crescita, e poi la prossima crisi strutturale per tutti, com'è tradizione in questo comparto altamente ciclico (quattro-cinque anni brutti seguiti da cinque-sei anni buoni, con margini di utile sempre molto limitati).
Intanto, il fatto che i numerosi creditori di Delta si troverebbero con il 45% della compagnia aerea risultante dalla fusione sono uno dei fattori che alimentano la perplessità di molti analisti sull'operazione. Ma, dopotutto, la storia recente di US Airways pare, negli ultimi anni, votata alle missioni impossibili...
Back to the roots
IL TEMPO, FORSE aveva ragione Giambattista Vico, è ciclico: ritorna. Ritorna quindi la mia vecchia e mitica Novaradio dell'Arci di Firenze (dove il sottoscritto ha iniziato l'avventura giornalistica) e questo mi porta pure a segnalare tre notizie.
Per prima cosa, la più bella trasmissione di libri che abbia sentito sinora sull'etere, Pagine; la comparsa del il podcast casalingo (senza feed Rss per adesso...) con i racconti de L'Insonne; e infine la recensione, all'interno del Pagine numero sei del mio piccolo libriccino ultimo nato, con tanto di intervista.
E' infatti il mitico Alessandro Ciulla, una delle voci storiche dell'emittente libera fiorentina (indimenticabili le sue radiocronache al lunedì dei consigli comunali del capoluogo) che ha raccolto persino la mia di vocetta telefonica per una intervista in cui si dice tutto, ma proprio tutto de Le professioni della comunicazione. Wow...
Ps. Nota per la mamma: non ho la sinusite, è che abbiamo registrato via telefono...
Per prima cosa, la più bella trasmissione di libri che abbia sentito sinora sull'etere, Pagine; la comparsa del il podcast casalingo (senza feed Rss per adesso...) con i racconti de L'Insonne; e infine la recensione, all'interno del Pagine numero sei del mio piccolo libriccino ultimo nato, con tanto di intervista.
E' infatti il mitico Alessandro Ciulla, una delle voci storiche dell'emittente libera fiorentina (indimenticabili le sue radiocronache al lunedì dei consigli comunali del capoluogo) che ha raccolto persino la mia di vocetta telefonica per una intervista in cui si dice tutto, ma proprio tutto de Le professioni della comunicazione. Wow...
Ps. Nota per la mamma: non ho la sinusite, è che abbiamo registrato via telefono...
12.11.06
Domenica, torna un vecchio amico...
9.11.06
He did it again
LUCA GALASSI, CHE sta diventando uno dei miei giornalisti preferiti (vista la pochezza dei mezzi e l'ampiezza dei risultati), l'ha fatto di nuovo: se guardate qui, è andato in India e in 450 parole ci regala un pezzo di quelli che restano dentro la mente per anni, forse una vita intera. Storia di una prostituta che apre una banca per le sue colleghe e costruisce un meccanismo sociale e di reputazione nuovo (migliore). E allora, Mieli dove sei? Non usi Internet per le assunzioni? Solo il telefono? Mmmh.
5.11.06
Doonesbury's Sunday
Week end lungo a SF
SONO A SAN Francisco per il fine settimana: arrivato sabato sera, riparto lunedì dopo pranzo. Per lavoro, ovviamente. Ma mi piace pensare che si possa anche decidere di andare a passare il sabato e la domenica dall'altra parte del mondo così, per un capriccio o un ghiribizzo della vita. A voi no?
3.11.06
Gli angeli del fango
DOMANI A FIRENZE ci sarà l'incontro quarant'anni dopo tra gli angeli del fango, i volontari da tutto il mondo (c'erano anche i Kennedy, si vedrà stasera in qualche speciale televisivo a partire da quello su RaiTre) che si prodigarono per salvare il salvabile tra quello che l'alluvione aveva travolto.
Segnalo un piccolo fatto personale della mia famiglia: nei giorni degli angeli la sorella di mia madre, giovanissima, incontrò a San Marco un altro giovanissimo appena arrivato con la famiglia dalle Marche. Salvarono il salvabile nel fango ma fecero anche amicizia. Talmente tanta che, dopo quindici anni di fidanzamento, si sposarono. Arrivarono così prima un cugino e poi l'altro. Adesso, entrambi medici, gli zii con i quali ho passato la maggior parte delle vacanze marine della mia vita abitano con i figli poco fuori Firenze: a Montale, in provincia di Pistoia.
Segnato dalle acque e dal fango limaccioso dell'alluvione fiorentina, insomma, c'è anche un pezzo di storia della mia famiglia.
Segnalo un piccolo fatto personale della mia famiglia: nei giorni degli angeli la sorella di mia madre, giovanissima, incontrò a San Marco un altro giovanissimo appena arrivato con la famiglia dalle Marche. Salvarono il salvabile nel fango ma fecero anche amicizia. Talmente tanta che, dopo quindici anni di fidanzamento, si sposarono. Arrivarono così prima un cugino e poi l'altro. Adesso, entrambi medici, gli zii con i quali ho passato la maggior parte delle vacanze marine della mia vita abitano con i figli poco fuori Firenze: a Montale, in provincia di Pistoia.
Segnato dalle acque e dal fango limaccioso dell'alluvione fiorentina, insomma, c'è anche un pezzo di storia della mia famiglia.
2.11.06
Lavoro, lavoro, lavoro
L'ENTUSIASMANTE CONDIZIONE DEL flessibile, i.e. della persona le cui attività lavorative spaziano dalla direzione del Corriere della Sera (si fa per dire) sino alla pulitura dei pavimenti (letteralmente, in questo caso), si rivela ogni giorno sempre più densa di sorprese. Soprattutto perché la flessibilità presenta quotidianamente scenari inediti e opportunità per stupire l'anima semplice di chi è nato e apparterrebbe generazionalmente a un diverso mondo. Quindi mi chiedo: ma se sei flessibile a vent'anni, a trent'anni, a quaranta, a cinquanta, è sempre la stessa cosa? Oppure dentro ti sembra un mondo diverso? E soprattutto, se non sei flessibile, perché rientri in quella categoria di Eloi che vivono di vita regolare e preordinata, lo puoi capire?
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