30.1.06

Piccole cialtronate

METTIAMOLA COSI', E' sicuramente questione di punti di vista. Però, se fai l'articolessa di "atmosfera" su un qualunque argomento, dovresti stare attento che ogni parola, aggettivo, avverbio e persino articolo indeterminato caschino a fagiolo. Mica puoi sparare a vuoto.

Ecco, su Affari e Finanza, il supplemento di economia e tecnologia di Repubblica, c'è questo luuungo articolo su Pixar e sul suo condirettore, Andrew Jimenez, uno degli "uomini di punta" che hanno contribuito al mito della casa di animazione digitale che Steve Jobs ha appena venduto a Disney per una barca di soldi. Si intitola "Così con Steve abbiamo creato la nuova regina dell’animazione". Un po' presuntuosetto e impreciso, comunque, ma si sa che i titoli non li fanno certo i giornalisti. L'autrice è Renata Fontanelli, che attacca così il pezzone a metà tra il reportage e l'intervista di colore dal fantastico mondo dell'America multimediale:

Andrew Jimenex è un giovane trentenne con la passione della scrittura e dei cartoni animati. A vederlo sembra il classico studente delle università californiane, in realtà è uno degli autori di punta nonché codirettore degli Studios di Pixar, colosso americano gioia di grandi e bambini, in quanto produttore dei più grossi kolossal nel settore animazione degli ultimi anni. Jimenex ha inventato i personaggi degli Incredibles: «Un lavoro appassionante durato più di quattro anni»

Ora, a parte il fatto che sono giù uscite storie identiche come tema su almeno altri quattro giornali stranieri (New York Times e via dicendo), tanto per far capire l'originalità dell'intervista, vorrei rilevare solo un punto. Ma voi uno studente universitario di trent'anni negli Stati Uniti l'avete mai visto? Da noi certo, in abbondanza. Là, a trent'anni sei al secondo divorzio e con tre figli, altro che "il classico studente". Le sfumature son quelle che rovinano tutto, proprio come gli accessori di chi vuol apparire elegante.

Sarò permaloso, ma a me basta un attacco così per farmi passare la voglia...

Emigrante mancato

SUI MOTIVI PERCHE' uno non chiude baracca e burattini, emigrando negli Stati Uniti, pesano essenzialmente due ragioni. Entrambe lavorative. La prima è la lingua: faccio il giornalista, conosco i miei polli (italiani) e non sono Conrad. Non me lo potrei mai permettere.

Ma anche se fossi Conrad (o comunque riuscissi a scrivere in un inglese decente) c'è sempre l'altro fattore che mi atterrisce, come sa bene il Capo. Anzi, lo scrive indirettamente proprio lui, che in queste ore è negli Usa:

p.s. a proposito, e ancora sulla inclinazione degli americani a dire le cose precise mentre noi Zequila: l’uragano arrivò un lunedì, 27 agosto. Quattro giorni fa, il 26 gennaio, un giornale ha scritto in un articolo “a quasi cinque mesi da quel giorno”

Una tranquilla domenica tra amici

ALL'ORIZZONTE, SI prospetta un intero sciame di colpi di reni. Questo fine settimana, complice la neve, ho fatto un esperimento: niente internet, niente chat o messaggerie istantanee, il minimo sindacale di email (tre) e tanti fatti miei.

E' finita che ho passato la domenica pomeriggio in babucce a riguardare l'intera ultima stagione di Friends. Un salto nel passato di due anni, ma soprattutto la sensazione di aver rivisto uno show che la televisione difficilmente riuscirà a dimenticare. Così, ufficialmente, con meno di ottocento giorni di ritardo, sono diventato anch'io un orfano di Friends...

A questo punto, l'unica cosa difficile da fare è stato scegliere il fotogramma da mettere per illustrare la sintesi di due sentimenti: lo show e la sua conclusione. Avevo pensato all'inquadratura delle sei paia di chiavi poggiate sul tavolo dell'appartamento ormai vuoto, l'appartamento vuoto, il quadretto intorno all'occhio della porta, oppure chissà quale fotogramma della serie. E' venuto fuori che il migliore è quello ritagliato dalla puntata di The Tonight Show con Jay Leno andata in onda la sera stessa (ovviamente senza Jay Leno). La dimostrazione che non abbiamo solo una crisi di autori, dalle nostre parti, ma un completo collasso del sistema televisivo... Beh, credo che in qualche modo ce lo meritiamo.

Per quanto mi riguarda, un'ottima domenica pomeriggio insieme a un telefilm che vale la pena di imparare l'inglese per vederlo.

29.1.06

Reboot Continuity

E' COME RIAVVIARE un computer: si pulisce la memoria e si riparte da capo, con il sistema di nuovo "stabile". Ma non succede solo nel mondo cibernetico. Si può riavviare anche un testo articolato in più episodi: lo scopo è quello di riaffermare le premesse iniziali rendendole più moderne, resettare i rapporti e i caratteri, ricostruire il canone.

(continua nel Posto#2)

28.1.06

Vent'anni fa

DOPO 73 SECONDI dal lancio, è sbocciato come un fiore di nuvole nel cielo. La tragedia dello Space Shuttle Challenger, in cui morirono gli otto membri dell'equipaggio. Era presidente degli Stati Uniti Ronald Regan, che disse non vi dimenticheremo mai.

I pochi resti della navicella recuperati non hanno permesso di risalire direttamente alla causa del disastro, che è stata invece compresa studiando le informazioni della telemetria e le riprese te televisive del lancio.

26.1.06

Nevica, porcaccia...

E SE CADE a quintalate, un motivo c'è: non sono troppo ombelicale nel dirlo e ne ho le prove provate. Ieri avevo cercato di affittare di nuovo la Smart Sixt-Trenitalia. Non ce n'era una disponibile, ma evidentemente il Grande Zot ha preso la rincorsa quando mi ha visto entrare nel negozio della stazione e... beh, lo vedete tutti cosa sta succedendo, no?

25.1.06

Aver vissuto

VISTO CHE OGNI tanto contribuisco, ve lo segnalo oggi che è bello fresco.

Su Macchianera c'è questa mia. Tutta per voi... pensate che un mio amico l'ha definito "un pezzo croccante"...

(Ir)responsabilità sociale

ESCE OGGI INSIEME al quotidiano Bloomberg - Finanza e Mercati (ma poi resterà in edicola un mese con il magazine Monthly a cui è allegato) l'Almanacco della CSR, cioè la prima testata italiana completamente dedicata alla Responsabilità sociale d'impresa.

Sembra un tema noioso, ma andatelo a dire a quelli di Parmalat, a Fiorani e Fazio... Il tema non è secondario, e l'Almanacco l'ho curato integralmente io. Se non è una garanzia questa...

[ERRATA CORRIGE: Ovviamente non ho fatto tutto da solo. In squadra, il mediano di spinta è stato Roberto Fargion, solista Michele Boroni, fantasista Alba Lercara, "groupies" Riccarda Zezza e Barbara Chiavarino. Menzione d'onore a Enrico Bagnoli: se non vi piace la rivista è colpa sua, che è l'art director...]

23.1.06

Goodbye, ragazzi

SE NE VANNO a fine stagione due delle serie del recente passato della NBC: The West Wing (il telefilm che ha fatto per la politica statunitense quello che Il dottor Kildare prima ed E.R. dopo hanno fatto per la medicina ospedaliera negli Usa) e soprattutto il mitico Will & Grace.

Goodbye, ragazzi...

22.1.06

Sperimentare con il Web

TANTO PER FARE qualcosa nelle pigre domeniche d'inverno, ho messo su un secondo Posto, il Posto #2, utilizzando l'apposito software di Apple per creare blog (niente podcasting per adesso, sorry), così posso parcheggiare qualche articolo un po' più lungo laggiù. In particolare, quelli già pubblicati e di qualche interesse...

Vedere per credere.

21.1.06

A costo di sembrare naive...

TRE O QUATTRO cose che mi avanzavano. La prima è un libro, di cui ho già parlato, e che ho letto questa estate e che è stato appena tradotto da Mondadori: si tratta di Tutto quello che fa male ti fa bene, su televisione, videogiochi, stupidaggini che allenano il cervello e ci stanno rendendo più "smart" di quello che non si creda. L'ha scritto Steve Johnson.

Bene, andiamo avanti: Google Earth, il programma di Google per Mac e Pc che consente di vedere tutto il mondo, cercare qualunque posto, "volarci sopra", inclinare il piano di visuale, zoomare con una risoluzione notevole. Fantastico, mi ci sto perdendo. Quello che è notevole, però, non è tanto il software di per sé (ci sono videogiochi che fanno da anni di meglio) quanto lo strumento reso disponibile per tutti - le cartografie si scaricano in tempo reale dalla rete, serve quindi una buona connessione - e quindi lo spostamento del punto di valore. Google Earth non è interessante di per sé, lo sono molto di più i racconti delle persone che conosco e che lo stanno usando. Ognuno cerca cose diverse, costruisce percorsi diversi, soddisfa curiosità diverse, in buone parole racconta storie diverse.

E' un po' la stessa cosa della radio di Macchianera, di Skype con cui parlare dall'altra parte dell'oceano facendo ping pong con i computer, insomma: le tecnologie ci sono da tempo, la novità è che adesso cominciano davvero ad essere alla portata di tutti. La differenza la fanno le persone, gli usi che costruiscono, il rimodellamento sociale. Forse forse aveva ragione davvero Flichy con i suoi quadri di funzionamento...

Un po' di tempo fa è comparso un commento a un post di questo blog da parte del mio caporedattore attuale al Sole 24 Ore (quello prima non leggeva i blog, o non commentava). Un caporedattore del Sole 24 Ore. Che commenta un blog. Ma vi rendete conto?

19.1.06

Cose che capitano oggi

CI SONO DELLE cose che, non dico vent'anni fa, ma neanche due avremmo pensato di fare. E poi, quando le facciamo, ci paiono le più normali del mondo.

La settimana scorsa ero in California. Giovedì sera, orario italiano, ero a Cupertino, a trovare degli amici nella sede di Apple. Verso le 23, sempre ora italiana, mi sono connesso alla rete Wi-Fi di uno dei caffé-piazzetta che fanno da atrio ai vari edifici del complesso, ho messo su le cuffiette (il microfono è integrato nel PowerBook) e con Skype mi sono collegato con Gianluca. Lui stava trasmettendo dall'Italia, con un po' di ospiti nello studio che tiene in uno sgabuzzino a casa sua, Macchiaradio, in diretta ma solo sul web. Grazie a un mixer collegato al Pc, ero anche io della partita: la trasmissione da Milano rimbalzava sul server che fa lo streaming e che si trova negli Stati Uniti e - da lì - in tutto il mondo.

Chiacchierata tranquilla, tecnologie sottostanti non solo incredibili, se ci pensate, ma sino a pochi anni fa riservate solo a grandi broadcaster pieni di soldi e tecnologie esclusive. Ecco, tutto questo per dire che Macchiaradio torna stasera, come ogni giovedì da quando c'è il Grande Fratello... e magari ci vado anche io...

A disposizione del popolo che non era presente, c'è il Podcast della serata (quattro ore...) disponibile su Macchianera.

In punta di penna

IL PROBLEMA NON me l'ero mai posto fino a che anni fa non ho lavorato, per un periodo, alla redazione esteri dell'Ansa. Là ho incontrato un caposervizio di quelli come non ne fanno più, e da allora non sono più lo stesso. Il problema è quello dei nomi delle città straniere: adesso che anche gli americani se lo pongono per via delle olimpiadi invernali, visto che di Torino esiste anche la versione inglese (Turin), nata secoli fa. Come la devono chiamare? Turin o Torino? Firenze o Florence? Rome o Roma? Milano o Milan? (Al rischio, in quest'ultimo caso, di fare confusione con il nome della squadra di calcio, che è originariamente inglese così come Genoa per Genova).

Lo stesso vale per noi. Quando leggo su un giornale italiano "Tokyo" io rabbrividisco: si scrive Tokio, in italiano. E si scrive Baltimora non Baltimore, Londra e non London, isole Maurizio e non "Mauritius", Pechino e non Beijing, e via dicendo. Tutta colpa di quel caposervizio dell'Ansa, che mi ha letteralmente terrorizzato, messo in mano l'almanacco De Agostini e dichiarato: "La grafia corretta in italiano è qui. Le altre sono forestierismi".

Chiaramente, la cosa non vale per i nomi di persona, tranne quelli storici codificati da tempo: Bacone e non Bacon, Cartesio e non Descartes; ma non Tommaso al posto di Thomas o Margherita al posto di Daisy...

Il caposervizio sarebbe orgoglioso di me...

18.1.06

Cose di casa nostra

CON UN CERTO orgoglio questo Posto comunica al mondo che i lavori per rendere Condor, la trasmissione del Capo sempre più presente in rete, stanno procedendo a passo speditissimo. Adesso, per esempio, comincia a funzionare a mezzo vapore il sito web. Presto, ci saranno milioni di puntate accessibili. E domani, chissà... il mitico Podcast?

Intanto, segnalo anche che il Capo ha messo la pubblicità su Wittgenstein. A destra, a me compare una della Apple, con l'iMac e Tiger... Allora posso sperare anche io? Magari di più piccolo: che so, un mini banner dell'iPod shuffle?

15.1.06

Casa, dolce casa

ECCOLO, SANO E salvo, di nuovo a Milano. Toccato il suolo natìo (si fa per dire) alle 7 e spiccioli di stamattina, dopo sette ore di intensa e rigenerante dormita sullo scalcinato 767 di Alitalia, che dio li benedica tutti quanti. La cena l'ho saltata (francamente non ne avevo per niente voglia), e la colazione si sono dimenticati di darcela forse perché si sono svegliati tardi. Mah... La chiamano classe Magnifica...

14.1.06

Boston, en passant

IL VOLO DI Alitalia ancora non c'è, ho una vita da passare chiuso dentro l'aeroporto Logan di Boston (sono stato un'oretta in città, ma piove come dio la manda e alla fine non mi pareva il caso). Ne approfitto per lavorare, scrivere un paio di articoli che avanzano per lunedì, preparare e rimettere a posto alcune cose. Sarà una lunga giornata...

Però una piccola nota la metto fuori lo stesso: qui a Boston dall'aeroporto si arriva in un attimo a South Station, l'hub dei treni più importante della città, una sorta di stazione centrale dove ho pure fatto colazione. Ecco, guardate la foto e ditemi se ve sembra paragonabile alle nostre stazioni... sembra un centro commerciale! Perché le nostre- che sono spesso altrettanto "monumentali" - devono sembrare delle suburre?

Intanto, per quanto concerne il Macworld, anche quest'anno è andato... E' volato letteralmente via, forse perché il lavoro arretrato era sin troppo e non c'è stato tempo di godersi né la fiera né la città. Mannaggia.

Quasi quasi, però, prenoto fin da subito per il prossimo anno. A quanto pare quelli di Idc si organizzano premurandosi di avvertire con un certo anticipo quando sarà la prossima volta! (vedi foto)

Transumanza

TRA POCO QUESTO Posto si risposta. La camera d'albergo è già andata, adesso si tratta di prendere le varie carabattole e all'ora giusta andare all'aeroporto di Oakland, dove un Airbus A320 di JetBlue mi porterà dritto dritto a Boston. Si parte alle 22.30 e si arriva la mattina di sabato (tempo locale) alle 7.30. Pausa lunga, fino alle 18, quando parte il carrozzone verde di Alitalia, un Boeing 767-200ER, destinazione Malpensa.

Toccando il suolo alle 7 di domenica mattina avrò attraversato nove fusi orari e - contando la tappa intermedia - passato una escursione termica di circa venticinque gradi... Speriamo almeno di dormire bene, nel frattempo...

Ps: ho dato ai B767 di Alitalia del "carrozzone verde" perché in Magnifica, la classe dove mi distenderò domani, non c'è nemmeno il televisore al singolo posto, mentre la low cost di New York ha gli schermi su ogni sedile e - udite udite - quaranta canali di televisione in diretta e gratuitamente, più i film a pagamento, sempre direttamente dal posto...

12.1.06

Macworld

IO DA QUALCHE parte lo devo scrivere, sennò divento scemo. E non è reato, comunque. Ebbene: durante la sua presentazione ho rivisto Steve Jobs, il nume tutelare di Apple. Ora, i casi sono due: o l'uomo ha l'influenza, mal di stomaco, il giramento di palle o magari dorme male perché sente la sciatica, oppure non sta per niente bene.

Ecco, io l'ho scritto, poi fate voi...

11.1.06

Here, at Moscone Center --- MWSF'06

LE CUFFIE DELL'iPod mi stanno facendo sentire direttamente dal mio portatile Wake me up when semptember ends dei Green Day. La sala stampa del centro convegni nel cuore di San Francisco, dove siamo arrivati a metà del secondo giorno dell'annuale Macworld, si è già ammosciata. Passato il momento delle notizie, ieri, la stampa "seria" ha mollato il colpo e se n'è andata. Adesso, ci sono solo i Mac-affezionati e qualche sfigato come me che tengono duro.

E', insomma, iniziata la lunga notte delle riviste specializzate e dei siti Mac, senza contare i blog. Qui ci si accampa, in una sorta di comune a metà tra nerd e freak, cercando di andare a scavare via l'infinitesimale dettaglio di quell'ecosistema compatibile col Mac che per altri due giorni sarà in mostra qui, tutto intorno a noi.

Le scene, soprattutto conoscendo il Moscone per altre manifestazioni, sono quasi surreali. L'aria condizionata che ti fa vivere col giubbotto di pelliccia dentro e poi ti metti la giacchetta quando esci, lo sguardo bollito delle persone che lavorano all'accoglienza e alla gestione degli ospiti della fiera, le comitive di giornalisti-turisti (spettacolari gli asiatici, che non si capisce mai di preciso quanti siano, cosa facciano, perché siano qui, ma hanno i portatili più minuscoli del pianeta: praticamente in scala), l'infinita schiumana di paganti (Exibit Hall Only, c'è scritto sui loro badge, appesi al collo) che cerca di entrare o si sdraia, schiena al muro, sulla moquette sintetica col PowerBook sulle gambe per rubare connessione senza fili.

Tutto un mondo in cui le tre tavolate di postazioni per la stampa perdono lentamente di senso man a mano che la gente se ne va e rimaniamo soli. Non che ci si dia del tu col nero delle pulizie, che ogni tanto passa a portare via un po' di junk food, ma quasi. Ogni tanto vedi anche arrivare qualcuno che ore prima era partito in missione, macchina fotografica digitale in resta, verso gli stand dove si aggirano in una festa paesana ragazzotti, signorine, gente di mezza età e anche qualche fan ottuagenario della casa della mela. Nasce solidarietà: devi andare in bagno e chiedi allo sfigato di fronte a te - la cui etnia puoi solo immaginare - se ti dà una occhiata al portatile che lascerai per qualche minuto solo sul tavolo. Certo, dice lui (o almeno, così lo interpreti tu) e poi via, corsa negli anodìni bagni del Moscone Center, intorno ai quali c'è tutta una letteratura, la maggior parte della quale scritta direttamente sopra gli orinatoi.

E' dura, la vita dell'invitato speciale, ma è anche bella: qui c'è l'azione che si trasfigura in mistica del giornalismo, qui ci sono le notizie che vedi sgusciare e non te ne avvedi, qui c'è la storia che si ripete, e all'improvviso capisci che si può invecchiare senza accorgertene, oltre che in redazione, anche in sala stampa. Sono fini diverse, ma sempre fini.

7.1.06

Tappa a cronometro

CI SONO CINQUE ore tra l'arrivo del volo Alitalia a Boston e la partenza di quello JetBlue per San Francisco. Mi sono detto: quasi quasi vado a fare una giratina in città. Il fatto è che l'aeroporto è vicino, il filobus per arrivarci costa 1,25 dollari, Boston non l'avevo mai vista e quindi...

L'impressione è buona, a parte il fatto che ci sia -1, temperatura bassa e aria secca nonostante il mare. Quindi, passeggiare con lo zainetto e il trolley dopo un po' diventa faticoso. Oltretutto è il primo pomeriggio di sabato e non è che ci sia tanta gente a giro.

Che fare? Per fortuna le risorse a questo Posto non mancano: mi è tornato in mente che una vita fa (prima metà degli anni Novanta) avevo invitato a Firenze per una conferenza che avevo organizzato a Scienze Politiche un meraviglioso personaggio, Andrea Manzella. Il signorile dirigente della Camera dei Deputati, docente di diritto parlamentare e commentatore di Repubblica arrivava dalla sua casa di Roma con il treno mattutino e mi aveva dato appuntamento nella hall del Baglioni, uno dei migliori hotel di Firenze, a un tiro di schioppo dalla stazione di Santa Maria Novella.

Una camera presa per venire in giornata a fare la conferenza? No, come mi spiegava a pranzo il principesco gentiluomo di salde radici napoletane. Basta entrare sparati in un hotel signorile, ben vestiti e con un po' di bagaglio al seguito, tipo la borsa da lavoro in pelle per intenderci. Ci si accomoda nei salottini, si usano anche le strutture (rest rooms) dell'albergo, si prende un buon caffé e poi, con altrettanta signorilità, quand'è il momento si va via.

Ecco, io sto facendo esattamente questo nel più antico hotel tuttora in servizio negli Stati Uniti, l'Omni Parker House. E se vedete la foto qui sopra, forse non sono l'unico...


Tutto ciò, ovviamente, perché non so dove sia il bar utilizzato per girare Cheers (cioè Cin Cin), sennò andavo là dove everybody knows your name...

Tra poco (prima, resto room) torno in aeroporto, altre sei ore e cinquanta di volo e arrivo a Oakland. Prendo la metropolitana e con quattro dollari sono a San Francisco. Pronto per fare il solito milione e mezzo di cose che la capitale spirituale della Silicon Valley richiede. Stay tuned!

5.1.06

Il vero volto dell'ignoto

SCUSATE L'ASSENZA, ero uscito un attimo da questo Posto. Come avrete capito, non mi avete perso. Innanzitutto: buon anno a tutti. Yuhu!

Sto dando un colpo di reni ciclopico, di quelli destinati ad entrare nella leggenda (in positivo o in negativo, dipende dall'esito, ma i vostri nipoti lo racconteranno ai loro nipoti la sera davanti al fuoco) con una scadenza aggiuntiva mostruosa: sabato mattina mi aspetta il consueto aereo per il consueto volo oltreoceano. Destinazione: San Francisco. Laggiù stanno preparando il Macworld e questo posto si deve trasferire armi e bagagli da quelle parti. Anzi, se siete là, fatemi un fischio (email, commenti, come preferite). Magari si prende un caffè, una birretta, una tisana calda, un piatto di maccheroni al ragù. Fate vobis. Io intanto continuo il mio colpo di reni e preparo la valigia...