TANTO PER CONTINUARE a spiegare la rutilante giornata, adesso, dopo l'intervista, altri due pezzi e varie cose di cucina giornalistica, mi sono scaraventato all'evento live (anche su Internet, se cliccate sotto: va avanti sino a stasera) di presentazione italiana di NeoOffice. Qui i dettagli più specifici.
30.5.08
In the mean time...
TANTO PER SPIEGARE come funziona la rutilante vita del giornalista, sono in pausa tra una conference call e l'altra (cioè, sempre la stessa, "postposta di quindici minuti" perché "ci scusi ci scusi" ma c'è un'altra cosa da fare prima) con uno stormo di tizie delle relazioni pubbliche gentilissime, cazzute geishe (che mettono sempre il vivavoce e non si capisce più una mazza quando parlano) del personaggio americano di turno.
Nel frattempo, mi anticipano curriculum e fotografia ad alta risoluzione per la pubblicazione a corredo dell'articolo.
Il punto è, la foto la vedete, che questa fenomenale macchina da guerra poi partorisce la foto di uno che è vestito di nero su sfondo nero. Ma si può? Perché le foto mica le ha fatte con la macchinetta alla stazione centrale: ha chiamato di sicuro il fotografo d'arte, hanno fatto il set, si sono preparati, con i consulenti d'immagine a spiegare come esprimere al meglio il nocciolo del messaggio e la peculiarità del creativo nell'attimo del pensiero immaginifico.
Poi uno si lamenta se c'è la recessione. La galera, ci vorrebbe, altro che...
Nel frattempo, mi anticipano curriculum e fotografia ad alta risoluzione per la pubblicazione a corredo dell'articolo.
Il punto è, la foto la vedete, che questa fenomenale macchina da guerra poi partorisce la foto di uno che è vestito di nero su sfondo nero. Ma si può? Perché le foto mica le ha fatte con la macchinetta alla stazione centrale: ha chiamato di sicuro il fotografo d'arte, hanno fatto il set, si sono preparati, con i consulenti d'immagine a spiegare come esprimere al meglio il nocciolo del messaggio e la peculiarità del creativo nell'attimo del pensiero immaginifico.
Poi uno si lamenta se c'è la recessione. La galera, ci vorrebbe, altro che...
Rapido e invisibile, ecco arriva il sommergibile
IL CONSIGLIO DEI Ministri ha modificato la legge sulle privatizzazioni, praticamente solo per Alitalia.
In pratica il decreto varato dal Cdm modifica la vecchia legge sulla privatizzazione delle società partecipate dallo stato in caso di eccezionalità e urgenza come per Alitalia. Giulio Tremonti, ha spiegato che la decisione è stata presa per la «criticità» della compagnia, che non è privatizzabile con gli strumenti attuali. Un nuovo azionista di controllo, per Tremonti, «è l'unica alternativa» per la compagnia. Per questo il Governo, ha sottolineato il ministro dell'Economia, si é dotato di strumenti che «assicurino in modo efficace di individuare un soggetto in grado di acquisire il controllo dela società e dotarla di mezzi finanziari per un forte e credibile rilancio». Tremonti nel corso della conferenza stampa ha detto che Alitalia ha attivato contatti con Intesa
Sanpaolo in qualità di advisor.
Adesso, stiamo a vedere a chi la vendono, perché come sempre nei momenti di apparente bonaccia mediatica sta per partire il padulo... Da notare che Intesa Sanpaolo fino a ieri se la doveva comprare, Alitalia: oggi invece dà i consigli. Bah! Io quasi quasi la mia Freccia Alata Plus (che tanto l'anno prossimo non me la rinnovano perché adesso non volo mai) la metto su eBay...
In pratica il decreto varato dal Cdm modifica la vecchia legge sulla privatizzazione delle società partecipate dallo stato in caso di eccezionalità e urgenza come per Alitalia. Giulio Tremonti, ha spiegato che la decisione è stata presa per la «criticità» della compagnia, che non è privatizzabile con gli strumenti attuali. Un nuovo azionista di controllo, per Tremonti, «è l'unica alternativa» per la compagnia. Per questo il Governo, ha sottolineato il ministro dell'Economia, si é dotato di strumenti che «assicurino in modo efficace di individuare un soggetto in grado di acquisire il controllo dela società e dotarla di mezzi finanziari per un forte e credibile rilancio». Tremonti nel corso della conferenza stampa ha detto che Alitalia ha attivato contatti con Intesa
Sanpaolo in qualità di advisor.
Adesso, stiamo a vedere a chi la vendono, perché come sempre nei momenti di apparente bonaccia mediatica sta per partire il padulo... Da notare che Intesa Sanpaolo fino a ieri se la doveva comprare, Alitalia: oggi invece dà i consigli. Bah! Io quasi quasi la mia Freccia Alata Plus (che tanto l'anno prossimo non me la rinnovano perché adesso non volo mai) la metto su eBay...
Web surfing, quello vero
IN ITALIANO SI dice "navigare il web", in inglese la locuzione è "web surfing". Ma fare surf richiederebbe un'azione diversa da quella che si può compiere con mouse e tastiera. Per questo un simpatico hacker ci si è messo d'impegno e, usando la balance board del Wii Fit, adesso può a pieno titolo dire di essere il primo surfer del web...
28.5.08
Boom!
DEVO DIRE LA verità, quest'anno la cosa secondo me stava passando abbastanza sotto tono. Cioè, l'altro giorno stavo andando in Liguria, in treno con il cameraman per fare un servizio video (il multiforme e prometeico giovane autore...) e chiacchierando con questa straordinaria figura di algerino berbero, laureato in fisica, fuggito durante la rivoluzione nell'est Europa e poi arrivato prima al cinema e poi alla televisione (cioè, macchinisti e attrezzisti cinema e service televisivo) che è il mio cameraman, scappa fuori che è nato a maggio del 1968. E gli dico: "wow, proprio a maggio". E lui mi dice, "ma lo sai che non se ne accorge nessuno qui da voi che era a maggio il '68? E insomma, mentre eravamo tutti pieni di questi nostri pensieri sulla storia che ti passa davanti a cavallo e la gente non ci fa mai caso, mi è venuto in mente di nuovo e con urgenza che volevo e dovevo scrivere di questo libro che ho letto nei giorni scorsi e che se continua così finisce che poi non ne scrivo mai.
Il libro si chiama Boom. Storia di quelli che non hanno fatto il '68. Ed è un libro straordinario. Soprattutto se siete nati fra il 1953 e il 1964 e il '68 non l'avete per l'appunto "fatto", ma al limite vissuto da ragazzini. Ma prima c'è un disclaimer. L'autore, Fausto Colombo, ho l'onore di conoscerlo molto bene. Di lavorare, nel mio piccolo, con lui. Anzi, di aver seguito il suo pensiero come docente universitario (insieme a quello degli altri amici e studiosi dell'Osservatorio sulla Comunicazione della Cattolica). Anzi, di essere un po', nel mio piccolo, anche suo amico. Quindi, non pensiate che ci sia un interesse diverso da quello che è nato prepotente di scriverne vincendo l'imbarazzo di dire "non posso scriverne" perché lo conosco. Ne scrivo nonostante lo conosca - e bene, perché è un libro davvero straordinario.
Il punto è che Fausto è un accademico acuto ma soprattutto una persona acuta e di spirito. Con La cultura sottile ha tracciato l'inizio di un percorso poliedrico e raffinato sull'industria culturale italiana. Un approccio in cui la semplicità e lo spessore erano a tratti preponderanti, in dialettica creativa. E che prosegue adesso, mentre altri libri hanno una valenza più carsica oltre che accademica, con questo approccio generazionale a chi siamo noi, in quale paese abitiamo, chi sono i nostri vicini.
Le 255 pagine pubblicate da Rizzoli (16,50 euro) le ho viste per la prima volta in libreria pochi giorni fa e le ho prontamente divorate. L'unico salvagente durante il mio personale carpiato-flash delle ultime ore. Ho percorso con crescente passione la strada che poggia sulla massicciata robusta degli studi e delle ricerche empiriche condotte da Fausto con l'Osservatorio, i ricordi e le testimonianze raccolte e le geniali, rapide intuizioni che accompagnano il racconto di un "com'eravamo" che ha l'attualità di un "come siamo" e in alcuni casi di un come saremo.
Ho attraversato questo mondo colorato e ricco, chiedendomi quanto schiacciante debba essere stata negli anni la responsabilità di mettere insieme in una forma che produca senso la messe sterminata di pensieri, di azioni, di passaggi quotidiani che disegnano e ricordano come tribali stampati sulla nostra stessa pelle la nostra storia e la nostra biografia. E ho cominciato a capire le analogie con la Cultura sottile, la dialettica tra la semplicità della scrittura e lo spessore dell'approccio, tra la profondità del pensiero e la piacevole freschezza della parola che questa generazione nel complesso e soprattutto Fausto nel particolare stanno dimostrando di avere. E ho pensato che avrei voluto regalarlo ai miei genitori o ai miei zii. Ma che poi loro non rientrano in questa determinata generazione, e si sarebbero chiesti perché questo regalo proprio a loro. E me ne sono dispiaciuto. Dispiaciuto che i miei non avessero un'altra età anche solo per poter regalare loro questo libro. Mi sono fermato. A quel punto infatti ho capito che, nonostante il pudore dell'amicizia, dovevo scrivere queste righe. E le ho scritte.
Il libro si chiama Boom. Storia di quelli che non hanno fatto il '68. Ed è un libro straordinario. Soprattutto se siete nati fra il 1953 e il 1964 e il '68 non l'avete per l'appunto "fatto", ma al limite vissuto da ragazzini. Ma prima c'è un disclaimer. L'autore, Fausto Colombo, ho l'onore di conoscerlo molto bene. Di lavorare, nel mio piccolo, con lui. Anzi, di aver seguito il suo pensiero come docente universitario (insieme a quello degli altri amici e studiosi dell'Osservatorio sulla Comunicazione della Cattolica). Anzi, di essere un po', nel mio piccolo, anche suo amico. Quindi, non pensiate che ci sia un interesse diverso da quello che è nato prepotente di scriverne vincendo l'imbarazzo di dire "non posso scriverne" perché lo conosco. Ne scrivo nonostante lo conosca - e bene, perché è un libro davvero straordinario.
Il punto è che Fausto è un accademico acuto ma soprattutto una persona acuta e di spirito. Con La cultura sottile ha tracciato l'inizio di un percorso poliedrico e raffinato sull'industria culturale italiana. Un approccio in cui la semplicità e lo spessore erano a tratti preponderanti, in dialettica creativa. E che prosegue adesso, mentre altri libri hanno una valenza più carsica oltre che accademica, con questo approccio generazionale a chi siamo noi, in quale paese abitiamo, chi sono i nostri vicini.
Le 255 pagine pubblicate da Rizzoli (16,50 euro) le ho viste per la prima volta in libreria pochi giorni fa e le ho prontamente divorate. L'unico salvagente durante il mio personale carpiato-flash delle ultime ore. Ho percorso con crescente passione la strada che poggia sulla massicciata robusta degli studi e delle ricerche empiriche condotte da Fausto con l'Osservatorio, i ricordi e le testimonianze raccolte e le geniali, rapide intuizioni che accompagnano il racconto di un "com'eravamo" che ha l'attualità di un "come siamo" e in alcuni casi di un come saremo.
Ho attraversato questo mondo colorato e ricco, chiedendomi quanto schiacciante debba essere stata negli anni la responsabilità di mettere insieme in una forma che produca senso la messe sterminata di pensieri, di azioni, di passaggi quotidiani che disegnano e ricordano come tribali stampati sulla nostra stessa pelle la nostra storia e la nostra biografia. E ho cominciato a capire le analogie con la Cultura sottile, la dialettica tra la semplicità della scrittura e lo spessore dell'approccio, tra la profondità del pensiero e la piacevole freschezza della parola che questa generazione nel complesso e soprattutto Fausto nel particolare stanno dimostrando di avere. E ho pensato che avrei voluto regalarlo ai miei genitori o ai miei zii. Ma che poi loro non rientrano in questa determinata generazione, e si sarebbero chiesti perché questo regalo proprio a loro. E me ne sono dispiaciuto. Dispiaciuto che i miei non avessero un'altra età anche solo per poter regalare loro questo libro. Mi sono fermato. A quel punto infatti ho capito che, nonostante il pudore dell'amicizia, dovevo scrivere queste righe. E le ho scritte.
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27.5.08
Paperless office
VI RICORDATE QUELLA cosa per cui tutti prendono in giro Bill Gates: la sua idea dell'ufficio senza carta, il "paperless office"? Beh, salta fuori che in realtà l'idea non era per niente di Bill Gates (tanto per cambiare). E come per magia all'improvviso sembra meno stupida... (e il problema molto più serio che non una semplice profezia sbagliata).
Money Quote: Thirty-three years ago this month the phrase "paperless office" entered the business lexicon in a BusinessWeek article titled "The Office of the Future." In the article, George Pake, the legendary head of the Xerox (XRX) Palo Alto Research Center (PARC), foresaw technology that by 1995 would let computer users summon on-screen documents "by pressing a button," eliminating the need for much if not all the printed paper cluttering workspaces.
Pake's vision was half-right. Offices brim with network-linked computers, loaded with software that lets users create, read, duplicate, and distribute digital documents. But the dream of a workplace where all that technology would eliminate the need for printed documents remains just that—a dream.
Money Quote: Thirty-three years ago this month the phrase "paperless office" entered the business lexicon in a BusinessWeek article titled "The Office of the Future." In the article, George Pake, the legendary head of the Xerox (XRX) Palo Alto Research Center (PARC), foresaw technology that by 1995 would let computer users summon on-screen documents "by pressing a button," eliminating the need for much if not all the printed paper cluttering workspaces.
Pake's vision was half-right. Offices brim with network-linked computers, loaded with software that lets users create, read, duplicate, and distribute digital documents. But the dream of a workplace where all that technology would eliminate the need for printed documents remains just that—a dream.
Pant pant, puf puf
CARPIATO: FATTO. PER ora...
25.5.08
Flash oh-ohh
TEMPO DI UN nuovo carpiato solubile e istantaneo. Tre, due, uno... adesso!
22.5.08
Il signor Clessi Guido, con negozio in viale Vittorio Veneto al civico quattro, cessa l'attività e va in pensione
QUANDO SONO ARRIVATO a Milano alla fine del '98 ho cominciato a girare la città. Tutta metropolitana, qualche raro tram, autobus neanche a pregare. La città era nuova e un po' - lo ammetto senza timore - mi spaventava. Soprattutto, era difficile girarci, perché mi pareva assai più grande della mia natìa Firenze (che poi anche Milano oggi mi paia piccoletta dovrebbe dirla lunga su come sono diventato e su quanto tempo sia in realtà passato).
Le tappe dei posti dove andare me le mostravano le mie guide indiane. Ero ospite della foresteria di un collegio dell'università Cattolica, il Ludovicianum, e la rete di solidarietà tra i ragazzi dei vari anni era fantastica. Io mi accodavo volentieri, felice di poter socializzare la nuova città come se fossi stato uno studente universitario: è l'unico modo, dato che se ci arrivi solo per lavoro la città non ti riuscirà mai ad appartenere. Mia teoria, perlomeno.
Comunque, una tappa ce l'avevo già in mente da anni: il negozio della Yamato. Un mito per chi acquistava i Vhs con i cartoni animati giapponesi (come facevo all'epoca) visto che in fondo ad ogni anime c'era il breve trailer del negozio. Fatta la tappa e scoperta la piccola miniera d'oro di via Tadino (poi hanno cambiato e io ho continuato a seguire le peregrinazioni), ho scoperto che in zona c'erano anche altri posti che valevano la pena.
La zona è quella dei bastioni di Porta Venezia, le stradine che da viale Vittorio Veneto si inerpicano verso viale Regina Giovanna, sempre paralleli a corso Buenos Aires. L'angolo magico è quello di piazza Oberdan, dove ha sede il cinema della Provincia di Milano e dove stazionano i baracchini di un paio di venditori di libri usati (mio massimo diletto: ogni volta che ne vedo uno mi impallo per mezz'ora e compro cose assolutamente inutili). È una delle zone, insieme a quella in cui abito e alla Cattolica, che amo più di Milano: altro che zanzarosi navigli ed esotismi di Brera: cose per turisti quelle, ecco.
Là, accanto a Porta Venezia, su viale Vittorio Veneto al civico 4 c'è il negozio di modellismo di Clessi Guido. Figlio d'arte, perché la bottega ha aperto un quarantennio e più fa, con il padre, al numero due. Sfrattati dalla Provincia, giusto nel '98 si sono spostati un civico più in là. Ancora per poco. Io ci sono andato di quando in quando, fa parte della mia mitologia milanese: sono i ricordi più vecchi (a parte quelli di quando sono venuto da ragazzino da Firenze per brevi gite) e ricordo ancora il plastico della base Alfa di Spazio 1999, intravisto, rivisto, lumato per qualche anno e poi un bel giorno "andato" chissà a chi. Insomma, era diventato il mio negozio di modellini a Milano, come Dreoni a Firenze.
Beh, per farla breve, ci sono capitato qualche giorno fa, dal buon Clessi. Avevo del tempo da ammazzare aspettando un amico per andare a pranzo. Entro dentro e tuttavia le vetrine sono "povere". Mancano modelli, scaffali bianchi a vista, solo tanti die-cast di auto e qualche treno. Kit di montaggio, invece, nisba o quasi.
Che succede? Il signor Guido è un po' ombroso ma dovrei dire piuttosto lombardo, perché non dà confidenza se non con frasi veloci e quasi brusche, sottintendendo che si sprecano parole e si rimarca l'ovvio a parlare troppo. La sua signora, anche lei da una vita nel negozio, è invece molto gentile e assolutamente disponibile. Però di certe cose si parla con il titolare: gli chiedo che succede e mi dice "a ottobre chiudiamo". Due notizie: grande svendita - si fa per dire, ma ci siamo capiti - e soprattutto, fine di un'epoca. Come leggerete prossimamente, questo è un periodo in effetti in cui molte epoche si stanno chiudendo e altre se ne stanno aprendo (per fortuna altre ancora continuano indefesse). Però questa non me l'aspettavo.
Clessi chiude. Se ne vanno i modellini di autobus e di scavatrice, le decine e decine di accessori per treni, le vernici Humbrol, i plastici, l'angolo con le "meraviglie" nipponiche e televisive (molti più Gundam e Star Trek da Yamato, ma ci siamo capiti), gli aerei della Seconda guerra mondiale, i ferromodelli e tutto il resto. Una disperazione...
Che dire? Sono uscito scattando le tre foto che vedete. Una breve sequenza che consegno alla storia effimera di Internet, perché la traccia nel tessuto milanese sta per evaporare. Grazie, signor Guido. E non si rammarichi (anche se non se ne rammaricava quando gliel'ho chiesto) se i figli a differenza di lei non hanno voluto seguire la tradizione del padre. Perlomeno il ricordo rimane indelebile e non si può sciupare in modo alcuno.
Come mi ha detto con sensibilità un collega e amico del Sole pochi giorni fa, si cercano i modellini per congelare e continuare a vivere i ricordi di un momento vissuto che l'oggetto rappresenta metonimicamente. Quello non chiuderà mai, signor Guido.
Le tappe dei posti dove andare me le mostravano le mie guide indiane. Ero ospite della foresteria di un collegio dell'università Cattolica, il Ludovicianum, e la rete di solidarietà tra i ragazzi dei vari anni era fantastica. Io mi accodavo volentieri, felice di poter socializzare la nuova città come se fossi stato uno studente universitario: è l'unico modo, dato che se ci arrivi solo per lavoro la città non ti riuscirà mai ad appartenere. Mia teoria, perlomeno.
Comunque, una tappa ce l'avevo già in mente da anni: il negozio della Yamato. Un mito per chi acquistava i Vhs con i cartoni animati giapponesi (come facevo all'epoca) visto che in fondo ad ogni anime c'era il breve trailer del negozio. Fatta la tappa e scoperta la piccola miniera d'oro di via Tadino (poi hanno cambiato e io ho continuato a seguire le peregrinazioni), ho scoperto che in zona c'erano anche altri posti che valevano la pena.
La zona è quella dei bastioni di Porta Venezia, le stradine che da viale Vittorio Veneto si inerpicano verso viale Regina Giovanna, sempre paralleli a corso Buenos Aires. L'angolo magico è quello di piazza Oberdan, dove ha sede il cinema della Provincia di Milano e dove stazionano i baracchini di un paio di venditori di libri usati (mio massimo diletto: ogni volta che ne vedo uno mi impallo per mezz'ora e compro cose assolutamente inutili). È una delle zone, insieme a quella in cui abito e alla Cattolica, che amo più di Milano: altro che zanzarosi navigli ed esotismi di Brera: cose per turisti quelle, ecco.
Là, accanto a Porta Venezia, su viale Vittorio Veneto al civico 4 c'è il negozio di modellismo di Clessi Guido. Figlio d'arte, perché la bottega ha aperto un quarantennio e più fa, con il padre, al numero due. Sfrattati dalla Provincia, giusto nel '98 si sono spostati un civico più in là. Ancora per poco. Io ci sono andato di quando in quando, fa parte della mia mitologia milanese: sono i ricordi più vecchi (a parte quelli di quando sono venuto da ragazzino da Firenze per brevi gite) e ricordo ancora il plastico della base Alfa di Spazio 1999, intravisto, rivisto, lumato per qualche anno e poi un bel giorno "andato" chissà a chi. Insomma, era diventato il mio negozio di modellini a Milano, come Dreoni a Firenze.
Beh, per farla breve, ci sono capitato qualche giorno fa, dal buon Clessi. Avevo del tempo da ammazzare aspettando un amico per andare a pranzo. Entro dentro e tuttavia le vetrine sono "povere". Mancano modelli, scaffali bianchi a vista, solo tanti die-cast di auto e qualche treno. Kit di montaggio, invece, nisba o quasi.
Che succede? Il signor Guido è un po' ombroso ma dovrei dire piuttosto lombardo, perché non dà confidenza se non con frasi veloci e quasi brusche, sottintendendo che si sprecano parole e si rimarca l'ovvio a parlare troppo. La sua signora, anche lei da una vita nel negozio, è invece molto gentile e assolutamente disponibile. Però di certe cose si parla con il titolare: gli chiedo che succede e mi dice "a ottobre chiudiamo". Due notizie: grande svendita - si fa per dire, ma ci siamo capiti - e soprattutto, fine di un'epoca. Come leggerete prossimamente, questo è un periodo in effetti in cui molte epoche si stanno chiudendo e altre se ne stanno aprendo (per fortuna altre ancora continuano indefesse). Però questa non me l'aspettavo.
Clessi chiude. Se ne vanno i modellini di autobus e di scavatrice, le decine e decine di accessori per treni, le vernici Humbrol, i plastici, l'angolo con le "meraviglie" nipponiche e televisive (molti più Gundam e Star Trek da Yamato, ma ci siamo capiti), gli aerei della Seconda guerra mondiale, i ferromodelli e tutto il resto. Una disperazione...
Che dire? Sono uscito scattando le tre foto che vedete. Una breve sequenza che consegno alla storia effimera di Internet, perché la traccia nel tessuto milanese sta per evaporare. Grazie, signor Guido. E non si rammarichi (anche se non se ne rammaricava quando gliel'ho chiesto) se i figli a differenza di lei non hanno voluto seguire la tradizione del padre. Perlomeno il ricordo rimane indelebile e non si può sciupare in modo alcuno.
Come mi ha detto con sensibilità un collega e amico del Sole pochi giorni fa, si cercano i modellini per congelare e continuare a vivere i ricordi di un momento vissuto che l'oggetto rappresenta metonimicamente. Quello non chiuderà mai, signor Guido.
21.5.08
Posti dove andare quest'estate
IL VOLO DURA circa dodici minuti. È in effetti breve, ma niente rispetto al concetto di brevità che segue. Dopo essere infatti partiti dall'isola di Saint-Martin, nelle Antille Olandesi, si atterra (solo con i DHC-6 di Winair) sulla pista più corta e pericolosa del mondo: 396 metri in tutto, con le montagne da una parte e la scogliera a strapiombo sul mare negli altri tre lati. Benvenuti nell'isola di Saba, all'aeroporto Juancho E. Yrausquin (SAB)...
20.5.08
Il tram di Milano
GLI INCIDENTI SUCCEDONO, purtroppo. E quando succedono a un tram, le conseguenze sono drammatiche e al tempo stesso spettacolari. Dalla cronaca del Corriere, due immagini (la galleria completa si trova sul sito del giornale).
Cose che non capisco
C'È QUESTO SERVIZIO che si chiama Twitter. In pratica, ma lo sapete già probabilmente, consente di sparare brevi messaggi nell'etere digitale. I messaggi possono essere aggregati da amici e followers vari, creando una sfera più rapida e sferzante che spiega cosa ci passa per la testa mentre passiamo per il mondo. È uno strumento che porta con sé lo stigma della mobilità e della comunicazione in modo estremo.
Massimo, che frequenta questo strumento, sta di quando in quando dando visibilità sul suo blog ad alcuni passaggi delle haiku-conversazioni che lo percorrono. Io invece lo evito come la peste: come forma espressiva non mi appassiona e piuttosto mi dà ansia. Anche perché non lo capisco: non importa quanto ore sguazzi dentro la rete al giorno, poi finisce sempre che a un certo punto sei troppo vecchio per qualche, nuova cosa. E non la capisci. Io questa non la capisco. Soprattutto, non la voglio capire. My bad.
Massimo, che frequenta questo strumento, sta di quando in quando dando visibilità sul suo blog ad alcuni passaggi delle haiku-conversazioni che lo percorrono. Io invece lo evito come la peste: come forma espressiva non mi appassiona e piuttosto mi dà ansia. Anche perché non lo capisco: non importa quanto ore sguazzi dentro la rete al giorno, poi finisce sempre che a un certo punto sei troppo vecchio per qualche, nuova cosa. E non la capisci. Io questa non la capisco. Soprattutto, non la voglio capire. My bad.
19.5.08
L'Hip-hop di oggi, ma 18 volte di più di quello vecchio
I CRITICI PARE che si siano distratti e abbiano perso di vista la palla e l'azione del gioco. C'è infatti chi sostiene che più che la musica e il cinema, adesso sono i videogiochi a tirare la cultura giovanile...
Money Quote: American author, critic and filmmaker Nelson George has stated that he believes videogames are now more influential to young male culture than music.
Speaking in a new book, Crime, by Alix Lambert and to be published by Fuel later this month, George compares videogames to hip-hop music and culture, which during the 80s and 90s had a massive influence on all aspects of mainstream and popular culture.
"Videogames are more important than hip-hop. There's no doubt about it," said George, in an extract of the book printed in The Guardian this weekend.
"The violence and nihilism that everyone thinks is in hip-hop is pumped up about 18 times in videogames. That's really what's driving young male culture, that's really the new rock n' roll."
Money Quote: American author, critic and filmmaker Nelson George has stated that he believes videogames are now more influential to young male culture than music.
Speaking in a new book, Crime, by Alix Lambert and to be published by Fuel later this month, George compares videogames to hip-hop music and culture, which during the 80s and 90s had a massive influence on all aspects of mainstream and popular culture.
"Videogames are more important than hip-hop. There's no doubt about it," said George, in an extract of the book printed in The Guardian this weekend.
"The violence and nihilism that everyone thinks is in hip-hop is pumped up about 18 times in videogames. That's really what's driving young male culture, that's really the new rock n' roll."
Il corpo muto - sulla decadenza dell'artista
UNA VOLTA GLI attori si definivano artisti. E lo star-system ne portava avanti le storie parallele tra vita e finzione. Poi, qualcosa dev'essere andato male.
Perché? Prendiamo ad esempio Monica Bellucci: le ultime notizie sulla sua capacità artistica e vis interpretativa vengono a distanza di anni sempre intorno allo stesso soggetto e soprattutto sempre intorno alla stessa modalità espositiva: la Bellucci tace, moderna Sfinge fatta di sola carne. Da Malena (2000) in avanti, è l'esposizione del suo corpo all'intimità dell'altro attore (o attrice) di turno, su set con una cinquantina di persone, quello che conta e che parla per lei. Bellucci nuda davanti al piccolo Giuseppe Sulfaro che interpreta il tredicenne protagonista del film. Con tanto di interviste al ragazzino, per cercare di far uscire fuori la pruderie di noi adulti. Segue dopo un po' (2007) Manuale d'Amore 2, in cui c'è la "bollente scena" tra la Bellucci e il nuovo sex symbol Riccardo Scamarcio, con minuziose e pruriginose discussioni su come sia girare una scena di sesso sempre sul set con cinquanta tizi intorno etc. A parlarne è Scamarcio, idolo delle giovani e meno giovani, ma soprattutto alter ego per aver toccato la carne della diva del muto.
Adesso è la volta del bacio gay (che poi sarebbe lesbo, ma vabbé) tra Lavinia Longhi e la Bellucci sul set di Sanguepazzo. C'è, sul Corriere, il divertente sommario che dice: Sul set Monica mi ha messa a mio agio. Per cosa? Per il trauma di un bacio same-sex tra attrici? Alla faccia dell'Actor studio...
Sempre il corpo della Bellucci, sempre lo "scandalo" di cosa fa, sempre la soggettiva dell'altro/a rispetto all'iconica figura che deve essere esibita ma con cui non ci si può identificare: il suo scopo comunicativo è di essere oggetto e non soggetto.
La stessa "tensione" era uscita per ben due volte anche dietro a Nanni Moretti, altro strano corpo, essere alieno divenuto oggetto, che crea scandalo (forse perché prude sapere come sia un intellettuale senza mutande) ben due volte con accoppiamenti bollenti sul set a luci rosse di Caos calmo. Fossi stato Isabella Ferrari, costretta a confessare alla stampa le emozioni e le problematiche del suo lavoro "sessuale" con la Sfinge-Moretti, mi sarei incazzata di brutto: mica è lui il sex symbol, no?
A ripensarci, in una contorta maniera, forse sì, come probabilmente al Narciso piace pensare mentre accosta la sua performance a quella di Daniel Craig, la vera Bond-girl di Casinò Royale che esce dall'acqua come Ursula Andress in Licenza di uccidere. Peccato, una volta gli attori erano anche artisti, e non corpi da violare con la fantasia.
Perché? Prendiamo ad esempio Monica Bellucci: le ultime notizie sulla sua capacità artistica e vis interpretativa vengono a distanza di anni sempre intorno allo stesso soggetto e soprattutto sempre intorno alla stessa modalità espositiva: la Bellucci tace, moderna Sfinge fatta di sola carne. Da Malena (2000) in avanti, è l'esposizione del suo corpo all'intimità dell'altro attore (o attrice) di turno, su set con una cinquantina di persone, quello che conta e che parla per lei. Bellucci nuda davanti al piccolo Giuseppe Sulfaro che interpreta il tredicenne protagonista del film. Con tanto di interviste al ragazzino, per cercare di far uscire fuori la pruderie di noi adulti. Segue dopo un po' (2007) Manuale d'Amore 2, in cui c'è la "bollente scena" tra la Bellucci e il nuovo sex symbol Riccardo Scamarcio, con minuziose e pruriginose discussioni su come sia girare una scena di sesso sempre sul set con cinquanta tizi intorno etc. A parlarne è Scamarcio, idolo delle giovani e meno giovani, ma soprattutto alter ego per aver toccato la carne della diva del muto.
Adesso è la volta del bacio gay (che poi sarebbe lesbo, ma vabbé) tra Lavinia Longhi e la Bellucci sul set di Sanguepazzo. C'è, sul Corriere, il divertente sommario che dice: Sul set Monica mi ha messa a mio agio. Per cosa? Per il trauma di un bacio same-sex tra attrici? Alla faccia dell'Actor studio...
Sempre il corpo della Bellucci, sempre lo "scandalo" di cosa fa, sempre la soggettiva dell'altro/a rispetto all'iconica figura che deve essere esibita ma con cui non ci si può identificare: il suo scopo comunicativo è di essere oggetto e non soggetto.
La stessa "tensione" era uscita per ben due volte anche dietro a Nanni Moretti, altro strano corpo, essere alieno divenuto oggetto, che crea scandalo (forse perché prude sapere come sia un intellettuale senza mutande) ben due volte con accoppiamenti bollenti sul set a luci rosse di Caos calmo. Fossi stato Isabella Ferrari, costretta a confessare alla stampa le emozioni e le problematiche del suo lavoro "sessuale" con la Sfinge-Moretti, mi sarei incazzata di brutto: mica è lui il sex symbol, no?
A ripensarci, in una contorta maniera, forse sì, come probabilmente al Narciso piace pensare mentre accosta la sua performance a quella di Daniel Craig, la vera Bond-girl di Casinò Royale che esce dall'acqua come Ursula Andress in Licenza di uccidere. Peccato, una volta gli attori erano anche artisti, e non corpi da violare con la fantasia.
Qualcuno chiami uno psicologo
LO AMMETTO, È facile giocare d'ironia su certi titoli involontariamente ambigui. Però da mezz'ora sghignazzo pensando a questo del Corriere:
Tutta la notte in bilico sulla gru
«Fatemi vedere Maroni o mi butto»
Tutta la notte in bilico sulla gru
«Fatemi vedere Maroni o mi butto»
18.5.08
Girls of Ryanair Calendar 2008
DUNQUE, VEDIAMO: SIAMO oltre la metà di maggio, quindi per segnalare un calendario del 2008 uscito a novembre mi sembra un po' tardi. Però lo faccio lo stesso: anche Ryaniar si è dotata quest'anno del calendario di "belle in volo", nella fattispecie. Uno stunt pubblicitario, ovviamente. Tutte donne, provenienti dalle varie basi della società irlandese.
Intanto, mi sto finendo di leggere un (altro) libro su di loro, o meglio sul loro Ceo Michael O'Leary. È la biografia dell'uomo che ha praticamente inventato il modello di low-cost all'europea negli anni Novanta, dopo che gli americani di Southwest Airlines avevano inventato tra il 1971 e il '73 quello originale. La palla adesso è passata all'Asia, come leggerete tra qualche giorno. Tuttavia, Ryanair rimane tra parecchie contraddizioni la compagnia aerea più importante in questo segmento. Talmente importante da essere la più grande compagnia europea...
Intanto, mi sto finendo di leggere un (altro) libro su di loro, o meglio sul loro Ceo Michael O'Leary. È la biografia dell'uomo che ha praticamente inventato il modello di low-cost all'europea negli anni Novanta, dopo che gli americani di Southwest Airlines avevano inventato tra il 1971 e il '73 quello originale. La palla adesso è passata all'Asia, come leggerete tra qualche giorno. Tuttavia, Ryanair rimane tra parecchie contraddizioni la compagnia aerea più importante in questo segmento. Talmente importante da essere la più grande compagnia europea...
16.5.08
Scusi, quando viene per il tagliando?
GLI AEROPLANI DI linea hanno quattro livelli di manutenzione, chiamati senza fantasia A, B, C e D. I primi due vengono svolti direttamente sulla pista (il primo è una ispezione "visiva") con frequenza elevata. Il terzo ha cadenza maggiore, cioè sono necessari un elevato numero di cicli (un ciclo è composto da un decollo e da un atterraggio a prescindere dalla distanza o durata del volo, perché si tratta dei due momenti più stressanti per la struttura dell'aereo). Il quarto si fa ogni qualche anno, praticamente equivale allo smontaggio e rimontaggio completo dell'aereo, richiede più di un mese di tempo e costa fino a qualche milione di dollari. Qui raccontano come si faceva nel 1999 per un Boeing 747. E da allora non è che sia cambiato moltissimo.
Money Quote: A 747-400 has six million parts, half of which are fasteners (rivets and bolts), and 171 miles of electrical wiring.
Money Quote: A 747-400 has six million parts, half of which are fasteners (rivets and bolts), and 171 miles of electrical wiring.
Un milione di posti di lavoro perduti per sempre
MASSIMO È UN po' perplesso dal ruolo di Bsa nella società occidentale.
15.5.08
EeePc+MacOsX
PER QUELLI DESIDEROSI di brasare la memoria dell'EeePc di Asus (dotato di Linux) e installare con un po' di tribolazioni Mac Os X, qui c'è il tutorial per Mac OS X 10.4 "Tiger" (Leopard ci gira da schifo, è troppo poco potente l'hardware). E qui qualche altra considerazione.
La musica che senti nella tua testa
IL FINALE DI una puntata di Scrubs. L'idea è una paziente che, a causa di un problema neurologico, sente tutto come se fosse un musical. Gli effetti, sul cast e sulla puntata, sono deliziosi. E anche la flessibilità degli attori. Vale la pena ascoltarlo in originale, e poi chiudendo gli occhi immaginarsi come sarebbe una puntata di Un posto al sole o di Distretto di polizia fatta così... Brrr!
14.5.08
L'iPhone del ministro
STEFANIA PRESTIGIACOMO, ACCANTO a Silvio Berusconi sui banchi del governo in parlamento. Foto per la prima della Stampa di oggi dove - lente della zoomata aggiunta da Macity - campeggia un iPhone. L'iPhone del ministro. Ci sono tre possibilità: o la Prestigiacomo utilizza un contratto telefonico straniero (francese, tedesco, britannico o statunitense) [molto improbabile]; o l'ha ricevuto in anteprima da uno degli operatori italiani [abbastanza improbabile]; o l'ha comprato all'estero e craccato. Fate voi...
Operation Lusty
DOVREBBERO FARCI UN film: alla fine della Seconda guerra mondiale un gruppo abbastanza eterogeneo di ufficiali dei servizi di intelligence dell'aeronautica militare americana fece un raid attraverso l'Europa, una sorta di corsa contro il tempo e contro i russi, per raccattare tutte le tecnologie e i tecnici tedeschi di maggior valore. La storia è interessante non solo per come venne condotta l'Operation Lusty, ma anche per quello che venne "raccattato". Il colonnello Harold E. Watson riuscì a recuperare un certo numero di Me-262, i fantastici (per gli appassionati del genere) caccia della Messerschmitt a reazione, di turbine a compressione assiale e dei cannoni Mk 108 che avevano a bordo i caccia, belve calibro 30 mm che erano in grado di far saltare la coda di un B-24 con un singolo colpo. Nella foto, del 1946, un Me-262 passa rasente sul campo d'aviazione Freeman Field, nell'Indiana.
Money Quote: In 1944 intelligence experts at Wright Field had developed lists of advanced aviation equipment they wanted to examine. Col. Watson and his crew, nicknamed "Watson's Whizzers," comprised of pilots, engineers and maintenance men, used these "Black Lists" to collect aircraft. Col. Watson organized his Whizzers into two sections. One collected jet aircraft and the other procured piston engine aircraft and nonflyable jet and rocket equipment.
After the war, the Whizzers added Luftwaffe test pilots to their team. One was Hauptman Heinz Braur. On May 8, 1945, Braur flew 70 women, children and wounded troops to Munich-Riem airport. After he landed, Braur was approached by one of Watson's men who gave him the choice of either going to a prison camp or flying with the Whizzers. Braur thought flying more preferable. Three Messerschmitt employees also joined the Whizzers: Karl Baur, the Chief Test Pilot of Experimental Aircraft, test pilot Ludwig "Willie" Huffman, and engineering superintendent Gerhard Coulis. Test pilot Herman Kersting joined later. When the Whizzers located nine Me 262 jet aircraft at Lechfeld airfield, these German test pilots had the expertise to fly them.
Money Quote: In 1944 intelligence experts at Wright Field had developed lists of advanced aviation equipment they wanted to examine. Col. Watson and his crew, nicknamed "Watson's Whizzers," comprised of pilots, engineers and maintenance men, used these "Black Lists" to collect aircraft. Col. Watson organized his Whizzers into two sections. One collected jet aircraft and the other procured piston engine aircraft and nonflyable jet and rocket equipment.
After the war, the Whizzers added Luftwaffe test pilots to their team. One was Hauptman Heinz Braur. On May 8, 1945, Braur flew 70 women, children and wounded troops to Munich-Riem airport. After he landed, Braur was approached by one of Watson's men who gave him the choice of either going to a prison camp or flying with the Whizzers. Braur thought flying more preferable. Three Messerschmitt employees also joined the Whizzers: Karl Baur, the Chief Test Pilot of Experimental Aircraft, test pilot Ludwig "Willie" Huffman, and engineering superintendent Gerhard Coulis. Test pilot Herman Kersting joined later. When the Whizzers located nine Me 262 jet aircraft at Lechfeld airfield, these German test pilots had the expertise to fly them.
13.5.08
[ITA] Agenzia delle Entrate - Redditi 2005 - Completo
UN PARERE ABBASTANZA definitivo de La Voce.info sulla questione dei redditi di tre anni fa presentati urbi et orbi via Internet, qui
Money Quote: Occorre invece riportare il dibattito al suo vero nodo, giuridico e politico insieme, ossia a quanta o (meglio) quale trasparenza in materia fiscale si voglia oggi garantire nel nostro ordinamento. È preferibile privare, in nome della riservatezza, la lotta all’evasione fiscale del contributo che potrebbe venirle dalla valorizzazione del controllo sociale o al contrario occorre potenziarla con il supporto della consapevolezza diffusa di questo grave fenomeno grazie alla trasparenza dei dati?
Il che, ancora una volta, significa interrogarsi su come vada intesa la cittadinanza, nel suo delicato equilibrio di diritti e di doveri, rispetto al quale l’obbligo di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della [propria] capacità contributiva” (4) rappresenta un passaggio essenziale dello stesso circuito democratico dello Stato di diritto e la trasparenza rappresenta uno strumento fondamentale per garantire che tale obbligo sia equamente ripartito tra tutti i consociati.
Money Quote: Occorre invece riportare il dibattito al suo vero nodo, giuridico e politico insieme, ossia a quanta o (meglio) quale trasparenza in materia fiscale si voglia oggi garantire nel nostro ordinamento. È preferibile privare, in nome della riservatezza, la lotta all’evasione fiscale del contributo che potrebbe venirle dalla valorizzazione del controllo sociale o al contrario occorre potenziarla con il supporto della consapevolezza diffusa di questo grave fenomeno grazie alla trasparenza dei dati?
Il che, ancora una volta, significa interrogarsi su come vada intesa la cittadinanza, nel suo delicato equilibrio di diritti e di doveri, rispetto al quale l’obbligo di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della [propria] capacità contributiva” (4) rappresenta un passaggio essenziale dello stesso circuito democratico dello Stato di diritto e la trasparenza rappresenta uno strumento fondamentale per garantire che tale obbligo sia equamente ripartito tra tutti i consociati.
Il caprone espiatorio
HANNO DECISO "consensualmente", perché lui era alla ricerca di "nuovi stimoli professionali" sulla base delle "ragioni personali" che in un rapporto di "mutua stima e rispetto" talvolta portano a "far separare le strade". Insomma, le solite frasi fatte previste dal galateo delle grandi aziende. Fatto sta che il direttore dell'aeroporto di Heathrow, quello che ha gestito l'apertura del Terminal 5 con relativo collasso totale dei bagagli (c'è chi ha detto, "l'inaugurazione è andata perfettamente, c'era la Regina e non c'erano i viaggiatori. I problemi sono arrivati subito dopo"), le code infinite e i voli cancellati l'hanno licenziato. Se ne va. Mark Bullock, questo il nome del poveruomo, si ricorderà il fiasco del 27 marzo per il resto dei suoi giorni. Segue il destino di Gareth Kirkwood, direttore delle operazioni, e David Noyes, direttore dei servizi per la clientela, già decapitati alcune settimane fa.
Ah, a proposito: Heathrow, cioè BAA, è di proprietà spagnola. L'hanno privatizzata. Quella...
Nella foto: quant'è bello il controllo di sicurezza quando non c'è nessuno.
Ah, a proposito: Heathrow, cioè BAA, è di proprietà spagnola. L'hanno privatizzata. Quella...
Nella foto: quant'è bello il controllo di sicurezza quando non c'è nessuno.
12.5.08
Mappe cinesi
SE IL 18 GIUGNO vi capita di essere a Pechino, si apre alla Factory 798 la mostra "Map Games: Dynamics of Change", che racchiude i cambiamenti in tre anni sulle visioni futuribili della capitale cinese. Curata da Feng Boyi, Monica Piccioni, Rosario Scarpato e Varvara Shavrova, la mostra resta nella capitale cinese dal 18 al 28 giugno (questo l'indirizzo completo: 2nd Floor Exhibition hall of Building No 2, 32 Baiziwan Road, Chaoyang District, Beijing 100022 ) e poi si sposta prima al Museum and Art Gallery di Birmingham e poi al Terni International Center for Contemporary Art, più prosaicamente noto come ex Opificio Siri.
Money Quote: “Map Games: Dynamics of Change” is a new international visual art and architecture project. Traditionally maps are meant to provide us with reliable information on unfamiliar places. A map is a tool that we most solely rely upon when we arrive at a new destination. Maps give us a level of personal independence and allow us to explore new locations, becoming our essential “lingua franca”. Maps can be records of personal experiences, kinds of diaries documenting personal histories in relation to time and place, and can be seen as universal yet personal records of relationship between the “self”, the inner, and the outer worlds. Apart from providing geographical “portraits” of particular areas and locations, maps have political significance, representing most aspects of our lives, from population distribution and ecological issues, to demarcation of borders and nations.
In Beijing the dynamics of change are so great that the process of creation, adjustment and production of the city map simply cannot keep up with the “butterfly effect” of the city's exploding construction busyness and the consequent rapidly changing dynamics of the city's geography. The daily, if not hourly changes taking place in the city creating the state of continuous flux mean that the map can only exist, like the city itself, in the same state of constant, explosive and sometimes illogical change.
Money Quote: “Map Games: Dynamics of Change” is a new international visual art and architecture project. Traditionally maps are meant to provide us with reliable information on unfamiliar places. A map is a tool that we most solely rely upon when we arrive at a new destination. Maps give us a level of personal independence and allow us to explore new locations, becoming our essential “lingua franca”. Maps can be records of personal experiences, kinds of diaries documenting personal histories in relation to time and place, and can be seen as universal yet personal records of relationship between the “self”, the inner, and the outer worlds. Apart from providing geographical “portraits” of particular areas and locations, maps have political significance, representing most aspects of our lives, from population distribution and ecological issues, to demarcation of borders and nations.
In Beijing the dynamics of change are so great that the process of creation, adjustment and production of the city map simply cannot keep up with the “butterfly effect” of the city's exploding construction busyness and the consequent rapidly changing dynamics of the city's geography. The daily, if not hourly changes taking place in the city creating the state of continuous flux mean that the map can only exist, like the city itself, in the same state of constant, explosive and sometimes illogical change.
11.5.08
10.5.08
Quando si scherza, si scherza. Ma quando si fa sul serio...
DURANTE LA REGISTRAZIONE della puntata di In mezz'ora di Lucia Annunziata, il ri-neo-ministro Giulio Tremonti non si è risparmiato, come riporta il Sole 24 Ore. E alla fine ha toccato anche il tema Alitalia, aprendo vari scenari di comprensione a noi esterni della politica. Uno è che quando si sta in campagna elettorale, si sta in campagna elettorale. Invece, quando si governa, si governa...
Quanto a uno dei dossier più caldi degli ultimi pesi, la soluzione alla crisi Alitalia, «cerchiamo una via italiana e fondamentalmente privata. Se non funziona vedremo». Più in generale il ministro ha ammesso di avere avuto poco tempo ancora per «guardare le carte», ma, ha affermato, «una cosa è sicura: un conto è fare campagna elettorale e un conto è essere al governo. Per Alitalia saranno seguite le procedure di legge. Mica aspetto che arrivi qualcosa dal cielo. One moment - ha aggiunto il ministro - wait a moment. Saremo dentro le procedure di legge e dentro quelle procedure guarderemo le offerte». Finirà che ne verrà fuori una nuova Iri, ha chiesto Annunziata riferendosi alle minacce di Berlusconi alla Commissione europea circa l'ipotesi di incorpare Alitalia nelle Ferrovie di Stato? «Io spero di no. L'impegno è per una cordata italiana e molti imprenditori si sono impegnati. Il rischio che la nostra compagnia andasse in mano ad un nostro concorrente nel turismo è stato evitato».
Quanto a uno dei dossier più caldi degli ultimi pesi, la soluzione alla crisi Alitalia, «cerchiamo una via italiana e fondamentalmente privata. Se non funziona vedremo». Più in generale il ministro ha ammesso di avere avuto poco tempo ancora per «guardare le carte», ma, ha affermato, «una cosa è sicura: un conto è fare campagna elettorale e un conto è essere al governo. Per Alitalia saranno seguite le procedure di legge. Mica aspetto che arrivi qualcosa dal cielo. One moment - ha aggiunto il ministro - wait a moment. Saremo dentro le procedure di legge e dentro quelle procedure guarderemo le offerte». Finirà che ne verrà fuori una nuova Iri, ha chiesto Annunziata riferendosi alle minacce di Berlusconi alla Commissione europea circa l'ipotesi di incorpare Alitalia nelle Ferrovie di Stato? «Io spero di no. L'impegno è per una cordata italiana e molti imprenditori si sono impegnati. Il rischio che la nostra compagnia andasse in mano ad un nostro concorrente nel turismo è stato evitato».
Buoni motivi per non candidarsi
HO LA SENSAZIONE che alla fine Al Gore si diverta più così, Nobel ed Oscar inclusi, che non a correre per la presidenza degli Usa. Qui era da Linus e Nicola Savino.
9.5.08
London Memories
FEDERICO, CHE È uno bravo, ha già fatto i compiti. Jan invece li farà a breve. Gli altri probabilmente seguiranno. Io invece guardavo gli aerei...
8.5.08
La destra e la recessione
A OTTOMILA METRI di quota sopra la Francia sfogliando il Corriere, ieri pomeriggio un collega e amico mi dice: "Quando c'è la recessione economica, negli Usa vince sempre la destra". Io rispondo: "Vuoi dire che Hillary Clinton ce la fa?". "No - risponde - intendevo John McCain".
Se la situazione ti sembra anomala, allora compra Topolino
MARA CARFAGNA, NUOVO ministro delle Pari Opportunità
Il modo sgradevole con il quale viene sistematicamente sbeffeggiato anche in rete il nuovo ministro delle Pari Opportunità non mi piace. Non solo per cieco rispetto delle istituzioni, quanto per tutti gli stereotipi di genere e da caserma che si porta dietro. C'è da criticare l'on. Carfagna? Beh, quando nega la sua biografia, certamente. Ma c'è da criticare, sbeffeggiare e sgambettare l'on. Carfagna per la sua biografia, perché è donna, per la sua storia? No, quello davvero no. È troppo ed è semplicemente la manifestazione della cultura che ci portiamo dietro: da caserma, incapace di accettare l'idea stessa delle pari opportunità. Vergogna.
Il modo sgradevole con il quale viene sistematicamente sbeffeggiato anche in rete il nuovo ministro delle Pari Opportunità non mi piace. Non solo per cieco rispetto delle istituzioni, quanto per tutti gli stereotipi di genere e da caserma che si porta dietro. C'è da criticare l'on. Carfagna? Beh, quando nega la sua biografia, certamente. Ma c'è da criticare, sbeffeggiare e sgambettare l'on. Carfagna per la sua biografia, perché è donna, per la sua storia? No, quello davvero no. È troppo ed è semplicemente la manifestazione della cultura che ci portiamo dietro: da caserma, incapace di accettare l'idea stessa delle pari opportunità. Vergogna.
6.5.08
Ri-Heathrow
RI-PARTO UN ATTIMO per Londra. Ri-volo con British Airways. Ma ri-torno domani, non vi ri-preoccupate. Ri-passo dal Terminal 5, di cui ri-tutte le belle cose di cui qui. E quasi quasi ri-metto anche qualche foto nuova, fosse ri-cambiato qualcosa. Ri-ciao...
4.5.08
3.5.08
Piccole e grandi fusioni
ALLA FACCIA DELLA festa dei lavoratori: due grandi fusioni e una piccola ma sfiziosa. La grande-grande è quella tra Microsoft e Yahoo! L'impero del male cerca di comprarsi gli aborigeni della rete e ci prova con una offerta "ostile", a quanto pare. Bah, speriamo gli vada male e seppelliscano Steve Ballmer [In effetti, gli è andata male: Yahoo! ha voluto vedere il bluff. Adesso aspettiamo Ballmer...].
Una più significativa invece è quella ventilata dal Times: British Airways sta nelle peste e probabilmente potrebbe saltare in collo ad American Airlines e Continental (messe male pure loro con i conti in profondo rosso). Il punto è il prezzo del petrolio: di solito le compagnie lo comprano hedge, cioè a valori prestabiliti in anticipo (scommettendo in pratica sul valore del barile a sei mesi), e adesso che le scorte hedge si sono esaurite, vanno a scontrarsi con i 100 famigerati dollari al barile. Son dolori. La fusione comunque è significativa perché sarebbe la prima di livello tra i due lati dell'Atlantico (BA è stata la prima compagnia aerea europea a privatizzarsi) e le ripercussioni - insieme a quelle di Delta-Northwest - sono inimmaginabili. Dal punto di vista del valore, la capitalizzazione di BA è di 2,8 miliardi di sterline, superiore alla somma di American e Continental, quindi a logica dovrebbe essere lei a controllare il futuro colosso.
La piccola fusione invece è in scala con gli obiettivi di mercato dei soggetti coinvolti e le dimensioni dei loro prodotti: Hornby (trenini, l'equivalente della nostra defunta Lima, di cui peraltor ha acquistato il brand insieme a Jouef, Arnold e la mitica Rivarossi), che già controlla Airfix (soldatini e aeroplanini, la più vecchia sul mercato perché nata nel 1939) e Scalextric (piste per automobiline), si compra per 7,5 milioni di sterline l'asiatica Corgi (action-figure e modellini di auto die-cast). Mi emoziona più quest'ultima, che mi fa venire alla mente che non si hanno più notizie di Atlantic, la trevigiana dei soldatini nata nel 1966 e fallita nel 1984, poi ripresa dalla viareggina Nexus Editrice (giochi di ruolo) che aveva iniziato a rifare i soldatini in scala HO alla fine degli anni Novanta e che però ha fatto perdere le sue tracce... Qui le memorabilia di Atlantic
Una più significativa invece è quella ventilata dal Times: British Airways sta nelle peste e probabilmente potrebbe saltare in collo ad American Airlines e Continental (messe male pure loro con i conti in profondo rosso). Il punto è il prezzo del petrolio: di solito le compagnie lo comprano hedge, cioè a valori prestabiliti in anticipo (scommettendo in pratica sul valore del barile a sei mesi), e adesso che le scorte hedge si sono esaurite, vanno a scontrarsi con i 100 famigerati dollari al barile. Son dolori. La fusione comunque è significativa perché sarebbe la prima di livello tra i due lati dell'Atlantico (BA è stata la prima compagnia aerea europea a privatizzarsi) e le ripercussioni - insieme a quelle di Delta-Northwest - sono inimmaginabili. Dal punto di vista del valore, la capitalizzazione di BA è di 2,8 miliardi di sterline, superiore alla somma di American e Continental, quindi a logica dovrebbe essere lei a controllare il futuro colosso.
La piccola fusione invece è in scala con gli obiettivi di mercato dei soggetti coinvolti e le dimensioni dei loro prodotti: Hornby (trenini, l'equivalente della nostra defunta Lima, di cui peraltor ha acquistato il brand insieme a Jouef, Arnold e la mitica Rivarossi), che già controlla Airfix (soldatini e aeroplanini, la più vecchia sul mercato perché nata nel 1939) e Scalextric (piste per automobiline), si compra per 7,5 milioni di sterline l'asiatica Corgi (action-figure e modellini di auto die-cast). Mi emoziona più quest'ultima, che mi fa venire alla mente che non si hanno più notizie di Atlantic, la trevigiana dei soldatini nata nel 1966 e fallita nel 1984, poi ripresa dalla viareggina Nexus Editrice (giochi di ruolo) che aveva iniziato a rifare i soldatini in scala HO alla fine degli anni Novanta e che però ha fatto perdere le sue tracce... Qui le memorabilia di Atlantic
1.5.08
Terminal 5 - Heathrow
SULLA NOTIZIA, COME sempre: ero a Londra per qualche giorno (ci ritorno anche la prossima settimana) e adesso il traffico aereo è tutto deviato sul nuovo Terminal 5 di Heathrow, inaugurato il 27 marzo (le due immagini che vedete in questa pagina le ho scattate il 29 con il telefono cellulare). GIà a pieno regime, a parte il disdicevole problema dei bagagli sparpagliati per mezzo mondo. C'è tra parentesi una società con sede in Lombardia, credo a Bergamo, che si occupa di fare lo smaltimento bagagli per British Airways, e gli ha dato parecchia mano dopo il casino del 27.
A me non piace questa ossessione dell'architettura contemporanea soprattutto in Gran Bretagna di esibire le strutture funzionali "nude" degli edifici, soprattutto di quelli pubblici. Richard Rogers, l'architetto che ha realizzato il T5, è ossessionato a quanto pare da questa forma di brutalismo post-litteram, e non si risparmia: sembra di stare dentro uno spaccato di una struttura, non dentro la struttura vera e propria. Comunque, l'approccio è più che razionale e lo spazio, estremamente luminoso, ha il vantaggio di far respirare i passeggeri alleviando lo stress del viaggio (sia per chi ha paura dell'aereo che per chi ha problemi con i bagagli). La segnaletica non è neanche lontanamente all'altezza dell'ottimo mondiale, cioè a mio avviso l'aeroporto di Schipol, ma non è comunque malaccio. Si vede che se non altro è stata pensata in maniera razionale (colori diversi a seconda del tipo di messaggio) e la singola copertura larga 90 metri valorizza sicuramente il prezzo pagato (4,3 miliardi di sterline per un progetto iniziato nel 1982.
Da solo il T5 con l'accoglienza contemporanea per 60 aerei è capace di gestire un traffico annuo di 30 milioni di passeggeri, cioè da solo fa la metà del resto di Heathrow e porta il totale potenziale di passeggeri dello scalo londinese a 90 milioni. I negozi, circa 100, sono purtroppo tutti di livello medio alto (dalla filiale di Harrod's sino ai soliti elettronica fighetta, videogiochi e duty-free sommersi di profumi, sigarette e abbigliamento).
Il giudizio alla fine è moderatamente positivo: a me non piace Heathrow in generale, mi dà l'idea di una lasagna con gli strati che si sono accumulati nei decenni e il caos che straborda come il ripieno della pietanza da tutte le parti.
Se vi capita di atterrare o decollare da quelle parti, fatemi sapere che ne pensate...
A me non piace questa ossessione dell'architettura contemporanea soprattutto in Gran Bretagna di esibire le strutture funzionali "nude" degli edifici, soprattutto di quelli pubblici. Richard Rogers, l'architetto che ha realizzato il T5, è ossessionato a quanto pare da questa forma di brutalismo post-litteram, e non si risparmia: sembra di stare dentro uno spaccato di una struttura, non dentro la struttura vera e propria. Comunque, l'approccio è più che razionale e lo spazio, estremamente luminoso, ha il vantaggio di far respirare i passeggeri alleviando lo stress del viaggio (sia per chi ha paura dell'aereo che per chi ha problemi con i bagagli). La segnaletica non è neanche lontanamente all'altezza dell'ottimo mondiale, cioè a mio avviso l'aeroporto di Schipol, ma non è comunque malaccio. Si vede che se non altro è stata pensata in maniera razionale (colori diversi a seconda del tipo di messaggio) e la singola copertura larga 90 metri valorizza sicuramente il prezzo pagato (4,3 miliardi di sterline per un progetto iniziato nel 1982.
Da solo il T5 con l'accoglienza contemporanea per 60 aerei è capace di gestire un traffico annuo di 30 milioni di passeggeri, cioè da solo fa la metà del resto di Heathrow e porta il totale potenziale di passeggeri dello scalo londinese a 90 milioni. I negozi, circa 100, sono purtroppo tutti di livello medio alto (dalla filiale di Harrod's sino ai soliti elettronica fighetta, videogiochi e duty-free sommersi di profumi, sigarette e abbigliamento).
Il giudizio alla fine è moderatamente positivo: a me non piace Heathrow in generale, mi dà l'idea di una lasagna con gli strati che si sono accumulati nei decenni e il caos che straborda come il ripieno della pietanza da tutte le parti.
Se vi capita di atterrare o decollare da quelle parti, fatemi sapere che ne pensate...
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