ALLORA, NON ERO fuggito all'estero. Sono rientrato, mi sono guardato intorno, sento e percepisco il cambiamento climatico in corso (per cui passeremo tutti dalla lamentazione delle temperature sahariane alla stagione autunnale dei monsoni lamentandoci della continua pioggia con fiumi che straripano e colture rovinate), intuisco anche il cambiamento culturale e politico. Soprattutto quello relativo al calcio e a tutti gli annessi e connessi.
Ma un punto, soprattutto, � per me rilevante. Non parler� del mio ombelico, ma di qualcosa che sta qualche decina di centimetri pi� in alto. Del mio molare inferiore sinistro. Me lo porto a giro, il mio caro settimo sx, da parecchi anni. E' uno di quelli che nel tempo hanno chiesto un investimento maggiore in termini di cura e manutenzione: otturazione centrale, seconda otturazione vestibolare, microfrattura causata dal bruxismo, infiltrazione e terza otturazione, seconda microfrattura, ulteriore cedimento, fino ai giorni nostri. Il martoriato ammasso di calcio, ridotto a due piccole scogliere scavate da un piccolo lago di composito, sabato scorso non ce l'ha fatta pi�. E la parete est, quella esterna, ha ceduto. E' rimasta conficcata nel morbido cuscino della gengiva ma si � rotta, fratturata, spaccata in due pezzi.
Dolore? Sofferenza? Senso di precaria transitoriet�? Affanno e afflizione per la perdita di una parte di me che mi porto in bocca da quanto, venticinque-ventotto anni? Pensiero distorto, il paracadute sociale, il costo del dentista, il servizio pubblico, la Casagit (che non ho) e quant'altro? No, niente di tutto questo. Mastico dall'altra parte, evito le pressioni improvvise, tengo i denti ancora pi� puliti e attendo. Attendo come l'insettone di Kafka con la mela piantata tra due segmenti del suo carapace, come il tenente di Buzzati attende vegliando sul deserto da cui devono provenire i tartari. Attendo che il mio cazzo di dentista torni dalle vacanze. Si � preso dieci giorni con effetto immediato proprio mentre il mio molare cedeva forse per l'ultima volta. Lui serrava la valigia con uno scatto secco, una patatina fritta di McDonald strangolava in modo soffice il mio sinistrato dentino. Destino cinico e baro. Sorte r�a e anche un po' peripatetica. Lui decollava dall'aeroporto di Firenze, destinazione "la Mitteleuropa, sai, nessuno ci va mai, tutti in Grecia o sulle spiagge del litorale siculo e sardo, ma la Mitteleuropa ah che bello, quella s� che � vita, i castelli, la birra, le passeggiate, le pinacoteche, i wurstel", mentre io mi accasciavo gemendo sul letto. Attendo, cazzo. Non cedo. Attendo. E quando torna, mi far� anche male. Ma io attendo.
26.8.03
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