7.6.04

La fine della posta elettronica

SONO DUE SETTIMANE che mi rimbalza in testa l'email. In pratica, da quando ho scritto una roba sullo spam per il Sole 24 Ore, continuo a ricevere email e leggere altri articoli su questo argomento. Tutti che dicono, in buona sostanza: guarda, gira troppo spam, l'email sta diventando inutile. Probabilmente la chiuderanno e passeremo a qualcosa d'altro.

Poi, leggendo questo articolo di Wired che racconta come mai Lawrence Lessig non risponde più all'email (ne riceve troppe...) mi e' venuto da pensare: e se l'email stesse si' arrivando al limite, ma non per via dello spam, bensi' delle nostre capacita' di essere in relazione con il mondo? Richiede troppo tempo cercare di costruire il filo di un numero che cresce esponenzialmente di conversazioni. Magari non capita a tutti, ma piano piano, mentre la vita sociale e lavorativa si sposta sempre di piu' sulle infrastrutture digitali, le relazioni non diventano solo piu' veloci, ma aumentano anche di numero.

Seduta vicino a me c'è una ingegnere del Politecnico che probabilmente dissentirebbe. Di solito gli ingegneri dissentono a questo tipo di argomentanzioni perche' vedono del fatto tecnologico solo il risultato piano e non quello implicito. Non e' nuovo che ci siano numeri molto elevati di individui che cercano di comunicare con un soggetto (pensate all'ufficio di corrispondenza per le star della Warner Bros., ad esemipio), ma mai come adesso sta accadendo a molti di noi. Gente qualunque, che riceve durante la giornata dieci, venti email. Piu' altre dieci private. Piu' quelle che portano notizie da liste e cose del genere. Il rumore aumenta, le istanze di comunicazione anche. E noi, singoli, non abbiamo ne' l'addestramento ne' la volonta' di seguire questo giochino. Che anzi, alla lunga e' anche molto ansiogeno...

Secondo me questa, piu' che lo spam, potrebbe essere una spiegazione del motivo per cui in tanti celebrano la prossima fine dell'email come la conosciamo...

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