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Ok, sino a qui sembra tutto chiaro: le generazioni sono un esercizio semplice, stanno alla storia come la statistica sta alla matematica. Apparentemente. Ma è più complesso, secondo me, perché tocca in realtà la sociologia e la storia. Altrimenti è simile all'esercizio di chi gestisce un allevamento di vitelli. Vediamo in che modo si può complicare la questione.
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Il lavoro di Strauss e Howe ha un limite, per il lettore del nostro paese: il riferimento è completamente orientato al mondo statunitense (o anglosassone, per quanto riguarda i presupposti). Quella la cultura, quella la storia, quella la società sotto la lente dei due studiosi. Dopotutto, si capisce anche dal sottotitolo: The History of America's Future, 1584 to 2069. Ma la loro teoria, ripresa e perfezionata anche nel successivo The Fourth Turning del 1997 e in altri libri, è lo stesso intrigante.
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Torniamo a Generations. Gli autori stabiliscono che la storia procede per ere. Quattro ere (loro le chiamano turnings, ordinate sempre in maniera lineare, come le stagioni: Era superiore, Era del risveglio spirituale, Era dello svelamento (o della districazione, unravelling nell'originale) e infine Era della crisi. Ciascuna di queste ere ha delle caratteristiche proprie e immutabili dal contesto in cui si trovano e vengono ad essere declinate.
La prima è quella della prosperità, delle istituzioni stabili, della felicità, di solito dopo una guerra o dopo qualche grosso problema che ha rivoltato la società. E' anche un'era molto laica, concreta. La seconda è piena di idealismo, di giovani che rompono le convenzioni e ritrovano una spiritualità antica ma non più sentita e allo stesso tempo nuova. La terza è selvaggia, irrefrenabile, cinica, concreta: la corsa all'oro, i ruggenti anni Venti, l'era di Wall Street negli anni Ottanta. La quarta, quella della crisi, è l'attuale: casini, scuotimenti, messa in discussione della società e del suo "bene", guerra, rivoluzione, crisi.
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I turning point, le svolte che fanno passare da un'era all'altra, sono indicati da eventi simbolici. Un po' come l'assassinio dell'erede al trono austroungarico, l'arciduca Francesco Ferdinando, che è considerato un evento simbolico per dipanare la matassa delle cause della Prima guerra mondiale e mettere un punto fermo tra gli storici. In quel caso è da intendersi come evento scatenante di qualcosa di già costituito nelle sue premesse, nel nostro dei turning point, invece, l'evento simbolico caratterizza l'inizio di una nuova fase che diverge dalla precedente.
Il rapporto tra le quattro ere è di alternanza tra assoluti e relativi, come per le stagioni atmosferiche: tra una crisi e un risveglio c'è un'era di solidità e forza, mentre tra un risveglio e una nuova crisi c'è un selvaggio disvelamento, un potente e rapace cinismo.
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Gli Idealisti nascono durante un'era superiore, crescono durante il risveglio, maturano durante il selvaggio disvelamento e invecchiano durante la crisi. Hanno delle caratteristiche chiare: non combattono guerre in prima persona, sono uomini di principio e di diritto, cerebrali, che inneggiano al sacrificio e alle guerre giuste.
I Nomadi nascono durante un risveglio, la loro crescita passa attraverso l'era del disvelamento, sono maturi durante la crisi e invecchiano in una nuova era superiore. Sono leader realisti, difficili da prendere in giro, guerrieri taciturni che affrontano i problemi e gli avversari uno alla volta.
Gli Eroi nascono nell'era dello svelamento, crescono durante la crisi, sono adulti nell'era superiore e invecchiano durante il risveglio. Sono infatti vigorosi, costruiscono le istituzioni, hanno capacità di guidare e competenza da anziani. Vogliono il progresso, la prosperità economica, l'armonia sociale e l'ottimismo pubblico.
Infine gli Artisti, che nascono durante una crisi, crescono nel nuovo dell'era superiore che segue, sono maturi nel risveglio e invecchiano nello svelamento. Loro sono difensori della giustizia, della correttezza, dell'inclusione politica. Irreprensibili nel fallimento.
Una notazione interessante, in chiusura: le generazioni non sono date da classi di età omogenee. Cioè non si contano direttamente sugli anni ("ogni quindici anni, una nuova generazione"), ma sono modellate sulle forme che le ere assumono nella storia. Per esempio, nel Millenial Saeculum, che sarebbe poi quello nostro dal 1943 al 2006, ci sono quattro generazioni.
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Quindi, il concetto di generazioni è un po' più complesso, come abbiamo visto. E lo è ancora di più se si guarda maggiormente da vicino il lavoro di Strauss e Howe. Ma non solo, perché in realtà c'è una grande variabile esterna che influisce e che modella questo tema. Si chiama segmentazione del marketing, e spinge con forza ideologica fortissima per creare strutture e sistemi coerenti tali da tagliare la società in ambienti più piccoli ed omogenei. Per trasformare la generica audience in specifici pubblici. Ma non crediate che questo processo possa avere effetti solo sui conti economici di chi vende succhi di frutta e mozzarelle... No, ha un impatto nella società molto più ampio, come vedremo. Quindi, stay tuned: more to come!
1 commento:
Analizzare i fenomeni seguendo un ciclo quasi biologico (nascita-sviluppo-vecchiaia-morte) è una prassi che risale molto indietro nel tempo. Questo discorso sulle generazioni mi ha fatto pensare inevitabilmente alle età di Esiodo: età dell'oro, dell'argento, del bronzo, del ferro. Oppure al pensiero, già chiaramente espresso da autori antichi, relativo all'Impero romano, secondo il quale al momento di grande espansione, raggiunto dopo secoli di preparazione, doveva necessariamente seguire un momento di decadenza, fino all'estinzione completa che preludeva alla rinascita di un altro Impero. Lo stesso discorso valeva per l'arte, e in questo caso le teorie di Plinio il Vecchio hanno attraversato i secoli fino a influenzare gli studiosi ottocenteschi. In pratica, sembra che l'uomo, nella sua esigenza di sistematizzare tutto, debba per forza creare una griglia di riferimento mentale, nella quale le origini sono migliori del momento attuale, i nostri predecessori sono stati migliori di noi, noi viviamo un momento di decadenza, siamo nani sulle spalle di giganti (quando va bene). Non so, questo tipo di discorsi mi affascina e allo stesso tempo mi spaventa, forse perché cercare risposte a interrogativi complessi rifacendosi al ritmo naturale della vita umana, che già per questo è tranquillizzante, mi sembra molto simile allo slogan che accompagna gli schemi di Sudoku: un'unica regola da seguire per risolvere il gioco, dalla versione "facile" a quella "diabolica".
D'altro canto non è esatto nemmeno questo, e il tuo punto di vista è, giustamente, quello della definizione di un termine come "generazione" in cui concorrono molte variabili.
Dunque, "more to come"! non posso dire altro che "I'll be waiting"!
Ste
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