6.7.06

Corporations

MI ERA RIMASTA in sospeso: ieri in redazione - posto in cui mi reco con piacere ma non sede della mia attività, dato che "lavoro da fuori" - ho chiesto a un paio di colleghi facendo il vago: "Ma tu lo sai se sono iscritto all'albo dei giornalisti oppure no?". E' risultato in maniera unanime che non lo sanno. Potrei come non. Eppure, il giornalista lo faccio lo stesso, sul Sole 24 Ore e altre testate ci scrivo. Di alcuni colleghi (non assunti, per i quali l'iscrizione se non altro nella lista dei praticanti è automatica, poi magari l'esame non lo passano ma questa è un'altra storia) non saprei dire neanche io. Saranno pubblicisti? Professionisti? "Normali cittadini"?

Di "privilegi", almeno l'ultima volta che ho cercato di sgattaiolare quantomeno con lo sconto analogo ai militari o pensionati al cinema a rivedere - per la terza volta, causa amici inflessibili - il solito film, pare che non ne esistano (c'è la tessera dell'Agis, ma pare l'Agis la dia in prevalenza agli amici suoi, non necessariamente giornalisti, e comunque se il cinema non è Agis, ciccia). Niente sconti sui treni, sui tram, sugli aerei (salvo che facendo le tesserine tipo club Eurostar, come tutti gli altri, o iscrivendosi a qualche strana associazione; da notare che qualunque dipendente di un'azienda con più di duecento persone ha un mobility manager che può stipulare convenzioni assai convenienti con i servizi di trasporto pubblico). Insomma, al di là dei 110 euro all'anno che si pagano all'ordine e qualche tenue misura relativa ad un parziale segreto professionale (che interesserà Bonini e D'Avanzo, eventualmente, non me), noialtri flessibili carpiati a orologeria fritto misto che poi a quanto pare siamo la maggioranza di quelli che riempiono giornali, riviste, radio e televisioni locali per non parlare di quelle nazionali chissenefrega se siamo iscritti o no all'Ordine.

Ecco, allora, per cortesia, la smettiamo di rompere le palle con questa storia della corporazione dei giornalisti? Se c'è una corporazione, è informale ed è fatta di amici e amici degli amici, non di giornalisti. I notai sono una corporazione (medioevale), i dentisti sono una corporazione, i taxisti sono una corporazione. I giornalisti sono tendenzialmente disoccupati e precari, tanto quanto quegli altri che lavorano a cottimo e ritenuta d'acconto, oppure (pochi) sono occupati a tempo pieno esattamente come i dipendenti di altri mille tipi di attività, dai metalmeccanici ai camerieri. E vi ricordo che di lavori che richiedano preliminarmente una specializzazione in carta da bollo, dai contabili ai commessi, ce n'è parecchie.

Poi, se vogliamo abolire l'Ordine dei giornalisti, o far sentire esclusi per demeriti non loro quelli che non lavorano come giornalisti "perché non siamo iscritti alla corporazione dell'Ordine", è un altro discorso.

Nessun commento: