22.1.07

Chateau Laurier

LA LEGGENDA LOCALE vuole che il presidente della Grand Trunk Railway, Charles Melville Hays, si aggiri la notte tra i corridoi riccamente decorati del Fairmont Chateau Laurier di Ottawa, dove mi trovo adesso. Il motivo per cui l'anima dell'uomo che aveva autorizzato la costruzione di questo colosso in stile franco-hollywoodiano sarebbe ancora legata al nostro mondo e alla sua creatura in particolare è dovuta ad un tragico dettaglio: Hays stava rientrando dalla Gran Bretagna proprio per l'inaugurazione dell'albergo prevista per il 26 aprile 1912, quando la nave da lui scelta per valicare l'Atlantico fece un brutto incontro con un iceberg. Si trattava del Titanic (pensa te che sfiga, tra tutte le navi...) e fra i 1.500 morti del disastro più celebrato della storia ci finì anche lui, in data 14 aprile dello stesso anno.

L'albergo, del gruppo Fairmont (che è nato a San Francisco non a caso e con una straordinaria villa-hotel in cui prima o poi riuscirò ad entrare), è opera di Bradford Lee Gilbert e dello studio canadese Ross e Macfarlane; la storia del gruppo Fairmont è abbastanza complessa e varrebbe una trattazione a parte: ne parleremo quindi altrimenti. Lo Chateau Laurier (Wilfrid Laurier era il Primo ministro canadese nel periodo tra il 1906 e il 1912 quando l'hotel venne inaugurato) è chiamato anche "il terzo ramo del Parlamento" non solo perché sorge di fronte alla sede delle Camere federali canadesi, ma anche perché qui nel tempo si sono dati più volte appuntamento i leader politici locali e di tutto il mondo. Quando il Canada era centrale, prima della Seconda guerra mondiale, Churchill veniva a fumare sigari e bere cocktail martini nella Zoé's Lounge dove ho cenato stasera solo soletto.

A Ottawa oggi fa freddo. La Lincoln Town Car che mi ha portato dall'aeroporto di Montreal sino a qui ci ha messo più di due ore, attraverso una lenta e semideserta autostrada che taglia in due foreste avvolte nel niente. In città ci sono -18 gradi; c'è chi dice che siamo fortunati perché non c'è vento, io mi accontento anche così: il Canada mi pare un cambio non poi così vantaggioso per i giovani americani che non volevano andare a combattere in Vietnam, tutto sommato. Ma forse sono io che sono freddoloso. Adesso vado a letto e cerco di capire se Mr. Hays stasera passeggia al secondo piano oppure ha altro da fare (ascoltare la moglie Zoé che suona il pianoforte?).

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