27.4.07

Quando si dice il caso...

IERI SERA GUARDAVO al computer Douane Hopwood, probabilmente il più interessante tra i film indipendenti girato per di più da uno degli attori-chiave di Friends, cioè David Schwimmer. Quello, peraltro, tecnicamente più bravo - lo si apprezza di più in lingua originale, anche perché si è beccato il doppiatore meno adatto in italiano.

Il caso è che il film lo danno stasera su Sky, ho letto sul Corriere. E' del 2005, ambientato ad Atlantic City ed è fondamentalmente la storia di un alcolizzato che perde tutto, lavoro moglie e figlie, preparandosi però a ripartire verso una nuova vita dalle macerie fumanti di quella precedente.

L'immagine neanche tanto in filigrana sarebbe dunque quella della seconda chance, ed è ben interpretata da Schwimmer, che riesce a tirare fuori un lato oscuro a luce attenuata, non completamente buio, presente in tutti noi. Il rischio, non totalmente evitato (basta vedere l'ultima scena in tribunale, nel quale la giudice si quasi-commuove al pistolotto "io amo mia moglie e i miei figli", oppure il doppio pranzo del Ringraziamento, che mostra le direzioni prese dalle due nuove famiglie) è di cadere nella retorica e nel melò. Schwimmer, però, sostanzialmente riesce nel difficile esercizio di equilibrismo tra il suo precedente ruolo con Friends e quello del personaggio iper-realistico.

L'ambientazione, una Atlantic City che dà l'idea di come Las Vegas potrebbe diventare in caso di un conflitto nucleare, è però probabilmente il maggior protagonista della pellicola. Il film in ogni caso si fa vedere più che volentieri. Era destinato fin dal principio allo schermo di casa e non al grande schermo, come ambizione interiore. Bella la fotografia. Un piccolo dubbio è capire se questo film rappresenta il tentativo di tirar su una nuova leva di attori cinematografici generaionali (in contro-tendenza, visto che adesso cercano tutti di fare telefilm) partendo dalla classe rappresentata da Friends, oppure se si cerca di costruire un pubblico generazionale sullo spirito del tempo che Schwimmer e una serie di altri registi e attori sanno impersonare. Personaggi in cerca di pubblico o pubblico in cerca di personaggi?

Non è finita. Infatti è strano che sia venuta fuori questa coincidenza di visione (mia) e palinsesto (Sky) proprio con il Corriere di oggi, dove infatti anche altri elementi sembrano inseguire le mie letture e le mie idee. Segnalo per questo un editoriale di Massimo Gaggi (con lui le sovrapposizioni di pensiero e sensibilità giornalistica stanno diventando inquietanti, dovremo un giorno incontrarci) in cui si gira intorno all'idea che siano i nuovi filatropi e benefattori americani - dai Warren Buffet ai Bill Gates - quelli che si stanno prendendo cura dello stato sociale.

Avevo sostenuto privatamente questa tesi più di un anno fa, quando lavoravo al progetto della rivista trimestrale Almanacco della Csr sulla responsabilità sociale d'impresa: il nuovo Capitale, quello delle grandi aziende e della corporate America sta portando avanti una sua idea di stato sociale in cui il welfare è sostituito in buona sostanza dalla beneficienza delle industrie. Si restituisce qualcosa di quel che si è preso. Manca però una organicità di progetto e visione - aggiungo io - e quando in Italia si è cercato di fare qualcosa di simile si è sostanzialmente teso a creare nicchie dalle quali far soldi, anziché istituzionalizzare la figura del buon samaritano.

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