
La storia valvola, che per la lettura di un libro sulla storia della Silicon Valley sto per la prima volta approfondendo (non che ci volesse molto: bastava iscriversi alla Scuola Radio Elettra...) è molto interessante. A cavallo tra gli anni Venti e il Secondo dopoguerra tutti i maggiori avanzamenti tecnologici nel design e nella fabbricazione delle valvole (che sono bestie difficili, visto che stanno dentro una campana di vetro sotto-vuoto) derivano da una competizione spintissima e da una inflessibile normativa sui brevetti. In pratica, il 90% delle innovazioni derivano dagli sforzi che i ricercatori delle diverse aziende dovevano fare per arrivare agli stessi risultati bloccati perché già brevettati da altri. Il lato positivo era che i brevetti erano pubblici e che le valvole erano una tecnologia in cui l'analisi "a vista" e il reverse-engineering sono abbastanza semplici (non è lo stesso per il software compilato).
La riflessione successiva parte proprio da qui: all'epoca l'esistenza di una open-vacuum-tube licence avrebbe reso praticamente impossibile l'impressionante avanzamento tecnologico di quel trentennio togliendo la principale motivazione. Un po' come quelli che se non hanno dei vincoli e delle scadenze imminenti e assoluti non riescono a lavorare creativamente. Ecco, perché allora per il software questo deve essere un dogma indiscutibile? Non è che la presenza del "closed source" e soprattutto della legislazione sui brevetti ha spinto a una maggior innovazione che non l'"open source" e le licenze Gpl? Non sto parlando di innovazione incrementale (che l'Open Source sicuramente garantisce) ma quella distruttiva, che fa fare un salto di paradigma.
Bisognerebbe probabilmente cominciare a ragionare in maniera un po' più complessa di quanto non abbiano fatto Stallman, Lessig e Benkler. Cioè, vedere il quadro più generale e non solo l'aspetto "destruens" della rivoluzione delle reti. Magari provando a fare un po' di ordine tra concetti e piani diversi, anziché fare un frittomisto di tutto. Stai a vedere che il neo-dogmatismo "open" che impera alla fine non è una cosa buona...
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