29.11.07

Regole d'ingaggio

VADO A LETTO con tre idee in testa. La prima, è che la mia lotta contro le dipendenze procede bene. Non vi spaventate, non sono dipendenze illecite: mi riferisco a quelle cose un po' inutili che ti fanno disperdere tempo ed energie. Ad esempio, la televisione (che non guardo sistematicamente a questo punto da anni), oppure l'overload dei feed rss (anche quelli: vanno bene ma alla lunga diventano un delirio da seguire).

La seconda idea è conseguenza della prima: perché riguadagnare tempo? O meglio, perché suddividerlo così nettamente come sto cercando di fare, proprio io che sono sempre stato un "artista della divagazione"? L'idea me l'ha data un po' di tempo fa questo, un articolo-guida pubblicato anni addietro sul sito web di una associazione della Columbia University. In pratica, suggerimento per gli studenti del college su come si studia (e non si perde tempo). Mentre lo leggevo, mi è venuto in mente che è praticamente quello che faccio io nel mio tempo lavorativo: divago un po' troppo. È arrivato il momento di rimettersi nella direzione giusta.

E siccome fa parte del mio lavoro anche leggere libri - i libri che mi piacciono e mi nutrono - stasera la terza idea è che mentre mezza Italia se ne stava beata a seguire il comico natalizio di turno (quello che fa le lezioni che faceva il mio prof. d'italiano al ginnasio, spacciandole da anni per la rivoluzione culturale del Paese), me ne sono stato sul divano con un sottofondo musicale appropriato a leggere Regole d'ingaggio, il reportage sulla strage di Al-Haditha del 19 novembre 2005 di William Langewiesche che Adelphi ha pubblicato nell'economicissima e gustosa serie Biblioteca minima. Straordinario pezzo di giornalismo (questa volta uscito per il nuovo giornale per cui lavora, cioè Vanity Fair e non più Atlantic Monthly) che probabilmente viene sistematicamente ignorato dalle nostre scuole di giornalismo.

Adesso, quattro minuti prima di mezzanotte, me ne vado a letto soddisfatto.

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