26.3.08

La modista e altre storie dalla never never land di Bellano

C'È CHI LO definisce senza tentennamenti come "sublime, perfetto, bravissimo". C'è chi dice che il medico condotto di Bellano, in provincia di Lecco, "oramai in prestito permanente alla letteratura" si sia ritagliato un suo posto tra gli autori italiani. È un piccolo fenomeno di provincia, Andrea Vitali, che ha fatto del suo piccolo paese lacustre e del suo felice controllo della lingua italiana (sempre croccante, scherzosa, al limite del dialettale ma con la trasparenza di un italiano limato da traduttore), il motore dietro il successo dei suoi romanzi, animati da piccoli ed equilibrati congegni narrativi che non stancano neanche dopo l'ultima riproposizione. Il suo ultimo romanzo, La modista, è ambientato come la mezza dozzina dei precedenti a Bellano, paese reale e fantastico, in cui alla toponomastica favolosa si sovrappone un'ancor più favolistica capacità di trovare nomi per i suoi personaggi: la guardia notturna Firmato Bicicli, l'appuntato dei Carabinieri Marinara e il suo siculo superiore maresciallo Accadi, la bella modista Anna Montani e il suo compagno Romeo Gargassa, il giovane giornalista benestante Eugenio Pochezza e la di lui madre, Eutrice. Oppure il Fès, il Ciliegia e il Picchio, i tre giovinastri del paese, insieme alla Austera Petacchi, cuoca di casa Pochezza, e la figlia Ersilia.

Un microcosmo che Garzanti, l'editore del fenomeno di provincia (compiaciuto dal crescente successo del suo "puledro" nato in verità per i tipi di Camunia), propone con l'etichetta di "Commedia all'Italiana", intendendo (io credo) la commedia alla De Sica padre, quella dove Mastroianni giovane, Sordi giovane, Manfredi giovane, si accompagnavano alle Loren, alle Bosè, alle Lollobrigida. A questo si unisce ovviamente anche l'altro aspetto, giocato sulla memoria e che fa da determinante del successo: l'ambientazione a cavallo tra la prima e la seconda guerra, il primo e il secondo dopoguerra, l'Italia in camicia nera e quella della Repubblica neonata. Un'ambientazione che da sola attrae e rende colorite le descrizioni d'ambiente essenziali, al limite dell'inesistente.

I meriti di Vitali sono tanti: azzecca le maschere e le atmosfere, controlla la lingua, ha ritmo e fa seguire con piacere l'entrata e l'uscita di scena dei suoi personaggi. La sua passione per la scrittura mainstream, paragonata a Piero Chiara (che era in effetti di quelle parti) e a Guareschi (più che altro per la serialità dei personaggi) pare a metà fra lo sceneggiato Rai (già me li vedo a discutere dei diritti per il passaggio televisivo) e la leggerezza un po' andata a male sul lungolago. Vitali si prende anche il permesso di sperimentare un po', tra lingua e dialetto, ma sempre con garbo. Gli interessa invece esplorare le maschere della provincia lacustre (da ragazzino io andavo a fare i ritiri spirituali ad Eupilio, a pochi chilometri di distanza) che azzecca nel suo lato bonaccione e di storie da raccontare tra amici.

Già, quali storie? Come ogni bravo medico condotto, Vitali riesce a cogliere i due lati di ogni storia: quello da favola, da racconto della provincia, e quello più forte, fosco, della vita densa di fregature e porcate. L'aspetto magico e quello "fisiologico". Il miracolo non è nella collezione di aneddoti e di intrecci della trama, se miracolo vogliamo definire l'equilibrio delle composizioni di Vitali. Quello che tocca e che vale davvero è la capacità di stare a metà fra la vita vera, che si brucia e si abbrutisce, velandola con il distacco della vita di paese, in cui i desideri e gli errori, i drammi e le tragedie sono sempre presi un po' in tralice, un po' di sfuggita. A Vitali, più che l'etichetta di Piero Chiara, suo corregionario ma ammalato di tutt'altro male, toccherebbe invece quella di P. G. Wodehouse. Con meno humor surreale e britannico distacco ma con lo stesso desiderio di costruire una never never land, uno stato della mente in cui si incontrano l'adulto e il fanciullo, senza confini di tempo e di spazio. È la dimensione della storia, quella che si può raccontare a pranzo o in salotto con le signore e i bambini presenti, perché i piani di lettura sono molti e l'orrido rimane confinato nella mente di chi ne ha già fatto l'esperienza.

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