28.5.08

Boom!

DEVO DIRE LA verità, quest'anno la cosa secondo me stava passando abbastanza sotto tono. Cioè, l'altro giorno stavo andando in Liguria, in treno con il cameraman per fare un servizio video (il multiforme e prometeico giovane autore...) e chiacchierando con questa straordinaria figura di algerino berbero, laureato in fisica, fuggito durante la rivoluzione nell'est Europa e poi arrivato prima al cinema e poi alla televisione (cioè, macchinisti e attrezzisti cinema e service televisivo) che è il mio cameraman, scappa fuori che è nato a maggio del 1968. E gli dico: "wow, proprio a maggio". E lui mi dice, "ma lo sai che non se ne accorge nessuno qui da voi che era a maggio il '68? E insomma, mentre eravamo tutti pieni di questi nostri pensieri sulla storia che ti passa davanti a cavallo e la gente non ci fa mai caso, mi è venuto in mente di nuovo e con urgenza che volevo e dovevo scrivere di questo libro che ho letto nei giorni scorsi e che se continua così finisce che poi non ne scrivo mai.

Il libro si chiama Boom. Storia di quelli che non hanno fatto il '68. Ed è un libro straordinario. Soprattutto se siete nati fra il 1953 e il 1964 e il '68 non l'avete per l'appunto "fatto", ma al limite vissuto da ragazzini. Ma prima c'è un disclaimer. L'autore, Fausto Colombo, ho l'onore di conoscerlo molto bene. Di lavorare, nel mio piccolo, con lui. Anzi, di aver seguito il suo pensiero come docente universitario (insieme a quello degli altri amici e studiosi dell'Osservatorio sulla Comunicazione della Cattolica). Anzi, di essere un po', nel mio piccolo, anche suo amico. Quindi, non pensiate che ci sia un interesse diverso da quello che è nato prepotente di scriverne vincendo l'imbarazzo di dire "non posso scriverne" perché lo conosco. Ne scrivo nonostante lo conosca - e bene, perché è un libro davvero straordinario.

Il punto è che Fausto è un accademico acuto ma soprattutto una persona acuta e di spirito. Con La cultura sottile ha tracciato l'inizio di un percorso poliedrico e raffinato sull'industria culturale italiana. Un approccio in cui la semplicità e lo spessore erano a tratti preponderanti, in dialettica creativa. E che prosegue adesso, mentre altri libri hanno una valenza più carsica oltre che accademica, con questo approccio generazionale a chi siamo noi, in quale paese abitiamo, chi sono i nostri vicini.

Le 255 pagine pubblicate da Rizzoli (16,50 euro) le ho viste per la prima volta in libreria pochi giorni fa e le ho prontamente divorate. L'unico salvagente durante il mio personale carpiato-flash delle ultime ore. Ho percorso con crescente passione la strada che poggia sulla massicciata robusta degli studi e delle ricerche empiriche condotte da Fausto con l'Osservatorio, i ricordi e le testimonianze raccolte e le geniali, rapide intuizioni che accompagnano il racconto di un "com'eravamo" che ha l'attualità di un "come siamo" e in alcuni casi di un come saremo.

Ho attraversato questo mondo colorato e ricco, chiedendomi quanto schiacciante debba essere stata negli anni la responsabilità di mettere insieme in una forma che produca senso la messe sterminata di pensieri, di azioni, di passaggi quotidiani che disegnano e ricordano come tribali stampati sulla nostra stessa pelle la nostra storia e la nostra biografia. E ho cominciato a capire le analogie con la Cultura sottile, la dialettica tra la semplicità della scrittura e lo spessore dell'approccio, tra la profondità del pensiero e la piacevole freschezza della parola che questa generazione nel complesso e soprattutto Fausto nel particolare stanno dimostrando di avere. E ho pensato che avrei voluto regalarlo ai miei genitori o ai miei zii. Ma che poi loro non rientrano in questa determinata generazione, e si sarebbero chiesti perché questo regalo proprio a loro. E me ne sono dispiaciuto. Dispiaciuto che i miei non avessero un'altra età anche solo per poter regalare loro questo libro. Mi sono fermato. A quel punto infatti ho capito che, nonostante il pudore dell'amicizia, dovevo scrivere queste righe. E le ho scritte.

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