6.10.08

Un grande paese chiamato America

LUI SI CHIAMA John D. Cerqueira. Nazionalità statunitense ma origine portoghese. Carnagione olivastra e capelli folti e neri. Spesso, dice, lo scambiano per un mediorientale. Il 28 dicembre del 2003 si imbarca all'aeroporto Logan di Boston su un volo American Airlines con destinazione Fort Lauderdale, Florida. Finisce seduto accanto a due uomini israeliani. Schiacciato nell'improbabile sedile di mezzo della fila da tre, chiede con un certo nervosismo almeno un posto sull'uscita di emergenza che gli viene rifiutato. Stizzito, rimane dieci minuti nel bagno (per un mix di bisogni propri e voglia di stare probabilmente seduto più comodo). L'aereo ha imbarcato ma non ha ancora chiuso il portello.

Il comandante (o capitano, come si dice negli Usa) aveva già avuto problemi con uno dei due uomini di nazionalità istraeliana prima dell'imbarco e, seguendo anche le segnalazioni del personale di cabina (senza conoscerne la nazionalità o vederne l'aspetto fisico, dichiarerà poi), decide di far sbarcare i tre "per motivi di sicurezza". Insomma, sono evidentemente mediorientali, rompiscatole, rumorosi, arrabbiati, potrebbero essere terroristi. American Airlines rifiuta di prenotare un nuovo volo a Cerqueira e invece pretende di chiudere la vertenza con il rimborso del biglietto. L'uomo va in tribunale cercando giustizia e risarcimento. Narra mihi factum, dabo tibi ius.

Una giuria federale del Massachusetts riconosce il diritto dell'uomo a vedere risarciti i danni subiti, che toccano addirittura la legge sui diritti civili statunitensi e principi costituzionali sacri a quel paese, e infligge una consistente multa da 400mila dollari ad American Airlines.

La First US Circuit Court of Appeals di Boston ribalta invece la sentenza: la priorità della compagnia aerea è la sicurezza, dice, che vale anche al di sopra delle discriminazioni sulla base della razza e della nazionalità d'origine. Il giudizio dei tre giudici incaricati dell'appello è all'unanimità.

Oggi, la Corte Suprema degli Stati Uniti ribadisce la tesi dell'appello:

Money quote: Oct. 6 (Bloomberg) -- The U.S. Supreme Court refused to reinstate a $400,000 jury verdict against AMR Corp.'s American Airlines, rejecting an appeal from a passenger who blamed racial discrimination for his removal from a flight and the airline's decision not to rebook him.

The justices, without comment, let stand a federal appeals court ruling that said safety takes priority over race neutrality on the nation's commercial airplanes. The lower court, in overturning the jury award, also said the pilot who made the removal decision wasn't aware of the man's race.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Purtroppo i pregiudizi ci sono, ci sono sempre stati e ci saranno, si può farli risalire a fattori psicologici, culturali o sociali, ma non scompariranno mai.Il perchè secondo me è semplice, può sembrare anche banale: i pregiudizi fanno parte della natura dell' uomo, li ha l' abitante più sperduto e più fuori dal mondo, come li ha l' abitante del paese piu civilizzato (o presunto tale) del mondo. Il problema secondo me nn è tanto il fatto che ci siano pregiudizi, ma il fatto che chi ha il potere riesce a legittimarli, a farli sembrare normali, giusti, necessari....bisognerebbe tirarsi fuori da questo silenzio di convenienza...e dire una volta tanto senza pensare alle reazioni degli altri: VERGOGNA...