22.5.09

L'arcobaleno del bello e il nostro daltonismo di massa

È SCOMPARSA A 86 anni nell'ottobre del 2007. Scozzese, Deborah Kerr è stata una delle attrici che più mi hanno affascinato per la strana e in qualche modo significativa parabola che per me vale come uno dei massimi esempi dell'idea di arcobaleno del bello attraverso le diverse stagioni della vita.

La Kerr ha partecipato ad alcuni tra i film che hanno definito un'epoca (piuttosto remota e che non mi appartiene, non ci sbagliamo), a cavallo degli anni cinquanta e sessanta: film come Da qui all'eternità (con il mitico bacio sulla spiaggia con Burt Lancaster), Il re e io con Yul Brynner, Tavole separate con David Niven, e lo strepitoso Un amore splendido con Cary Grant. E ha lavorato con quasi tutti i grandi del cinema hollywodiano dell'epoca: da Marlon Brando a Stewart Granger, più i già citati.

Lei è nata come ballerina, ha fatto teatro, ha girato una trentina di film, è stata candidata nove volte all'Oscar senza mai vincerlo. Ha vissuto una carriera alquanto ricca e complessa, basata sul duplice asse dell'avvenenza (la Kerr era una donna alta, con capelli dotati naturalmente di un forte colore rosso acceso) e della bravuta.

Ha lavorato per quasi tutta la sua vita; però, durante gli anni sessanta, ha abbandonato il cinema. Era il periodo verso i suoi tardi quarant'anni, quando la bellezza femminile sulla carta dei produttori deve essere sfiorita e sostituita con nuove, più giovani effimere creature. A portarla al sostanziale abbandono è stata però anche una nuova, inedita pressione del settore cinematografico americano, in cui stava avvenendo un fondamentale cambiamento del costume con il nudo femminile e il sesso sul grande schermo che diventavano mainstream. Una delle ultime apparizioni della Kerr "di spessore" è stata per la parte di una Bond-girl, peraltro la più anziana di tutte, a 46 anni.

A me quello che colpisce di questa donna è proprio questo: accanto a un talento appassionato e straordinario, che l'ha mantenuta in bilico tra i più alti riconoscimenti del suo settore e gli occhi del pubblico, c'è una forza naturale della sua femminilità (guardate ad esempio la progressione di foto che ho messo insieme qui sotto) che mi fa chiedere quante volte il canone imposto di bellezza cinematografica abbia privato gli occhi del pubblico del bello nelle sue naturali declinazioni.



Viviamo nel tempo delle ninfette e dei servi del lolitismo, della contraffazione dei corpi e della carne, oltre che degli spiriti. E invece avremmo, come abbiamo sempre avuto, sotto gli occhi un vero arcobaleno del bello che sfuma attraverso una lunga parabola tra colori e stagioni diverse. Siamo diventati tutti daltonici, invece, e vediamo solo una tinta, con poche sfumature. La vita è diversa, il bello (e quello che rappresenta) è molto di più di quella cosa misera che consumiamo ogni giorno insieme alla pubblicità commerciale e al consumismo dell'estetica.

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