CI SONO VARIE cose che non mi piacciono nella discussione relativa alla fine dell'editoria (libri e giornali) così come la conosciamo e la sua trasformazione in un modello differente. La prima è l'ambiguità di fondo sul termine libro e giornale: dal punto di vista degli editori di libri e giornali, sembra che si venda carta, e non che si vendano storie e informazioni. Se gli editori ritenessero che il loro business è quello di vendere storie e informazioni, saremmo già tutti digitali da un sacco di tempo, alla faccia di tutte le menate sul piacere della carta, la religiosità del libro, il profumo delle pagine e via dicendo.
Il vero problema è che gli editori in Italia non hanno ancora assaggiato la medicina di Amazon e degli altri che vendono libri in formato digitale, quindi temono di essere costretti a fare quello che qualsiasi industria strutturata odia: rimettersi in discussione e diminuire i margini attuali. E non serve spiegargli che così faranno la fine dell'industria musicale, perché quelli che devono prendere decisioni hanno la pensione a 5-10 anni di distanza e cercano di tirare a campare fino a quel momento.
Non dimentichiamoci, poi, che la problematica per quanto riguarda invece il mercato dei giornali in Italia è talmente fuori da qualsiasi sistema economico che chiamare "mercato" quello dei giornali e di chi ci lavora dentro come dipendente, è fare un torto grave al dizionario della lingua italiana. I giornali in Italia non possono fallire, i giornalisti non possono essere licenziati o spostati di mansione, tutte le altre figure ancillari del business hanno garanzie molto simili. Altrimenti, avete presente gli scioperi di piloti e personale di cabina che paralizzavano le compagnie aree dalle nostre parti? Stessa logica, stesso impatto devastante. E lo scrivo non per giustificare la vita degli editori, che Mark Twain aveva definito la razza più perfida di dannati imbroglioni a giro per la terra, ma perché è tragicamente così.
Adesso, non è chiaro quale sarà l'evoluzione tecnologica e sociale, ma è chiaro che ci sarà. L'importante è non ripetere lo stesso errore e immaginarsi che, dopo l'impero della carta, avremo la dittatura dell'E Ink. Invece, vediamo quale metodo è possibile per capire i cambiamenti. Paul Graham qui fa una bella analisi, soprattutto nella seconda metà.
Money Quote: I can see the evolution of book publishing in the books on my shelves. Clearly at some point in the 1960s the big publishing houses started to ask: how cheaply can we make books before people refuse to buy them? The answer turned out to be one step short of phonebooks. As long as it isn't floppy, consumers still perceive it as a book.
That worked as long as buying printed books was the only way to read them. If printed books are optional, publishers will have to work harder to entice people to buy them. There should be some market, but it's hard to foresee how big, because its size will depend not on macro trends like the amount people read, but on the ingenuity of individual publishers.
Some magazines may thrive by focusing on the magazine as a physical object. Fashion magazines could be made lush in a way that would be hard to match digitally, at least for a while. But this is probably not an option for most magazines.
I don't know exactly what the future will look like, but I'm not too worried about it. This sort of change tends to create as many good things as it kills. Indeed, the really interesting question is not what will happen to existing forms, but what new forms will appear.
The reason I've been writing about existing forms is that I don't know what new forms will appear. But though I can't predict specific winners, I can offer a recipe for recognizing them. When you see something that's taking advantage of new technology to give people something they want that they couldn't have before, you're probably looking at a winner. And when you see something that's merely reacting to new technology in an attempt to preserve some existing source of revenue, you're probably looking at a loser.
20.9.09
I can't predict specific winners, I can offer a recipe for recognizing them
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