7.10.09

Cento giorni a Palermo (1984)

QUELLO CHE RIMPROVERO al mio Paese è di non saper raccontare le sue storie. Di non avere una tradizione vitale di memorialistica che sia - perché no - anche commerciale, piuttosto che furba ed encomiastica. A me piacciono le biografie, quelle belle biografie che raccontano storie di persone e di epoche importanti, che dalle nostre parti non si trovano.

Al limite, un po' di tempo fa, bastava andare al cinema o accendere al tivù. Adesso, neanche là. Di che cosa sarà colpa? Del riscaldamento globale?



Cento giorni a Palermo, regia di Giuseppe Ferrara, è quasi profetico. Meno di dieci anni dopo, e ci sarebbero stati Falcone e Borsellino. Qui invece c'è Carlo Alberto Dalla Chiesa, mandato nel 1982 come prefetto in Sicilia dopo il full di omicidi eccellenti di Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa e Pio La Torre, facendogli interrompere le indagini sul brigatismo e il caso Moro. E qui a Palermo cento giorni dopo, il 3 settembre 1982, Dalla Chiesa, mandato a Palermo "con gli stessi poteri del prefetto di Forlì" (come ebbe lui stesso a dire), viene assassinato dalla mafia.

Accanto a una spledida Giuliana De Sio, brilla Lino Ventura, attore parmigiano prestato alla Francia e praticamente mai restituito. Quello di Dalla Chiesa fu uno dei suoi ultimissimi ruoli (Ventura morì all'improvviso di un attacco cardiaco a Saint-Cloud nel 1987) e uno dei più intensi.

L'ex campione europeo di lotta greco-romana (fascia 1950) con questo film sorprese il pubblico italiano, abituato a sentirlo doppiato, anche per la voce calda e velata appena da un lieve accento esotico, che difficilmente si sarebbe indovinato come francese. Per quel che è dato sapere dalle cronache, Ventura come Dalla Chiesta è stato un modello d'uomo la cui storia oggi non avremmo più alcun interesse o passione a raccontare.

1 commento:

cyberia ha detto...

"... non saper raccontare le sue storie". Gli esempi sono rari ma qualcosa ancora c'è, anche se passano anni tra un buon film e un altro. L'ultimo che traccia un buon affresco di storia italiana è, a mio avviso "La meglio gioventù", di Marco Tullio Giordana, e ancora prima dello stesso autore "I cento passi".
Quanto a Lino Ventura, un grande. Oltre a "Cento giorni a Palermo", formidabile commissario in "Cadaveri eccellenti", "Il Clan dei Siciliani", "Ultimo domicilio conosciuto".
Maurizio
(cyberia)