9.1.10

Avatar (2009)

ANTEPRIMA QUI A Milano, cinema Plinio, con tanto di guardie e cellulari messi nel sacchetto (mai visto prima). Però ne valeva la pena: Avatar, il mappazzone di James Cameron, visto in tre dimensioni è davvero qualcosa. Temevo per la storia, invece c'è, per quanto si possa discutere sull'idea di fondo e su un paio di altre cose un po' scontate. A parte questo, dentro il film c'è tutto: fantasia, emozione, sentimenti, vibrazioni, vertigine. Ma ci sono anche i nativi americani, la lingua inventata ma che suona tanto "primitivo ma saggio", il mito del buon selvaggio (che è altrettanto complesso e pure più ricco di noi, perché ha capito più di noi come va la vita, una cosa dura, semplice e bella). Il tutto illuminato dallo splendore di un mondo virtuale che a mio avviso - tra film, animazioni e videogiochi - finora non ha eguali. Basta vedere gli insetti che brulicano e svolazzano da tutte le parti nelle prime inquadrature di Pandora per capire cosa voglio dire. L'alieno non l'abbiamo creato, ma il pianeta-meraviglia, elettrico e figlio dei fiori, sì.

Arrivi alla fine che i tizi alti due metri e mezzo e tutti blu ti sembrano decisamente reali: su Pandora sarebbero in pochi quelli a cui non verrebbe voglia di andare. Certo, meglio che bersi una birretta light o mettersi un paio di jeans. Però, all'interno della creazione (un macello di animazioni digitali e studi per realizzarli), quanta ideologia, quanto dogmatismo, quanta "politically correctness". Alla fine, insomma, che palle questi americani...

3 commenti:

Domiziano Galia ha detto...

A me sono piaciuti tutti i film di Cameron. Aliens l'ho visto, dico veramente, tipo 20 volte e senza mai un fast forward. Ma qui non so ho una fortissima sensazione che questo film sia una palla, maestosa, ma una palla. Ed è un totale pregiudizio, basato unicamente sul trailer, ma è più forte di me.
Gli incassi parrebbero smentirmi, ma non è così: anche il secondo Transformers ha incassato 700 milioni ed era un film tanto noioso quanto rumoroso, per citare la più puntuale critica mai scritta, come guardare una pareta imbiancata asciugarsi mentre qualcuno ti prende a padellate in testa.
Certo immagino valga la pena vederlo sul grande schermo se non altro per gli effetti speciali.

Ernesto ha detto...

--- per Domiziano ---
Anch'io adoro Cameron (anche se i suoi film che ho amato di più sono Terminator 2 e Titanic) e per ora ho visto Avatar (rigorosamente in 3D) già due volte.

Se ti piacciono i film di Cameron credo che ti piacerà anche questo. C'è dentro tutto il Cameron che conosciamo e chi sentiva la mancanza dei suoi esoscheletri potenziati, delle navi spaziali e degli alieni, di certo non resterà deluso. C'è anche Sigourney Weaver nonché l'Ana Lucia di Lost in una parte molto cameroniana.

--- per Antonio ---
Pur essendo io un "anti-ecologista" nonché "anti-mito del buon selvaggio" non ho trovato questo film così fastidioso dal punto di vista ideologico come sembri averlo trovato tu. Dopotutto ci sono i classici temi cameroniani della tecnologia spinta che a lungo andare distrugge i suoi creatori (Terminator), degli esseri umani che si credono divinità (Titanic), della natura fondamentalmente buona di chi dispone di una tecnologia ancora più avanzata e nello stesso tempo naturale mentre gli uomini si auto-distruggono (Abyss), oltre alla figura della donna forte e guerriera, al sacrificio per amore, al rapporto di amore-odio tra l'uomo e altre razze (che siano alieni, cyborg o aristocratici di prima classe).

Non entro nel merito del film perché quasi nessuno in Italia l'ha ancora visto e odio gli spoiler, ma a me è sembrato più che altro la rappresentazione di uno scontro di civiltà e dell'importanza di proteggere il proprio mondo dagli invasori.

Ciao!
ERNESTO

Antonio ha detto...

Ehi, a me il film è piaciuto davvero e voglio tornare anche io a rivederlo, appena arriva nei cinema da queste parti (o, se mi capita, negli Usa).

Però ribadisco, c'è dentro il film questa cosa che ho cercato di dire e che trovo molto fastidiosa. Per fortuna è stata spiegata (molto meglio che da me) sul New York Times e suona così: il mito dell'uomo bianco-messia, che arriva dai selvaggi fichissimi, ne diventa il capo e li guida contro la sua stessa razza di gente brutta, zozza e cattiva. Insomma, proteggere "l'altro" mondo, non il proprio.

Ecco, a me questa cosa, a partire da Balla coi lupi e Un uomo chiamato cavallo, mi è sempre rimasta sul gozzo. Tutto qui.