BISOGNA ESSERE SINCERI: l'ultimo quarto è stato un po' faticoso. Ma ce l'ho fatta. Ho percorso e archiviato anche Up in the Air lo sfortunato romanzo del 2001 che ha fatto da ispirazione all'omonimo film di Reitman interpretato da George Clooney che, come dicevo, è la storia della mia vita. Il libro molto meno.
A tratti inquietante, ma nonostante questo lo stesso interessante nel suo complesso, il libro di Walter Kirn racconta in prima persona il viaggio e la storia di Ryan Bingham, singolare figura di Career Transitions Counselor per una media e anonima società di management consulting, che spende la sua vita in volo e mira al traguardo del milione di miglia raccolte dal suo programma di frequent flyer (nel film diventano 10 milioni), attraverso amori dislocati, famiglia dissociata, mente oscurata e un finale in crescendo acido e paranoico che dimostra la preparazione e la ricchezza tecnica di Kirn, nella vita giornalista per GQ, ma anche la freddezza del tema.
Kirn aveva detto, con piacere ma anche con stupore, che il film della coppia Reitman padre-figlio aveva preso alcuni elementi della trama per sviluppare la storia in maniera parzialmente differente. Molto differente, direi io. Estremamente differente: George Clooney ha un sapore lontanissimo di psicosi in alcuni suoi tratti e nel modo in cui recita. Un colore che ci vuole il microscopio per vederne l'ombra della sfumatura: una sensazione quasi inconscia legata al fatto che tra i suoi film ci sono ad esempio passaggi con i fratelli Coen e questo Up in the Air dove la psicosi è stata sterilizzata via dal soggetto e dalla sceneggiatura finale, mentre dava la forma del libro. Il nevrotico che vola per lavoro, staccandosi da tutto perché nella vita fa il commesso viaggiatore dei licenziamenti era all'inizio una satira molto mascherata anche del mondo manageriale e del carrierismo aziendale, nell'era della società dei servizi.
La descrizione di quel mondo è talmente minuta e involuta che non appare più molto parodica. Invece, la sfortuna del libro di Kirn è stato l'11 settembre: uscito da poche settimane il libro è rimasto fermo al palo (dopotutto racconta una storia con aerei e aeroporti ovunque fin dalla copertina, dove si vedono manager con razzi e valigette volare sparati tra le nuvole) fino a che Hollywood non l'ha ripescato. Una lettura che, senza Reitman e Clooney, non avrei fatto. Faticosa alla fine, ma comunque valida e da considerare positivamente.
31.3.10
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