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Per ricordarci il futuro, dobbiamo immaginarci il nostro passato. Perché il velo televisivo lo copre. Enrico Brizzi è sorprendentemente simpatico, quasi furbo, nel raccontare la storia degli ultimi anni. Riprende una serie di fili altrimenti sopiti, dimostrando che l'arto non è amputato ma che veramente ne sentiamo le periferie ancora muoversi. Certo, quel che il libro tralascia, sono lacrime perdute nella pioggia. Ma la sostanza è che il risveglio c'è e anche la speranza. Il racconto è netto, quello degli anni di formazione e prima maturità di una generazione. Stiamo a vedere adesso cosa succede.
Si può leggere, si fa leggere. Pare onesto. Forse lo è. Non saprei immaginare un altro complimento.
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