19.8.11

L'era della divergenza

VIENE FISSATA L'INTERVISTA con il co-fondatore di Akamai, Tom Leighton, e non posso non pensare alla storia del suo socio, il suo studente più brillante all'università, scomparso su uno degli aerei dell'11 settembre (era un ex corpo speciale dell'esercito israeliano e sedeva in business class accanto a uno dei dirottatori). Oppure pensare a quante volte ho visto il marchio negli streaming dei provini dei film diffusi da Apple sul suo sito. Mi aspetto una storia in cui la convergenza la fa da padrona. Invece no. Leighton è uno gentile ma tosto. Ha già fatto le sue previsioni e ha già astratto tutto: lo stigma di chi ha la matematica innervata alla base del suo cervello.

L’era della divergenza. Quella in cui le nicchie dominano: enormi, differenziate, autosostenibili. La rete, il nuovo modello del “distributed computing”, il cloud computing. La conseguenza è la fine della convergenza: protocolli, sistemi operativi, piattaforme, sistemi applicativi, apparecchi. Dopo trent’anni in cui il personal computer è stato la macchina totalizzate, si apre l’era della divergenza e della mobilità.

Tom Leighton lancia la provocazione e poi si ferma. Seduto dall’altra parte di un tavolo di una piccola sala per riunioni a Milano, di passaggio prima di visitare dei clienti, sorride: «Il modello del “distributed computing” - dice – cresce, non solo per chi vende apparecchiature di rete come fa Cisco, ad esempio, ma anche per chi fa accelerazione di applicazioni, streaming, proxy, distribuzione di “rich content” come noi».

“Noi” è Akamai Technologies, fondata nell’agosto del 1998, 860 milioni di dollari di fatturato nel 2009, 2mila dipendenti con 550 impegnati in attività di ricerca e sviluppo . «Noi – aggiunge Leighton, che è anche professore di matematica applicata al Mit di Boston, una autorità nello studio degli algoritmi di rete e una dei più rispettati membri della “Special interest group on algorithms and complexity theory” della prestigiosa Association of computer machinery – abbiamo ancora la stessa slide della presentazione usata durante i roadshow di undici anni fa, che descrive il nostro business: ci occupiamo di distribuire contenuti e accelerare le applicazioni con una piattaforma molto distribuita».

Leighton aveva fondato la sua società con il più brillante fra i suoi studenti, Daniel Lewin, insieme al quale aveva realizzato dei rivoluzionari algoritmi per l’ottimizzazione del traffico di dati su Internet. Lewin è scomparso tragicamente a bordo di uno degli aerei dell’11 settembre, mentre il business è andato avanti e Akamai è cresciuta diventando il motore “dietro” alla maggior parte delle trasmissioni attraverso la rete. Sono 73mila i server di Akamai in tutto il mondo che costituiscono la più grande piattaforma diffusa per l’instradamento dinamico dei contenuti via Internet. «La nostra azienda continua a crescere. La cosa che facciamo di più è fare in modo che i nostri clienti, soprattutto in ambito commerciale, non si debbano preoccupare di niente. Sistemi applicativi, piattaforme, sistemi operativi, framework e middleware: lavoriamo con tutto e facciamo funzionare tutto».

Proprio da questa posizione unica di Akamai è possibile avere uno sguardo diverso e più “profondo” sulla trasformazione in corso nella rete: «Internet è inerentemente insicura: lo sono i suoi protocolli. La criminalità lo ha capito e lo sfrutta. L’IPv6, la tecnologia di assegnazione degli indirizzi internet più ampia dell’attuale in esaurimento, è utile per questo. Non serve per dare un indirizzo IP alla spina elettrica o al frigo, ma per poter mantenere l’attuale stile di vita e anzi migliorarlo».

Nel mondo di Akamai Internet sta letteralmente esplodendo: cresce la rete, cresce il numero di server (50 milioni in tutto il mondo, un milione nelle mani della sola Google) e cresce il bisogno di affidabilità, flessibilità, continuità e scalabilità. Nella nuova stratificazione dei fornitori di servizi e di tecnologie, Akamai continua a mantenere un posto di rilievo: «Quel che sta succedendo oggi con il cloud computing noi lo facciamo dalla nostra nascita per missione sociale. Oggi bisogna mettere i server vicini ai clienti dei tuoi clienti. Noi mettiamo i nostri server ovunque. Collaboriamo con tutti, Apple, Google, Cisco, Hp e tutti gli altri. Siamo presenti più nello spazio consumer che non in quello enterprise, ma stiamo entrando anche nelle Intranet, con alleanze con Ibm tra gli altri».

Solo un esempio: il settore dell’editoria, dice Leighton, è innamorato di Akamai. «L’80% dei grandi gruppi usa la nostra tecnologia e servizi. Streaming e accelerazione in rete per giornali e televisioni. Non possiamo fare i nomi, ma parliamo dei quattro quinti dei primi 30 al mondo. Anche in Italia».

Il futuro? «Non ci sarà un apparecchio unico che fa tutto. Invece, ci sono molti fiori che fioriscono: fa parte delle opportunità che vengono con la diversità. Le nicchie producono mille idee. Ci danno più possibilità. Poi alcune tecnologie matureranno di più e dureranno più a lungo. Come Flash contro Html5. La cosa buona della diversità è che stimola la creatività. La cosa meno buona è che ha costi più alti».

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