14.10.12

Dei pirati e dei corsari

NON C'È MAI stato un momento in cui si potesse leggere così tanto e così gratuitamente, o quasi. E probabilmente non ci sarà mai più: presto emergerà un altro assetto, una forma del mercato definitiva (almeno fino alla prossima rivoluzione) e si navigherà per un po' in quel modo nuovo che tanti sperano ma che non è detto che sia poi così interessante e ricco.

Infatti, a differenza della crisi economica che non passerà ma invece definisce un "nuovo normale" (e che ci dovrebbe far parlare di "economia della decrescita" e di altri paradigmi comunitari e sociali, perlomeno dal punto di vista di una assunzione di responsabilità collettiva e del desiderio di collaborare attivamente anche da parte degli imprenditori), il cambiamento del mercato del testo sta semplicemente trasformandosi, ma non rimarrà "compresso" ancora a lungo.

La difficoltà deriva dall'intuire le opportunità che offre, anche perché rimette in discussione soprattutto metafore e categorie di pensiero, prima ancora che modelli di business. Andate da un giornalista e ditegli che deve imparare a fare business diventando imprenditore di se stesso, dopo decenni che la deontologia professionale predica la massima lontananza possibile tra il giornalista indipendente e autonomo da un lato e i modelli di business e la loro sostenibilità dall'altra. Interessante da questo punto di vista la discussione che passa attraverso questa intervista a Jeff Jarvis. Il quale cita anche l'attività fatta partire da un suo allievo, che ha creato tramite crowdfounding il sito Narratively NYC, bel settimanale che racconta storie di frontiera. Ma, come dicevo, la possibilità di leggere in questo momento è semplicemente troppo grande per poter essere colta nella sua interezza e perché abbia ancora senso che produca un risultato economico capace di mantenere molta parte della filiera attorno a chi scrive.

Purtroppo, e lo dico per esperienza personale di collaboratore di gruppi editoriali nazionali, il vento apparentemente soffia nella direzione opposta: si fa la difesa del perimetro ristretto, delle professionalità interne alle case editrici e ai gruppi editoriali, alle pile e pile di dirigenti, quadri e impiegati ammonticchiati in uffici che producono tonnellate di prodotti inefficienti e per molti versi inutili. Come spiegare altrimenti il fatto che, anche all'interno di grandi gruppi e testate, le iniziative più interessanti siano pensate in maniera da start-up, con un contribuito minimale della struttura e con l'apporto di professionalità esterne anche in fase di concezione e di costruzione "tecnica" del prodotto? Penso alla Vita Nova, ma ce ne sono tante altre. Che senso ha? È lo stesso tipo di paradosso che hanno vissuto le aziende fortemente innovative una volta che hanno avuto successo (decenni fa) e si sono ingolfate e ingrossate con decine e decine (o migliaia) di dipendenti che fanno lavori non necessari. La vecchia storia della Marina Militare contrapposta alla Filibusta, tanto per cambiare.

E tanto vale allora cercare di fare una distinzione un po' più particolareggiata riappropriandoci del significato di alcune parole. Mi piace la distinzione tra Marina Militare (Navy) e pirateria (Pirate) fatta da Steve Jobs come elemento motivazionale per il gruppo che tra il 1979 e il 1984 ha creato il primo Macintosh. Però secondo me si può arricchire.

La pirateria "vera" (quella che parte dalla scoperta dell'America e prospera nel Mar delle Antille nel sedicesimo secolo, complice della lotta tra Francia, Inghilterra e Spagna) era in realtà un fenomeno più strutturato e articolato. C'erano i pirati, indicati nel corso del tempo come bucanieri e filibustieri, ma sostanzialmente dei privati che assaltavano qualsiasi nave per depredarla. Questi sono le piccole start-up indipendenti, quelle che nascono in un garage da qualche parte nel mondo e crescono a proprio rischio e pericolo: se i pirati venivano catturati erano infatti subito giustiziati dopo un processo sommario.

Invece i corsari erano quegli equipaggi solitamente di un'unica nazionalità che avevano ricevuto una patente per la "guerra di corsa" (da cui il nome) e che attaccavano i vascelli di un solo paese e dei suoi alleati, "salvando" quelli del proprio. Pensate a Sir Francis Drake, che aveva ricevuto la patente dalla Regina d'Inghilterra Elisabetta I e che depredava solo i galeoni spagnoli. In caso di cattura, sarebbe stato considerato alla stregua di un soldato nemico e giudicato secondo il diritto bellico del Mare e sottoposto a "giusto" processo. Insomma, come non pensare alle start-up interne alle aziende, agli incubatori, alle strutture in qualche modo "organiche" e non "esterne" al sistema?

Con questa distinzione la squadra di Steve Jobs che aveva realizzato il Mac (e quella del Sole 24 Ore che ha progettato la Vita Nova, su cui scrivo anche io) è composta da corsari, mentre quella di Marco Arment, lo sviluppatore che ha realizzato in passato Instapaper e adesso lancia il suo periodico one-man-band, intitolato semplicemente "The Magazine", è un vero pirata. Tanto che ha detto: se entro due mesi la mia iniziativa non funziona, stacco la spina.

L'iniziativa viene da fuori i recinto dell'editoria, anche se porta con sé molte suggestioni più organiche. Ma viene sostanzialmente da un tecnocrate in grado di gestire la parte dei contenuti, e con una rete di relazioni sufficientemente ampia da garantire abbastanza materiale per i primi mesi, poi si vedrà. Tanto, se entrano i soldi, si riesce a fare tutto.

L'altro cosa che infastidisce, ma se ne parlerà un'altra volta, è che adesso siamo costretti a scegliere. Non basta più andare in edicola, comprare Panorama o L'espresso e stare bene così. Ci sono davvero tante, tantissime fonti che dobbiamo valutare personalmente, senza che nessuno ci dica se chi scrive è un genio o un manigoldo. Ma poi, non è per questo che esistono i social network e le raccomandazioni dal basso? Io intanto mi vado a leggere un po' di Narratively, che racconta Original, True and In-Depth Stories.

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