IL RICORDO DI John Le Carré è ormai lontano, lo leggevo ai tempi dell'università, alla fine del liceo, insomma una vita fa. C'erano lui e Graham Green, che poi sono due scrittori che hanno sempre giocato su due tavoli vicini ma separati dal riconoscimento della critica: Green è un Grande Scrittore e Le Carré è uno Scrittore di genere (con la "g" minuscola). Straordinari ma con un salto di "quantità" insuperabile.
In ogni caso, all'epoca le trame di Le Carré mi portavano quasi sofferenza da quanto erano complesse, articolate e soprattutto involute anche linguisticamente. Potevi pensare di aver letto e capito tutto, poi - in una epoca senza Wikipedia e blog - saltava fuori che non avevi capito la metà, per riferimenti, citazioni, ammiccamenti e via dicendo. A partire dal fatto che la traduzione si tritava via una buona parte di questi messaggi sotterranei: come il titolo, per esempio.
Comunque, lo scrittore con meno azione della storia che viene più coccolato dal grande cinema. Ricordo un Le Carré minore, Il sarto di Panama, con un Pierce Brosnan altresì minore, anche se all'epoca immerso nei suoi 007, nel lontano 2001. Il romanzo era invece del 1996, post-muro di Berlino, quando con la fine della Guerra fredda va in crisi anche il nostro scrittore. Ma non si ferma. Continua a scrivere. Tutte cose sempre più intellettuali. Sempre meno comprensibili (prova ad acchiappare Greene?)
Invece, nel 2011 arriva questo film ambientato nell'epoca dei fatti, che utilizza le atmosfere per costruire il discorso narrativo e scioglie radicalmente i nodi densi della trama. Le allusioni diventano parte della scenografia, con la stessa funzione (chi le vede, le vede; gli altri, pazienza) e costruisce un bel racconto con sequenze decisamente memorabili. Ottimo il lavoro di Bridget O'Connor e Peter Straughan.
Da sottolineare che il regista svedese, Tomas Alfredson, mette dentro uno spettacolare cast: Colin Firth è mitico, Mark Strong qui finalmente riesce bene (l'attore più difficile da sganciare dal suo ruolo televisivo (con Law and Order) che la storia ricordi), e soprattutto emerge uno dei più grandi talenti degli ultimi anni, cioè Benedict Cumberbatch. Grandioso.
Invece, non mi è piaciuto il protagonista, Gary Oldman, che come attore purtroppo non mi appassiona e che trovo sempre molto tecnico e meccanico nelle sue interpretazioni. Una specie di John Malkovich (chissà perché me lo fa ricordare) senza essere John Malkovich però. In ogni caso non ammazza il film e quindi va bene così.
Conclusioni? Se l'avevate perso vale la pena recuperarlo.
20.11.13
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