IN QUESTI GIORNI ho preso un po' di aerei. E questo vuol dire che ho letto e visto film. Dei libri parliamo dopo, dei film adesso. Il primo è Grand Hotel Budapest, commedia surreale collocata nell'immaginario mitteleuropeo di inizio Novecento, dove ci possiamo immaginare i resti dei fasti di un Impero continentale oramai scomparso. Film spettacolare, surreale, quasi da ridolini in certe scelte di regia eppure costantemente teso, veloce, portato verso la storia. Steampunk a modo suo, ecco, nonostante l'ispirazione alle opere di Stefan Zweig.
La regia è di un notevole Wes Anderson, in stato di grazia, con un esordiente spettacolare (Tony Revolori), un Ralph Fiennes sul quale posa tutto il film o quasi (interpreta un maitre d'hotel che riesce a far sopravvivere con grazia e stile un'epoca ormai finita) e un cast di comprimari notevole da Jeff Goldblum ad Adrien Brody fino a Willem Dafoe, Edward Norton e tanti altri.
È una favola, un racconto-storico e allegorico, un pastiche, un divertimento, un film maledettamente serio sulla vita, sulla missione di un uomo, sulla sua vocazione e su quello che è in grado di evocare e costruire. Ha vinto premi ma ne meritava di più secondo me.
13.6.14
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