UN EROE AMERICANO. Non so come altro descrivere Garry B. Trudeau, figlio dell’élite statunitense (è discendente di medici, politici e statisti americani), allevato nel New Hampshire e allievo di Yale. È insomma prodotto di quella stessa America che con occhio favoloso riesce a fotografare da quasi cinquant’anni con le sue strip (Doonesbury: ci ha vinto anche il primo premio Pulitzer per un fumetto quotidiano). Nel tempo il suo lavoro è diventato un favoloso ritratto della vita americana. E, accanto all’attività quotidiana delle comic strips, ha aggiunto nel tempo anche altre cose. Una commedia, la miniserie Tanner 88 con Robert Altman, altri lavori, e oggi Alpha House.
La serie di telefilm è prodotta dagli Amazon Studios. Il personaggio di maggior rilievo è John Goodman, “l’eroe” attorno al quale si svolgono i fili piuttosto intricati - come prevede la chiave di narrazione moderna delle serie di telefilm – di un appartamento in condivisione per quattro senatori repubblicani a Washington. In realtà, più che un appartamento è una classica casa a due piani. E praticamente un reboot di Doonesbury in chiave più distesa e concentrato sulla politica.
Siamo alla seconda stagione, si lavora alla terza, Doonesbury è molto trascurato (la serie di strip è andata avanti con le sole tavole domenicali per un tempo infinito) ma le soddisfazioni sono tante. Soprattutto, a parte l’accoglienza del pubblico. La prima serie di 11 episodi è andata uscita il 19 aprile (pilota) e poi il 15 novembre del 2013, mentre la seconda di 10 episodi è uscita il 24 ottobre 2014, sempre seguendo la strategia lanciata da Netflix di una sola uscita contemporanea per tutti gli episodi, che poi tanto si guardano "on demand" (con buona pace dell'idea di televisione di flusso che fa da orologio della nostra vita a cui eravamo abituati).
A me è piaciuto molto il clima, la luce, lo stile, e la capacità di ricreare in modo sostanzialmente credibile le stanze del potere americano. Un potere di basso livello, quotidiano, pragmatico, che mette alla luce non soltanto l’agire cinico e demagogico dei repubblicani, ma soprattutto lo svuotamento progressivo degli strumenti partecipativi e democratici, sempre più complessi e faticosi proprio per tenere gli onorevoli “attaccati” ai loro doveri e non solo appiccicati alla dimensione elettorale e del consenso o del rapporto con i lobbysti.
Contrapposto a House of Cards, che celebra il potere e l’ambizione con tinte drammatiche e passaggi potenti - oltre che l’altissimo livello tenuto da Kevin Spacey nel disegnare il suo Frank Underwood - invece il nostro Alpha House è più simile a una sit-com, un Friends della politica, che segue una traccia ben conosciuta nel disegno dei personaggi e nel tipo di rapporti, portandoci però in un territorio ignoto, cioè quello della politica, ma con una chiave di lettura nuova.
A differenza infatti del democratico Underwood, l’allegro gruppo di senatori repubblicani di Trudeau si muove alle spalle dell’attuale legislatura, con Barack Obama sullo sfondo e la capacità di fare satira politica – ci sono un sacco di riferimenti all’attualità politica, dal blocco del Tea Party sino alle idiosincrasie della Washington di questi ultimi anni – che viene di peso dal lavoro del geniale fumettista. Un fumettista che mai come adesso si scopre autore completo: il prossimo passo non sarà un romanzo perché richiede troppo tempo e paga troppo poco, ma la strada naturale sarebbe stata quella. Intanto, godiamoci Alpha House, almeno finché dura.
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