28.12.16

La partecipazione viene prima, non dopo

MILANO, TRA LE varie città italiane, con il precedente sindaco Giuliano Pisapia si è incamminata su un percorso di partecipazione importante, fin dalla campagna elettorale, purtroppo non compreso sino in fondo dalla giunta (e, temo, anche dal sindaco stesso). Molte cose dell’idea di partecipazione sono rimaste slogan e proposizioni di principio, da campagna elettorale. Partecipazione, metodologie di facilitazione: tutto un lavoro che per fortuna in realtà c’è comunque stato e ha prodotto documenti importanti che il comune di Milano piò vantare rispetto al resto d’Italia. Ma si tratta di cose complesse, profonde e importanti. Hanno una dimensione culturale che secondo me è uno dei possibili approcci: cultura della partecipazione, che vuol dire tante cose.

Non si tratta tanto di intervistare la gente per capire cosa vuole (ma tanto sei tu che decidi cosa fai), ma coinvolgere le persone (inclusi alla pari i progettisti) per mettere le posizioni di tutti a confronto e responsabilizzare ognuno per costruire un progetto condiviso, figlio di idee diverse.

Una cultura che noi praticamente non vediamo, perché non siamo abituati a considerarla e tantomeno a praticarla. Invece altrove, ad esempio in Svizzera, è un elemento caratterizzante: la malta che lega assieme le pietre delle idee.

Anche in Scandinavia la partecipazione è una riflessione e un pensiero che hanno avuto tempo per maturare, producendo frutti interessanti. Ci sono regole, modi, pensieri, esperienze legati all’idea di partecipazione, all’idea di come farla, di cosa sia la facilitazione dei gruppi e tutto il resto.

Secondo me un buon esempio è cercare di vedere dei progetti realizzati, come questo della biblioteca Dokk1 di Aarhus in Danimarca, e leggerli con la chiave della partecipazione. Si capiscono molte cose che altrimenti fanno pensare solo al lavoro di qualche archistar o alle intuizioni di qualche sindaco particolarmente illuminato. Invece no: la storia siamo noi, non Napoleone che passa a cavallo; è questo in sostanza il senso della partecipazione. Sennò è un’altra cosa, forse un plebiscito, oppure non so neanche io.

Money quote: “Marie Østergård, che da dieci anni coordina il progetto, spiega che non c’era un’idea prestabilita di come sarebbe stata la biblioteca, ma che l’unica costante era consultarsi con gli abitanti: «quello che vedete ora è un grande puzzle messo insieme con idee diverse e diverse conoscenze da campi differenti. Ci chiedevamo in continuazione “cosa vogliamo che offra una biblioteca nei prossimi anni? Quali sono le necessità della città e da che parte sta andando il mondo?”». Il risultato, spiega CityLab, è «meno una casa per i libri e più uno spazio per le persone».”


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