25.4.04

Le cose cambiano, ma certe cose non cambiano mai

MIO NONNO E' stato per anni un appassionato illuminista precursore della tecnologia, pur senza capirne molto temo. Piemontese trapiantato a Firenze, anche se in realt� la famiglia originava proprio da Firenze, ha sempre comprato la cosa che gli pareva pi� innovativa (la macchina col cambio automatico negli anni Settata, una Daf; la radio minuscola negli Ottanta; il televisore predisposto per il Televideo, etc) per amore dell'innovazione e non per passione tecnologica.



Mio padre forse l'ha seguito (da segnalare il televisore Bang & Olufsen che gira, le radio e le televisioni Brionvega) declinando per� verso il segmento pi� "modaiolo", la forma unita all'innovazione. Negli anni Settanta e Ottanta � stata, soprattutto per l'arredamento d'interno - forse ispirato a Spazio 1999 o forse fonte dell'ispirazione che poi lo ha fatto nascere -, il motore del cambiamento. Tutto bianco o metallico, forme da romanzo di fantascienza, spazi vuoi, plastica: questa nuova e meravigliosa materia cos� duttile e cos� colorabile.





Arrivo io e, nel silenzio dei miei libri accumulati alla buona, incontro l'iBook alla tenera et� di 30 anni. Prima, altri computer (due Mac e all'inizio un Commodore 64) e scarso interesse per il contorno. Adesso, non potrei rinunciare alla caramella bianca che � il mio piccolo e manipolabile iBook (anche se i nuovi PowerBook mi tentano assai).



Capita che a Milano condivida il mio spazio vitale (leggi appartamento) per due anni con due ragazzi, entrambi di Napoli. Entrambi smanettoni di Pc. Entrambi appassionati sostenitori del fisso contro il portatile. A me, che dopo due fissi il portatile pare una liberazione in un mondo di vagabondaggi e uffici fissi da reinventarsi come nomadi e trasportabili, la cosa non torna.



Non torna soprattutto perch� ad Atlanta, come dicevo prima, compro tutto senza fili, cio� Access Point e scheda wireless, leggi AirPort base e scheda. Costo minore che in Italia, unico problema l'adattatore dal voltaggio Usa a quello nostrano (risolto recentemente comprando per 10 euro all'aeroporto di Narita a Tokio un adattatore economico, potente, sicuro e anche piccolino).



Succede che nel 2001, all'epoca dell'acquisto, si fantastichi di una rete casalinga per sfruttare l'Adsl (poi tramutatasi in FastWeb) e i due giovini propongano di cablare la casa. Sar� poi quello che succede, dato che io me ne sono tirato fuori. Quello che proponevo, anzich� attaccare uno dei computer all'Adsl e farlo lavorare come router per gli altri (Windows Xp ci ha rovinati tutti), era di attaccare la piccola base bianca al modem Adsl e armarci tutti di connessione senza fili. E' il futuro, ragazzi, dicevo all'epoca. Nel silenzio scettico e dalle corte braccia.



Oggi uno ha cambiato casa, l'altro ha un fisso, un poratile e un palmare. Su tre, due (portatile e palmare) hanno la scheda Wi-Fi. Mancherebbe cos� poco per eliminare tutti i cavi. E la cosa attira l'attenzione. Ma non se ne fa di niente, perch� ancora il Verbo non � passato. Ma un domani (quando Intel e forse Amd avranno spiegato al mondo cosa vuol dire stare senza fili anche in un appartamento piccolo piccolo) il messaggio passer�. E io, come mio nonno, sar� stato un precursore, un visionario, un drop-out. Come Alan Key, che sognava di lavorare sotto una palma, sulla spiaggia. C'� chi lo fa da tempo, sotto un albero di mele (ogni riferimento � voluto)...




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