ANCHE IO SONO, nel mio piccolo, un fedele lettore sia di Michael Crichton che di John Grisham. Wittgenstein ha aperto la via alla piccola polemica sulla rappresentazione dell'Italia di Bologna e Treviso nell'ultimo romanzo di Grisham, Il Broker. Mi accodo.
Non trovo, avendo finito di leggere ieri sera il veloce tomo di Grisham, tanto problematico il discorso della traduzione delle lezioni d'italiano (che forse il curatore dell'edizione italiana potrebbe aver un po' sforbiciato, ma non ho letto l'originale), quanto due altre cose: gli italiani portano sulle spalle quattro secoli di melodramma, questo è certo. E, a quanto pare, Grisham se n'è accorto: li fa muovere come buffi indigeni di una colonia dell'Africa settentrionale, manca solo che suonino il violino e si avvolgano in palandrane nere, sotto i portici della Dotta. Un po' crapuloni, sempre a gesticolare, con le famiglie allargate, l'attenzione maniacale ai vestiti e via dicendo. Alla fine, è un educativo corso su stereotipi alla Severgnini girati al contrario.
L'altra considerazione è sulla tenuta della trama nel romanzo: bel ritmo, fin troppo cinematografico, genera una serie di ipotesi interessanti e di possibili situazioni di tensione, ma alla fine il riassunto del plot sta in mezza cartella, e lascia tutto un po' sospeso. Come dire: poteva anche far succedere qualcosa, di quando in quando... no? Come "spy-story" rimangono sempre insuperati Graham Greene e John Le Carré. Con loro di cose ne succedono sempre poche, ma almeno il lavorìo psicologico è ben fondato e va in profondità.
16.9.05
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1 commento:
L'ho in casa ma devo ancora iniziarlo... devo ancora finire un romanzo e, poi, mi butto... devo ammettere che, da bolognese, sono proprio curioso di vedere come dipinge la mia città :)
Ciao
Gloutch
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