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Secondo un antico racconto che devo aver già scritto una volta qualche anno fa, il jet-lag dipende dall'anima. Essa non è in grado di spostarsi a una velocità e un'altezza superiori a certi parametri, e fatica a raggiungere il corpo materiale. Per questo, di ritorno da un viaggio lungo in aereo si soffre un senso di stordimento e malessere: è la nausea che ci coglie quando siamo separati dalla nostra anima. Poi, ci raggiunge e tutto passa, in genere dopo una o due notti di buon sonno.
Rimane il quesito quasi esistenziale circa la diversa cultura da cui si proviene: poche ore incrociare al sushi-bar lo sguardo di una ragazza preludeva a un sorriso di educato saluto. Qui pare un malizioso gioco di lupi e pecore nella bruma di un mattino spettrale. Tra l'altro: perché Milano - pur sempre la capitale economica del Paese - è così sudicia e mal costruita?
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Ps: la prima foto, quella che mostra dal di dentro l'impianto del controllo di sicurezza per accedere alla zona d'imbarco di un noto aeroporto internazionale della Bay Area, è una foto vietata, vietatissima. Ci sono precise leggi federali negli Stati Uniti che impediscono di scattare questo tipo di immagini. Io l'ho solo trovata, pubblicata altrove, quindi credo che per diritto di cronaca sia possibile mostrarla. Comunque, è una foto che il diritto di cronaca impone di pubblicare...
3 commenti:
L'antico racconto a cui ti riferisci poi non è cosi antico: è "L'accademia dei sogni" di W.Gibson, il suo ultimo romanzo uscito un paio di anni fa.
Ben tornato!
Ecco! Grazie Michele. L'avevo letto giusto al tempo della sua uscita, in inglese: Pattern Recognition, si chiamava... Però... che memoria!
Beh. Per me, e per gli amanti del marketing come me, è un autentico culto quel libro lì. Io preferisco Gibson quando parla di futuribilità contemporanea piuttosto che di cyber spazio.
E poi quel concetto di jetlag è fantastico.
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