L'AVEVO PROMESSO UN po' di tempo fa e mantengo la promessa. Alitalia. Che sta succedendo? La stanno privatizzando. Fantastico. Però si sono ritirati tutti gli attori della gara a parte uno, Air One (che viene accompagnata da Intesa Sanpaolo). E il ministero competente ha reso noto che si occuperà lui di assorbire i costi degli esuberi e tutto il resto (Carlo Toto, il capoccia di AirOne, parla di 2.300 licenziamenti "necessari").
Ora, un paio di riflessioni. Alitalia è la compagnia di bandiera del nostro Paese. Sappiamo che privatizzare è bello - infatti si privatizzano le compagnie aeree di mezzo mondo - ma quelle di bandiera vengono mantenute in un regime particolare, a mezza costa. Non siamo gli Stati Uniti, infatti, e non possiamo far di conto su un numero superiore a uno di compagnie di alto profilo. Peraltro, se non sei americano, non hai diritto di comprare una compagnia aerea di quel paese o di costruirne una sul territorio, come ben sa Richard Branson e la sua low-cost Virgin americana che stenta a decollare. Negli altri paesi europei nessuno ha due compagnie di bandiera. Ma tutti ne hanno una, però. Perché?
Perché Alitalia e le altre sono una infrastruttura. Con un valore di mercato e un valore di Borsa che sono due indicatori ben diversi. Avrà una flotta vecchia e sgarruppata, un sacco di debiti e il bisogno di venir completamente ristrutturata (ha anche il record di sindacati al suo interno e la peggior gestione dei bagagli tra i grandi dei cieli). Ma è anche in possesso di asset tremendi per il Paese, come i diritti di volo su aeroporti di mezzo mondo, di una flotta di velivoli e un insieme di strutture di alto livello per la riparazione e manutenzione (oltre a logistica e gestione del personale tecnico e di volo) che non possono essere duplicati o delegati in mezza giornata. Svenderla sarebbe un suicidio economico. In Borsa, grazie ad una politica gestionale che meriterebbe almeno una novena di inchieste della magistratura (se Alitalia è l'unica aziende del settore di quelle proporzioni a perdere soldi sempre, che il mercato internazionale vada male o - come adesso - vada benissimo, fossi un magistrato un paio di domande me le farei) non vale praticamente più di una cicca.
A cosa servono Alitalia e le altre compagnie di bandiera nei rispettivi paesi? A garantire un livello di funzionamento del sistema paese, della sua proiezione nel mondo e della fluidità degli spostamenti interni che i piccoli vettori non possono garantire. L'industria del trasporto aereo civile è sottoposta a crisi cicliche (ogni 5-7 anni) che spazzano o rischiano di spazzare via una serie di attori. In particolare, se si vuole avere un servizio aereo che segua le priorità nazionali nei paesi in cui è importante ad esempio richiamare turisti o dai quali veicolare imprenditori, se si vuole gestire il turismo e le grandi infrastrutture, serve una compagnia di baniera.
Aeroflot - per grazia di Dio -si è ritirata dall'asta. Ci hanno messo tanto, però, arrivando sostanzialmente a chiudere il procedimento senza che nessuno avesse l'esigenza di dover rimettere in discussione un'asta con un solo concorrente, come ora è e come sarà da qui al 12 luglio quando si guarderanno le offerte. Cioè, l'offerta. E qui casca l'asino: l'offerta deve essere congura e garantire non che un imprenditore si cibi degli asset di Alitalia (ultimo atto di un processo denominato a Roma "magna magna" e portato al puro cannibalismo) per finire quel che gli altri hanno cominciato.
Quelli di Ryan Air dicono giustamente che compagnie come Alitalia devono essere "chiuse subito". E' vero da un punto i vista economico: oltretutto, un morto che cammina con i soldi dei contribuenti come Alitalia è anche un ostacolo allo sviluppo di compagnie aeree private che rischiano il proprio capitale contro il moloch di Stato. Però, Alitalia è strategica. Più che chiusa deve essere rifondata. Non da uno più piccolo, ma da qualcuno che entri nel capitale portando capacità di gestione e un progetto di sviluppo. E' un lavoro da una persona sola, non da fusione a prezzi di svendita con interessi confliggenti (AirOne).
Il punto è: gli amministratori, i manager e i consiglieri di amministrazione della compagnia dovrebbero essere interrogati dalla Guardia di Finanza, se non altro. E anche chi pensa seriamente di vendere una compagnia di bandiera con 103 destinazioni in 51 paesi e che ha fatto volare in un anno quasi 30 milioni di passeggeri grazie ad una flotta di 183 aerei ad un'altra compagnia aerea che ha trasportato meno di sei milioni di passeggeri in 25 destinazioni di 8 paesi con 25 velivoli, qualche centinaio di milioni di euro di debiti e 92 aerei ordinati (8 Bombardier Crj-900 e 84 A320-200) per una spesa di più di 1,8 miliardi di euro, probabilmente scherza. Perché scherza, vero? No, purtroppo mi sa di no. E dovremo berci anche questa...
2.7.07
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