OGGI IL NEW York Times ha tirato fuori una serie di lettere (trenta) che Hillary Clinton aveva scritto ad un amico a cavallo degli anni Sessanta. È stato proprio il NYT, con un colpo da maestro di giornalismo rapace, di quello che segna la leggenda delle primarie prima e delle elezioni presidenziali americane poi ("La stampa ti macellerà, qualcosa trovano sempre). Ma è stato un colpo anche di una certa classe, che già intravedo sui giornali italiani di domani (con meno enfasi, forse, di eventuali sms di Paris Hilton). A prescindere, un colpo violento: ripescare la memoria intima di una persona per far leva su questa al fine di "illuminare" il profilo di un personaggio molto controllato dal punto di vista dell'immagine, trenta se non quarant'anni dopo è una vera violenza. C'è il diritto all'oblìo anche per i galeotti una volta che abbiano scontato il loro debito con la società.
Comunque, due cose. Prima, le eventuali lettere del ventenne Walter Veltroni, come la molotov pisana di Massimo D'Alema o i trascorsi nostalgici di Silvio Berlusconi, temo sarebbero alquanto più imbarazzanti di quel che scriveva la Clinton. Seconda, violare la riservatezza della corrispondenza a tale distanza di tempo e per di più per mano di un ex amico complice che ci alza anche dei soldi è vile oltre che squallido. Ma non credo che i colleghi italiani se ne renderanno conto.
Consiglio, per rifarsi la bocca e imparare la differenza tra senso dell'understatement britannico e ipocrisia dei media, un libro un po' lunghetto (sono queste 680 pagine pubblicate da Neri Pozza per 20 euro) a cura dell'attuale responsabile della sezione degli obituaries del Times di Londra, intitolato Vite straordinarie, che ho comprato giusto stasera dopo una tranquilla cenetta estiva a base di carpaccio di manzo col grana e birra fresca insieme all'amico Mattia. Raccoglie il meglio di 75 anni di necrologi (ma il termine è fuorviante, vista la tradizione encomistico-superestiziosa dei popoli latini al riguardo soprattutto del trapasso ma anche dei trapassati).
Come viene osservato giustamente nell'introduzione del libro scritta dal curatore della collana, Stefano Malatesta, quella di Vite straordinarie è un'Inghilterra e una Londra che non esistono più, essendosi i tipi umani del londinese da tempo trasferiti in Toscana e in Grecia (quei pochi che ne restavano, per lo meno). Ma è una lezione, francamente, di stile prim'ancora che di giornalismo. Una lezione che neanche i migliori tra gli italiani (Montanelli?) riescono. Anche questa è l'estate calda di Milano.
28.7.07
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