3.7.07

L'impero bonsai

CHISSA' SE FUMIO Kyuma, il neo-ex ministro della difesa giapponese, sarebbe piaciuto ad Indro Montanelli. Non per l'arroganza o la spocchia di ministro, quanto per quella piccola considerazione a latere della gaffe che gli è appena costata il posto (cioè che le bombe atomiche sul Giappone nel 1945 erano "inevitabili" per terminare la guerra),ovvero che the World War II bombings, which killed hundreds of thousands of civilians, caused great suffering. But otherwise, [Kyuma] said, Japan would have kept on fighting and ended up losing a greater part of its northern territory to the Soviet Union, which invaded Manchuria the day Nagasaki was bombed.

Montanelli tra il novembre 1951 e il marzo 1952, a cavallo della fine dell'occupazione americana, venne inviato dal Corriere in Giappone, da dove preparò 27 reportages che oggi Rizzoli ha racchiuso in un volume intitolato L'impero bonsai. E' godibile a partire dall'introduzione di Vittori Zucconi (ottima intuizione di chi ha progettato il volume, dato che Zucconi vi ha passato parecchi anni, tra i primissimi giornalisti a riaprire un ufficio di corrispondenze dal lontano Giappone) sino alle storie che Montanelli racconta. Fare i conti con il vecchio Indro è sempre un problema per chi abbia a che fare con la professione del giornalismo (e non solo). Lo nota in modo un po' polemico anche lo stesso Zucconi, quando alla fine della sua introduzione scrive:

So soltanto che riascoltare la voce di Indro Montanelli rialzarsi da queste pagine mi ha dato un'enorme nostalgia di lui, di un modo di fare il mestiere, di essere senza dover apparire come accade nel tempo dell'effimero televisivo e dell'autopromozione. Neppure il Giappone riuscì a domare Montanelli, come poi nessun altro mondo o personaggio molto più volgare e prepotente sarebbe riuscito a fare, e se questi reportage cinquant'anni dopo parlano ancora alla nostra curiosità e al nostro divertimento come se fossero stati scritti ieri è certamente merito del Giappone, ma soprattutto di chi ce lo racconta. Ecco che alla fine torna, dopo l'ammirazione, il demonietto dell'invidia. Quanti reportage, quanti articoli di giornale o servizi di televisione o blog saranno ancora leggibili e piacevoli come questi nel 2057? Mica tanti, oserei dire.

Montanelli traversa il Giappone visitato dalla grande stampa con il passo (e le conoscenze) dell'inviato di razza: cosmopolita ma al tempo stesso legato sia ai ricordi della sua Fucecchio (e non Firenze, mannaggia, come ogni tanto scrivono in molti) che alle dimensioni dell'italianità. Il parallelo tra i leader del microscopico e atipico partito comunista giapponese e quelli nostrani (Togliatti, Secchia e Longo) sono godibili, così come è ficcante la prospettiva nippocentrica di cosa sarebbe successo se anziché gli americani fossero giunti i russi (che peraltro, grazie all'ignoranza della geografia degli americani, si beccarono le isole Kurili). Tra bozzetti, analisi, piccoli scoop e prospettive ignote al lettore italiano non solo di allora, salta fuori un lavoro che da solo basterebbe per una carriera. Da notare, peraltro, che Montanelli in Giappone ci sta quasi cinque mesi, non i quattro giorni di rigore dei nostri inviati o aspiranti tali.

Ci sono in questo libro, li ricordo con piacere, non solo la serata a vedere il teatro Noh, ma anche la storia dei 47 samurai o il "made in Japan" che scopiazza quello nostrano e americano. Ci sono ministri, principi, borghesi e popolani e c'è la presenza/assenza del Tenno, l'Imperatore. C'è tantissimo, oltre alla grazia della scrittura (Montanelli è come Italo Calvino: lo si ricorda geniale con la penna ma se non lo si frequenta si rischia lo stupore davanti a certi giri che in effetti sono più complessi) e vale davvero la pena di leggerlo se non altro - viste le posizioni politiche abbastanza granitiche dell'uomo oltre che del giornalista - con il piacere della prospettiva storica e non del nostro periodico voltare di gabbana.

A proposito del giornalista (e della prosa in prima persona che oggi pare cosa nuova, da raffinato conoscitore di blog) scrive Montanelli nell'attacco dell'articolo del 3 febbraio 1952 intitolato "Quattro modi per dire grazie":

Ricordo di aver scritto un articolo, che forse a sua volta nessuno ricorda, perché gli articoli in fondo li ricordano solo coloro che li scrivono; ricordo, dico, di aver scritto in un articolo che Tokio è una città ciabattona. E lo confermo [...].

Indro Montanelli
L'impero Bonsai
Rizzoli, 2007
17 Euro

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