L'idea non è male: l'aereo cade nel deserto, intorno ci sono anche i beduini arrabbiati (o i briganti mongoli), l'unico modo per salvarsi è ricostruirlo e volare via. Il libro e il film originale sono ambientati nel deserto libico (prospettori petroliferi), invece il remake del 2004 con Dennis Quaid è nel deserto dei Gobi, in Mongolia (dove si cerca il petrolio adesso).

L'implausibilità dal punto di vista tecnico è assoluta, ma non è questo il punto. L'idea di creare un "volo della Fenice" è straordinaria perché scava nel profondo dell'animo umano (rialzarsi dopo una sconfitta) e richiede un discreto esercizio di pensiero fuori dagli schemi e di applicazione completa al proprio obiettivo. Tra i limiti del remake (l'originale non l'ho ancora visto) c'è il giochino ad eliminazione stile survivors (chi ce la farà ad arrivare alla fine?) che è lento e allunga talmente i confini della parola stillicidio da costringerla a un mese di trazione ortopedica per tornare come prima.
Nel complesso, il film si fa vedere ma non ha meriti davvero particolari.
Nessun commento:
Posta un commento