LA SECONDA COSA è relativa al Cloud computing. Lo sappiamo che le "nuvole" sono qualcosa di importante e complesso che sta accadendo. Alcune grandi aziende (e cioè i loro vertici) hanno continuato a dire a lungo che si trattava solo di un altro modo per dire cose vecchie come i servizi ASP, ma la realtà è diversa. Non sono Application service provider né tantomeno le Active Server Pages di microsoftiana memoria.
Il Cloud computing è un modo nuovo, legato alle capacità tecnologiche attuali, prima non disponibili, e alla maturazione della cultura informatica delle persone. Sono quasi dieci anni che facciamo sempre più cose sul web e almeno cinque o sei che, con il Web 2.0, facciamo tutto sul web in maniera evoluta, paragonabile a usare delle applicazioni. Cosa succede adesso?
Le risorse si spostano in rete, i servizi si spostano in rete e abbiamo sempre più bisogno della rete per funzionare. Sia l'uso del computer per aumentare la capacità della nostra mente che l'uso come strumento per la comunicazione mediata dalla macchina (Cmc, computer-mediated communication) al giorno d'oggi richiedono la rete. Se non c'è rete (che intendiamo come servizio, non come infrastruttura) si va poco lontano. Lo vediamo se si rompe il modem a casa, se non va il servizio in città, se si "spegne" l'erogatore dei nostri servizi (posta, connettività per giocare, e via dicendo).
Questo spostamento dei servizi e dei dati al di fuori della nostra portata non è in realtà nuovo, ma è nuovo l'impatto che può avere in caso di disservizi. Perché ci sono pochi servizi che raccolgono tanti utenti: milioni di utenti tutti appesi a poche centrali erogatrici. Xbox Live, Playstation Network, Amazon Cloud, Microsoft, Google, altre cose simili fatte da pochi altri semisconosciuti come Akamai.
L'impatto? È semplice: basta un colpetto ben assestato (magari una tempesta perfetta: la rottura di due o tre componenti che fanno saltare uno datacenter strategico) e i servizi di milioni di persone si inchiodano. A quel punto, la voce si sparge, i forum e le pagine web si popolano di notizie "catastrofe! catastrofe!) e la percezione dell'evento è superiore all'evento stesso. Si esce dalla fisica e dalla chimica per entrare nella comunicazione e nella sociologia.
Quel che voglio dire, guardando agli effetti dei "down" di Amazon e Sony di cui parlavo qui, è che la voce che si sparge è superiore all'effetto reale. E siccome non è una relazione matematica, ma un sentire sociale, un modo di pancia per attribuire i valori condivisi, sappiate che secondo me il "nuovo normale" sarà questo, a lungo andare.
25.4.11
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