IN QUESTO PERIODO viaggio meno e in definitiva "consumo" meno contenuti mediali. Erano i tempi morti e i non-luoghi i templi del mio consumo, evidentemente. Ma qualcosa rimedio sempre.
In particolare, ho ripreso un po' di film degli ultimi 15 anni che avevo perso al cinema. Ogni anno ce n'è una dozzina che mi incuriosiscono (la solita paccottiglia americana: ho gusti cheap) e questo The Cell con giovanissimi Jennifer Lopez, Vince Vaughn e Vincent D'Onofrio mi ha molto stimolato.
È visivamente una festa, giocato sulle luci, i colori e la materialitá delle cose. Trama leggera (serial killer da trovare e fargli confessare dove tiene l'ultima vittima, quasi morta) e lievemente fantascientifica, con la possibilitá del viaggio nel regno della mente altrui. Da questo punto di vista, richiama l'idea alla base di Viaggio Allucinante, ma in chiave più new age. Buon ritmo e finale plausibile.
Non sará un capolavoro, ma fa vedere bravi attori al lavoro (sì, tre: amche Jennifer Lopez pare singolarmente tagliata per questo ruolo, soprattutto da un punto di vista estetico) e tutti molto giovani. Tutto sommato, fa tenerezza. Se avete tempo, vale la pena.
30.1.13
27.1.13
Cute.
TEMPI DI SPENDING review non solo in Italia. Doonesbury di Garry B. Trudeau è un affresco del tempo presente che domani ci ricorderà com'è stato questo Natale, questa domenica. Chi non ne ha provato il brivido, però, difficilmente lo capirà. C'è anche la neve...
23.1.13
Perché odi Apple?
NO, DAVVERO, PERCHÉ la odi?
Troppo bravi? Troppo antipatici? Troppo avidi? Troppo veloci? Troppo lenti? Troppo borghesi? Troppo americani?
La discussione è aperta: i commenti pure!
Troppo bravi? Troppo antipatici? Troppo avidi? Troppo veloci? Troppo lenti? Troppo borghesi? Troppo americani?
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20.1.13
15.1.13
La fornace del vinile (Aggiornato a Vinylmania: quando la vita scorre a trentatré giri al minuto)
LE VENDITE DEI CD continuano a calare, ma a sorpresa si riprendono quelle del vinile. A sorpresa per modo di dire, perché è un trend che continua da alcuni anni. E non accenna a smettere, tanto da far pensare che un domani ci sarà solo musica "liquida" (download legale) e musica su vinile, e ciao ciao CD.
Ma come si fanno e dove li fanno gli LP nel 2013? Ecco un paio di video che ve lo spiegano. Il primo è più "moderno" e coreografato (oltre che pubblicitario), il secondo ha l'aridità di un servizio giornalistico a scopo educativo.
Ma come si fanno e dove li fanno gli LP nel 2013? Ecco un paio di video che ve lo spiegano. Il primo è più "moderno" e coreografato (oltre che pubblicitario), il secondo ha l'aridità di un servizio giornalistico a scopo educativo.
E neanche a farlo apposta, ho anche trovato questo: Vinylmania, il documentario realizzato da un DJ italiano (Paolo Campana) e che è stato appena tradotto in inglese grazie ai fondi raccolti su Kickstarter. Fantastico, direi: mi piacerebbe poterlo avere per recensirlo. Secondo me una storia straordinaria tra analogico e digitale, tra nomadismo e perdita dell'anima.
14.1.13
The End of an Era: Steve McCurry and the Final Roll of Kodachrome Film
LA FINE DI un'era: l'ultimo rullino di Kodachrome, che la Kodak ha da poco smesso di produrre. Un rullino, cioè trentasei scatti, che il fotografo Steve McCurry ha chiesto di poter sfruttare. Non solo gli hanno detto di sì, ma hanno fatto anche un documentario per mostrare come li ha utilizzati e celebrare la fine di un mito della cultura popolare. Ricordate la canzone di Paul Simon, Kodachrome? Qui sotto la canzone:
E qui sotto invece il documentario, dura mezz'ora e si fa decisamente guardare:
E qui sotto invece il documentario, dura mezz'ora e si fa decisamente guardare:
13.1.13
Art and Craft of American Psycho
C'È UNA DIFFERENZA abbastanza sostanziale tra quello che ci piace e quello che è ben fatto. E tra quello che è ben fatto e quello che va bene per noi. Mi spiego. Stavo guardando American Psycho, il film del 2000 di Mark Harron con Christian Bale tratto dal romanzo di Bret Easton Ellis del 1991 sugli anni Ottanta degli yuppie di Wall Street.
Bret Easton Ellis mi spaventa e mi piace abbastanza relativamente: se anziché citarlo uno lo legge trova nelle sue pagine cose abbastanza disturbanti e quasi manieriste per quanto sono torbide. Sono scritte molto bene, ma vanno bene? Per me mica tanto: non mi piace, né da un punto di vista morale (la mia morale, non l'etica di un gruppo) né dal punto di vista sensoriale. Le emozioni che genera non sono sane per me, secondo me, così come non sarebbe sano guardare per me uno snuff movie.
Invece, il film si muove su un piano diverso: utilizza l'estetica per addomesticare le emozioni e trasferirle in una dimensione lacaniana da sogno. Non questo film in particolare, tutti i film. E invece questo è fatto certamente bene, conta su una ottima interpretazione di Christian Bale che ha una componente di follia sufficientemente variegata da fornire un catalogo di emozioni piuttosto ampio. Stupisce come può stupire la ricchezza di dettagli e di inventiva di una tavola di un fumetto o una stampa ottocentesca. Però.
Devo dirlo? Mi disturba. E non voglio censurarlo, va benissimo guardarlo, figuriamoci. Come leggersi il romanzo. È che a me sembra un po' in malafede, una sorta di provocazione gratuita per fare spettacolo. Anche se la sirena sottostante, quella di New York, è fenomenale!
Bret Easton Ellis mi spaventa e mi piace abbastanza relativamente: se anziché citarlo uno lo legge trova nelle sue pagine cose abbastanza disturbanti e quasi manieriste per quanto sono torbide. Sono scritte molto bene, ma vanno bene? Per me mica tanto: non mi piace, né da un punto di vista morale (la mia morale, non l'etica di un gruppo) né dal punto di vista sensoriale. Le emozioni che genera non sono sane per me, secondo me, così come non sarebbe sano guardare per me uno snuff movie.
Invece, il film si muove su un piano diverso: utilizza l'estetica per addomesticare le emozioni e trasferirle in una dimensione lacaniana da sogno. Non questo film in particolare, tutti i film. E invece questo è fatto certamente bene, conta su una ottima interpretazione di Christian Bale che ha una componente di follia sufficientemente variegata da fornire un catalogo di emozioni piuttosto ampio. Stupisce come può stupire la ricchezza di dettagli e di inventiva di una tavola di un fumetto o una stampa ottocentesca. Però.
Devo dirlo? Mi disturba. E non voglio censurarlo, va benissimo guardarlo, figuriamoci. Come leggersi il romanzo. È che a me sembra un po' in malafede, una sorta di provocazione gratuita per fare spettacolo. Anche se la sirena sottostante, quella di New York, è fenomenale!
Ahhh! The start of a new semester!
SI APRE UNA nuova stagione accademica negli Usa e questa domenica il neo-pragmatismo di cui avremmo tanto bisogno anche noi fa capolino su Doonesbury grazie alla poliedricità di Garry B. Trudeau.
8.1.13
Il Gattopardò: "Plus ça change, plus c'est la même chose”
COSE CHE NON sapevo: quando Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) cesellò la celebre del Gattopardo "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi", non è che fosse privo di modelli e possibili fonti di ispirazione.
Money Quote: The French journalist, novelist and social commentator, Jean-Baptiste Alphonse Karr (1808-1890), is the author of the witty expression, "plus ça change, plus c'est la même chose” which, as is almost always the case, sounds much more melodic than the English, “the more things change, the more they stay the same”.
Ops...
Money Quote: The French journalist, novelist and social commentator, Jean-Baptiste Alphonse Karr (1808-1890), is the author of the witty expression, "plus ça change, plus c'est la même chose” which, as is almost always the case, sounds much more melodic than the English, “the more things change, the more they stay the same”.
Ops...
6.1.13
Beats me. So what'd you get?
DOMENICA DI SALDI anche per Doonesbury, la prima del 2013. Promette bene: Garry B. Trudeau non dà segni di stanchezza.
5.1.13
Buckingham Nicks
DIECI CANZONI, E poco altro. L'album di esordio e al tempo stesso di addio del duo Buckingham-Nicks, partner anche nella vita, che si scioglieva per andare a confluire nei Fleetwood Mac, è tutto qui. Nudo, come la copertina.
Stevie Nicks e Lindsey Buckingham erano attivi musicalmente a Los Angeles da almeno otto anni quando, registrando il loro secondo album ufficiale per la Polydor, incontrarono casualmente i Fleetwood Mac. Un incontro nello studio di registrazione che fu fatale per molti versi: la mitica band londinese tra le protagoniste del "british blues boom" negli anni Sessanta era da tempo in disarmo. Se n'era andato via il fondatore Peter Green, che poi era il chitarrista che aveva rimpiazzato Eric Clapton nei John Mayall & the Bluesbreakers, per dire. E i Fleetwood Mac stavano agonizzando alla ricerca di una nuova identità. Che fu pop e derivò, dopo quell'incontro, in buona parte dal DNA di Stevie Nicks e Lindsey Buckingham.
Pochi ricordano però che, quando avevano sciolto il loro duo (mandando a spasso batterista e bassista, tornati a fare gli oscuri turnisti), Nicks e Buckungham avevano già inciso un album che è praticamente un pezzo del sound dei Fleetwood Mac di là da venire. E che è diventata una vera leggenda.
Quest'anno sono esattamente 40 anni dalla pubblicazione in LP di "Buckingham Nicks". Quarant'anni in cui l'album è lentamente diventato un oggetto di culto. Ristampato in un secondo contingente di copie nel 1976, non è poi più stato toccato da Polydor. Ci sono non solo le dieci canzoni incise, ma probabilmente anche altre tre o quattro che sono rimaste nei master dello studio di registrazione, a parte una che è stata ripresa da poco dal duo Buckingham Nicks. E c'è l'anniversario. E un album che non è stato più pubblicato né su Cd ne in versione digitale. Quindi?
È arrivato il momento di tirarlo fuori dal cassetto, anche perché il 2013 è anche il 35mo anniversario di un altro album stratosferico: Rumors, il disco con i più grandi successi del gruppo in cui l'anima musicale dei Fleewtood Mac è quella di Stevie e Lindsey.
Ecco, se dovessi augurarmi qualcosa per quest'anno, tra le altre mi piacerebbe che venisse pubblicato il buon vecchio "Buckingham-Nicks", magari con un po' di materiale extra. Dopo quarant'anni, sarebbe anche l'ora.
(ps: dei Fleetwood Mac parlo spesso, perlomeno secondo le logiche di questo blog: una volta ogni tre o quattro anni. Una delle ultime è stata questa, nel 2008.)
Stevie Nicks e Lindsey Buckingham erano attivi musicalmente a Los Angeles da almeno otto anni quando, registrando il loro secondo album ufficiale per la Polydor, incontrarono casualmente i Fleetwood Mac. Un incontro nello studio di registrazione che fu fatale per molti versi: la mitica band londinese tra le protagoniste del "british blues boom" negli anni Sessanta era da tempo in disarmo. Se n'era andato via il fondatore Peter Green, che poi era il chitarrista che aveva rimpiazzato Eric Clapton nei John Mayall & the Bluesbreakers, per dire. E i Fleetwood Mac stavano agonizzando alla ricerca di una nuova identità. Che fu pop e derivò, dopo quell'incontro, in buona parte dal DNA di Stevie Nicks e Lindsey Buckingham.
Pochi ricordano però che, quando avevano sciolto il loro duo (mandando a spasso batterista e bassista, tornati a fare gli oscuri turnisti), Nicks e Buckungham avevano già inciso un album che è praticamente un pezzo del sound dei Fleetwood Mac di là da venire. E che è diventata una vera leggenda.
Quest'anno sono esattamente 40 anni dalla pubblicazione in LP di "Buckingham Nicks". Quarant'anni in cui l'album è lentamente diventato un oggetto di culto. Ristampato in un secondo contingente di copie nel 1976, non è poi più stato toccato da Polydor. Ci sono non solo le dieci canzoni incise, ma probabilmente anche altre tre o quattro che sono rimaste nei master dello studio di registrazione, a parte una che è stata ripresa da poco dal duo Buckingham Nicks. E c'è l'anniversario. E un album che non è stato più pubblicato né su Cd ne in versione digitale. Quindi?
È arrivato il momento di tirarlo fuori dal cassetto, anche perché il 2013 è anche il 35mo anniversario di un altro album stratosferico: Rumors, il disco con i più grandi successi del gruppo in cui l'anima musicale dei Fleewtood Mac è quella di Stevie e Lindsey.
Ecco, se dovessi augurarmi qualcosa per quest'anno, tra le altre mi piacerebbe che venisse pubblicato il buon vecchio "Buckingham-Nicks", magari con un po' di materiale extra. Dopo quarant'anni, sarebbe anche l'ora.
(ps: dei Fleetwood Mac parlo spesso, perlomeno secondo le logiche di questo blog: una volta ogni tre o quattro anni. Una delle ultime è stata questa, nel 2008.)
3.1.13
Like a pro
OGNI TANTO CI inciampo. C'è qualche pubblicità in rete, nella parte inglese della rete, che propone di insegnarti (a pagamento) a fare qualcosa o di fornirti gli strumenti per fare qualcosa "like a pro", come un professionista. Che è diverso da dire "come un esperto". Invece, dà l'idea che anche se non sei un esperto, usi lo strumento o la tecnica del professionista, quindi va bene così. Ce la fai lo stesso benissimo
A pensarci trenta secondi sembra una coglionata pazzesca, di quelle in cui nessuno cade neanche per errore o se ce lo spingono a viva forza, eppure ha un appeal seduttivo pazzesco dal punto di vista comunicativo.
Pensate al lato paradossale, però: "pescare come un professionista", "prendere la pressione del sangue come un professionista", "correre la maratona come un professionista", "pilotare l'aereo come un professionista", "suonare la chitarra come un professionista", "sparare sui terroristi come un professionista", "scrivere libri come un professionista".
"Like a pro" è una espressione priva di senso comune, serve a vendere specchietti alle allodole. Possibile che sia uno dei grandi fattori di seduzione comunicativa? Eppure, c'è chi si compra i marchi "like a pro": dai coltellini svizzeri agli abiti con tessuto tecnico, dai libri che ti insegnano a fare qualcosa ai corsi di preparazione estemporanea, fino a tutto quello che pone come obiettivo vivere la vita di un'altra persona, presunta esperta o professionista di un determinato settore o attività. Assurdo, no?
A pensarci trenta secondi sembra una coglionata pazzesca, di quelle in cui nessuno cade neanche per errore o se ce lo spingono a viva forza, eppure ha un appeal seduttivo pazzesco dal punto di vista comunicativo.
Pensate al lato paradossale, però: "pescare come un professionista", "prendere la pressione del sangue come un professionista", "correre la maratona come un professionista", "pilotare l'aereo come un professionista", "suonare la chitarra come un professionista", "sparare sui terroristi come un professionista", "scrivere libri come un professionista".
"Like a pro" è una espressione priva di senso comune, serve a vendere specchietti alle allodole. Possibile che sia uno dei grandi fattori di seduzione comunicativa? Eppure, c'è chi si compra i marchi "like a pro": dai coltellini svizzeri agli abiti con tessuto tecnico, dai libri che ti insegnano a fare qualcosa ai corsi di preparazione estemporanea, fino a tutto quello che pone come obiettivo vivere la vita di un'altra persona, presunta esperta o professionista di un determinato settore o attività. Assurdo, no?
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