UNO DEGLI ELEMENTI che caratterizzano il caso di Lewis "Scoopy" Libby, il capo dello staff del vicepresidente degli Stati Uniti appena incriminato negli Usa, è quello della stampa.
L'incriminazione si basa fondamentalmente sulle testimonianze di tre giornalisti di alto profilo, Judith Miller del New York Times, Matthew Cooper del settimanale Time, Tim Russert di NBC News, ed è la prima volta che accade a un così elevato livello.
Questo, secondo il San Francisco Chronicle, apre la via ad inquietanti interrogativi sulla libertà della stampa e soprattutto sulla riservatezza circa le fonti.
Giusto per ricordarlo, il segreto professionale per i giornalisti in Italia esiste in modo parziale: per gli iscritti all'albo dei professionisti (niente pubblicisti) e per di più solo se il giudice non ritiene che sia necessario in ogni caso sapere il nome della fonte. Altrimenti, è galera...
29.10.05
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