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Mentre il volume si srotola davanti ai miei occhi, una pagina tra quelle centrali si ferma sotto il mio sguardo. C'è una foto, davanti al planetario di Boston, dove sono riuniti forse per l'unica volta nella storia i 19 uomini che hanno lavorato al progetto iniziale della rete delle reti. Alcuni di loro sono morti, tutti sono molto più vecchi, adesso. Tra un po', con il correre del tempo, saranno sempre meno. La foto è del 1996, la rete invece nasce a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
Due firme a penna, in basso: Vint Cerf e Bob Kahn, cioè i due pionieri che hanno scritto il codice per l'instradamento dei pacchetti con i dati. E' il Tcp/Ip, l'alfabeto della rete. Sono vivi, ognuno impegnato in una nuova avventura: li ho incontrati a Pisa alcuni giorni fa - prima della mia partenza per San Francisco - mentre ricevevano la laurea Honoris Causa dall'ateneo toscano. Erano accompagnati dalle mogli: avvocatessa quella di Kahn, insegnante quella di Cerf. Vinton dalla nascita è praticamente sordo, ed ha conosciuto la moglie al liceo, durante un corso per ragazzi audiolesi. Il primo giorno l'insegnante li mise a sedere accanto e da allora non si sono mai separati.
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Accarezzo per un attimo ancora le due firme, i due autografi che hanno segnato sul mio vecchio libro: l'oggetto è un racconto "sociologico" della giornalista, una ricostruzione dell'avventura che ha portato alla nascita della rete, pieno di storie e dettagli sulla loro vita e di quella degli altri che insieme a loro hanno costruito Internet. Alla mia domanda un po' ingenua se lo abbiano letto, risponde Kahn dicendo che lo ha letto in questa versione, e in quella precedente, e in quella prima ancora, almeno una decina di volte, mano a mano che il testo si componeva nella sua forma definitiva.
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Ecco, i ricordi sono questi: ho altri lavori da finire prima di scrivere questa storia ambientata in un pomeriggio pisano, lungo l'Arno soleggiato più a valle del mio Arno fiorentino. Spero che ne venga fuori un buon articolo. Adesso però capisco la differenza tra un giornale e un blog per chi di mestiere come me scrive: è questa la storia che vorrei mi chiedesse il mio direttore, non l'altra, quella più formale. Ma va bene anche quella che pubblicheremo sul giornale; sarà per forza di cose più distante dalle mie emozioni ma spero non meno interessante. E' giù tardi: chiudo il libro di Katie Hafner e mi metto a lavorare sulla prossima scadenza.
1 commento:
Come nella vecchia barzelletta col Papa: ma chi sono quei due signori al tavolo con Antonio?
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