IVAN FULCO HA appena fatto uscire il volume Virtual Geographic, che è una sorta di viaggio per immagini e articoli attraverso il mondo dei videogiochi. E' un catalogo, un mini coffe table book, uno strumento illustrato per orientarsi o stupirsi con le immagini e l'estetica dei video games contemporanei. Perché farlo? L'idea di fondo in realtà è sfogare una passione: Fulco e i suoi colleghi (dentro c'è anche la vecchia conoscenza Matteo Bittanti) sono appassionati prima di tutto e poi molto bravi e analitici nell'analizzare il fenomeno del video game. Ma c'è di più.
Se si guarda oltre lo stupore delle immagini sintetiche e si legge oltre le informazioni e riflessioni che sicuramente si possono rintracciare nel libro (qui se ne parla nel dettaglio dei contenuti), l'idea di fondo secondo me è che siamo di fronte ad un altro piccolo mattoncino della biografia di una generazione. Un'autobiografia, conoscendo l'età di chi scrive. E' un pezzo di vita, fondamentalmente, che per i più appassionati adesso sta diventando un lavoro e non solo. I videogiochi sono in parte cultura mainstream al giorno d'oggi e gli sforzi in Italia proprio di Ivan e soprattutto di Matteo (insieme anche all'ottimo Jaime d'Alessandro) spingono in questa direzione. Perché dentro il video game si ritrova il sapore di una esperienza che ha definito e segnato profondamente proprio questa generazione di nati a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta. Una generazione totalmente dimenticata e che si è voluta far dimenticare perché ha per prima scoperto altre vie e percorsi dove rifugiarsi.
Sarà stato il caso oppure una necessità dettata dal sistemarsi delle cose sociali prima e dopo, ma meriterebbe un'analisi e un racconto più approfondito e ad ampio spettro. Sto cercando di organizzare le idee anche su questo tema, ma non è semplice. Però ce la si potrebbe può fare, o no? Che ne dite?
20.11.06
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