26.6.07

Buon compleanno, Blade Runner

ESATTAMENTE 25 ANNI fa è cambiato radicalmente il cinema. E' infatti uscito il film di Ridley Scott, Blade Runner, che ha inventato dal niente il nostro futuro, o meglio il futuro del nostro immaginario. Un colpo potentissimo, le cui onde ancora non hanno finito di riverberarsi nel nostro presente.

Ci sono mille immagini possibili per cercare di evocarlo in questo post: dopotutto si è trattato dell'esperienza visiva per eccellenza della mia generazione, quella che lascia il segno e stabilisce l'altezza dell'ostacolo da saltare, della dimensione della siepe leopardiana davanti alla quale ci fermiamo ammutoliti. Se cercate su Google di immagini ne trovate a centinaia, e ognuna è una sorpresa: non potrebbe essere altrimenti visto quanto profondamente Blade Runner è infisso nelle nostre cortecce cerebrali. Però, devo dire la verità, per la mia estetica quella di Rachael, il pivot attorno al quale ruota la debole storia hammettiana in qualche modo strappata fuori dalle ossessioni di Philip K. Dick, è la più pregnante. E' l'immagine di un desiderio di sadica normalità avvolta dall'alone dell'ambiguità, comunque irrisolta nei due finali del film. E' la lucida, laccata, irrisolta ambiguità della mia generazione, raccolta quasi fino all'ultimo come i capelli di Sean Young.

Tra l'altro, solo grazie a questo film si dimostra tristemente l'insensatezza delle tesi di Johnson Steven e del suo libello Everything Bad is Good for You.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo con te, pero' credo che Ridley Scott abbia commesso alcuni errori. Innanzitutto quello di eliminare il fatto degli animali "veri" come status simbol (non a caso il libro di Dick si intitola "Ma gli androidi sognano pecore elettriche) e il discorso religioso-mistico-empatico. Inoltre c'è un errore di sceneggiatura che crea una forte incongruenza. Il mondo descritto è quello del classico dopobomba, desolato, palazzoni disabitati etc. Poi sono diverse le scene di una città trafficata e congestionata con la classica folla.
Per il resto certe atmosfere che si possono leggere negli scritti di Dick sono riportate in maniera fedele spostando anche l'attenzione dalla trama fantascientifica.
ovviamente ottimo film

saluti

Piero

Anonimo ha detto...

Io ricordo lo stupore nel riconoscere negli interni di casa Deckard i moduli in cemento armato prefabbricati disegnati nel 1923 (!) da quel genio di Frank Lloyd Wright.

Culto.

Stefano