DOPO LA CONFERENZA di San Francisco era anche uscito un comunicato ufficiale di Apple per dire che Steve Jobs stava benone, alla faccia dei commenti che iniziavano ad apparire in rete dopo il suo keynote (ad agosto io ero là, nel Moscone Center, ed in effetti aveva l'aspetto un po' stanco e deconcentrato). Adesso però, la nomina di Eric Schmidt, Ceo di Google, a membro del board di Apple non mi torna. Perlomeno, la spiegazione che ne diamo tutti sui giornali: la grande alleanza tra Google ed Apple.
Steve Jobs ad agosto di due anni fa si è operato di tumore al pancreas, una forma rara e per sua fortuna benigna. Quando lo annunciò (con una email dall'ospedale, e tornò rapidamente al lavoro a settembre) venne giù un mezzo finimondo. Lui è forse uno dei più appariscenti tra gli amministratori delegati superstar, quelli che da soli, per il loro carisma e la capacità di dare fiducia e convincere, fanno stare in piedi le aziende. Si chiedevano i mercati finanziari: ma quando lui non ci sarà più, Apple che farà?
Ecco, Schmidt è stato chiamato a suo tempo per motivi simili alla guida di Google. Se volete, è il contrario del problema ma in realtà sono le facce della stessa medaglia: i due fondatori dell'azienda super-miliardaria Google sono bravi, belli e intelligenti, ma non sono convincenti nel lungo periodo come amministratori delegati. Schmidt è invece una specie di Giuliano Amato dell'epoca dei governi tecnici, per intenderci, uno buono per tutte le stagioni che porta a casa la fiducia degli azionisti, dei dipendenti e dei consumatori. Messo dentro la compagine di Apple nell'unico modo possibile - cioè nel board, è anche quello più vicino alla stanza del gran capo di Apple.
Insomma, a me questa cosa di Apple-Google non mi sembra tanto l'inizio di una grande alleanza. Mi sembra più, invece, un segnale del tipo: guardate che qui a Cupertino siamo preparati. Abbiamo un piano B, casomai qualcosa andasse storto col capo supremo. Abbiamo il tecnico di successo che è pronto a salvare baracca e burattini, quindi rilassatevi e soprattutto non vende le azioni sottocosto.
Steve Jobs sta bene, comunque. Ma non è questo il punto: è l'interpretazione del segnale, così come il fatto che abbia mandato altre tre persone sul palco del Moscone a inizio agosto. Altro che alleanze. E poi, nel board di Apple c'è anche Al Gore, ma mica ci immaginiamo per questo che Steve Jobs possa correre come prossimo governatore della California...
31.8.06
Smoky
TORNO GIUSTO IN tempo per vedere i primi timidi passi del viral marketing editoriale nostrano al lavoro. Tocca all'Ombra delle edizioni Piemme l'onore di entrare - dalla prospettiva del mio ombelico - nel mondo del passaparola dei blog italiani.
28.8.06
Mare, mare, mare...
QUESTO POSTO, IN piena controtendenza come suo solito, va al mare due giorni. Si lavorerà praticamente senza connessioni di sorta ma con i piedi sulla spiaggia, ci si riposerà, si leggerà e si mangerà un po' meglio - si spera - per prepararsi alla nuova stagione del Campionato del Mondo di Colpi di Reni. Prima gara in programma tra pochi giorni: il Triplo Carpiato di Settembre: Berlino, Londra, Parigi.
Se ne riparla da giovedì.
Auf Wiedersehen...
Se ne riparla da giovedì.
Auf Wiedersehen...
Sbagliando tragicamente strada
L'INCIDENTE AEREO DI ieri l'altro, negli Stati Uniti, in cui sono morte 49 persone (c'è un sopravvissuto, se ce la fa) è stato provocato da un errore umano. Il Canadair di Comair, compagnia aerea regionale affiliata a Delta, ha imboccato la pista sbagliata per il decollo da Blue Grass Airport di Lexington, nel Kentucky. Era mattina molto presto (le sei), quindi ancora buio. L'aereo era diretto ad Atlanta. Secondo il San Francisco Chronicle il bimotore a reazione CRJ-100 - simile per impostazione al Dc9-Md80 - avrebbe avuto bisogno di altri cinquemila piedi oltre ai 3500 di lunghezza della pista che aveva imboccato.
Da sottolineare che l'incidente ha posto fine al "periodo più sicuro nella storia dell'aviazione americana": non c'erano infatti più stati incidenti aerei di grandi dimensioni dal 12 novembre del 2001, quando il volo 587 dell'American Airlines si schiantò in un sobborgo residenziale del Queens, a New York, uccidendo 265 persone tra cui cinque residenti dell'area.
Da sottolineare che l'incidente ha posto fine al "periodo più sicuro nella storia dell'aviazione americana": non c'erano infatti più stati incidenti aerei di grandi dimensioni dal 12 novembre del 2001, quando il volo 587 dell'American Airlines si schiantò in un sobborgo residenziale del Queens, a New York, uccidendo 265 persone tra cui cinque residenti dell'area.
27.8.06
24.8.06
Globalizzazione e terrorismo
VIVIAMO IN UN mondo globale - che ci piaccia o meno e a prescindere da qualsiasi etichetta politica - e c'è il terrorismo. Anzi, ci sono più mondi globali e più terrorismi. Poi, c'è un pensiero unico che cerca di mostrarne solo uno di ciascuna specie; questo pensiero è presente sia in Occidente che, come pare di capire, anche tra le popolazioni di fede e cultura islamica. Controprova: andate in Cina a parlare di globalizzazione e terrorismo e scoprirete un popolo che vive su un altro pianeta, con altre priorità, obiettivi, paure, idee.
Ok, facciamo un altro passo in avanti. Il mondo globale è principalmente fatto di due cose: bit e atomi più leggeri dell'aria. I bit trasmettono le informazioni: dalla televisione (che non sono bit ma avete capito il concetto) sino a Internet; gli atomi più leggeri dell'aria sono sostanzialmente gli aerei. Grazie a questo si spostano persone, idee, volontà e merci in tutto il mondo a una velocità prima mai raggiunta. Io ad esempio abito a Milano ma il mio lavoro non è a Milano. Anzi, a Milano in quanto tale praticamente non faccio mai niente di operativo: se non ci fossero gli aerei e le reti di bit, dovrei vivere probabilmente in California o fare avanti e indietro tra le capitali europee a dorso di mulo. Invece, scrivo e parlo di cose e persone con le quali sono in contatto (di persona o digitale) pur dormendo buona parte dell'anno a Milano.
Terzo passo in avanti: il terrorismo. C'è, ma è a quanto pare strumentalizzato a destra e a manca. Non solo nei paesi islamici. Perché il suo obiettivo, come spiega ottimamente Schneier in questo articolo che vale assolutamente la pena di leggere, non è di ammazzare alcune migliaia di persone, ma di terrorizzare tutti gli altri. I morti sono eroi o danni collaterali, a seconda dei punti di vista. Gli altri, cioè noi, siamo il bersaglio. E chi aiuta meglio ancora delle (improbabili) bombe chimiche i terroristi a colpire il bersaglio?
But our job is to remain steadfast in the face of terror, to refuse to be terrorized. Our job is to not panic every time two Muslims stand together checking their watches. There are approximately 1 billion Muslims in the world, a large percentage of them not Arab, and about 320 million Arabs in the Middle East, the overwhelming majority of them not terrorists. Our job is to think critically and rationally, and to ignore the cacophony of other interests trying to use terrorism to advance political careers or increase a television show's viewership.
ps: se parlate bene cinese o siete fluenti in spagnolo, provate a fare questo ragionamento a Pechino o a L'Avana; vedrete una certa perplessità negli occhi dei vostri interlocoutori circa i suoi presupposti... Poi, leggete il Corriere oppure La Repubblica oppure guardate un Tg e ditemi. Non sono "terrificanti" anche nella loro asciuttezza e terribile "imparzialità" nel presentare le notizie che hanno scelto di raccontare?
Ok, facciamo un altro passo in avanti. Il mondo globale è principalmente fatto di due cose: bit e atomi più leggeri dell'aria. I bit trasmettono le informazioni: dalla televisione (che non sono bit ma avete capito il concetto) sino a Internet; gli atomi più leggeri dell'aria sono sostanzialmente gli aerei. Grazie a questo si spostano persone, idee, volontà e merci in tutto il mondo a una velocità prima mai raggiunta. Io ad esempio abito a Milano ma il mio lavoro non è a Milano. Anzi, a Milano in quanto tale praticamente non faccio mai niente di operativo: se non ci fossero gli aerei e le reti di bit, dovrei vivere probabilmente in California o fare avanti e indietro tra le capitali europee a dorso di mulo. Invece, scrivo e parlo di cose e persone con le quali sono in contatto (di persona o digitale) pur dormendo buona parte dell'anno a Milano.
Terzo passo in avanti: il terrorismo. C'è, ma è a quanto pare strumentalizzato a destra e a manca. Non solo nei paesi islamici. Perché il suo obiettivo, come spiega ottimamente Schneier in questo articolo che vale assolutamente la pena di leggere, non è di ammazzare alcune migliaia di persone, ma di terrorizzare tutti gli altri. I morti sono eroi o danni collaterali, a seconda dei punti di vista. Gli altri, cioè noi, siamo il bersaglio. E chi aiuta meglio ancora delle (improbabili) bombe chimiche i terroristi a colpire il bersaglio?
But our job is to remain steadfast in the face of terror, to refuse to be terrorized. Our job is to not panic every time two Muslims stand together checking their watches. There are approximately 1 billion Muslims in the world, a large percentage of them not Arab, and about 320 million Arabs in the Middle East, the overwhelming majority of them not terrorists. Our job is to think critically and rationally, and to ignore the cacophony of other interests trying to use terrorism to advance political careers or increase a television show's viewership.
ps: se parlate bene cinese o siete fluenti in spagnolo, provate a fare questo ragionamento a Pechino o a L'Avana; vedrete una certa perplessità negli occhi dei vostri interlocoutori circa i suoi presupposti... Poi, leggete il Corriere oppure La Repubblica oppure guardate un Tg e ditemi. Non sono "terrificanti" anche nella loro asciuttezza e terribile "imparzialità" nel presentare le notizie che hanno scelto di raccontare?
Adesso spingiamo tutti insieme...
PARE CHE DOMANI spostino la statua millenaria di Ramsete II dal centro indemoniato di palazzi, ponti e auto del Cairo. Pare che per farlo si basino sulle mappe di Google. Pare, insomma, che gli uffici tecnici egiziani siano veramente alla frutta...
A finalizzare il viaggio, dal Cairo sino all'area delle grandi Piramidi, ci penserà addirittura Klm, che poi sarebbe la compagnia di bandiera olandese, da un annetto o due fusa con Air France. Come mai? Boh...
A finalizzare il viaggio, dal Cairo sino all'area delle grandi Piramidi, ci penserà addirittura Klm, che poi sarebbe la compagnia di bandiera olandese, da un annetto o due fusa con Air France. Come mai? Boh...
23.8.06
L'altro Posto accanto a questo
VE LO RICORDO, perché alle volte la cosa uno non la nota da sola guardando qui accanto la (breve) lista dei link: in questo Posto ci va quel che non scrivo per gli altri ma che scrivo per tutti. In quell'altro, il Posto numero due, ci va proprio tutto. Tanti articoli e storie che vanno altrove e che non sono già in rete... E' la divertente vicenda dell'Ottomano Hou Dini di cui parlava lui qui.
Surf in bed with Nintendo
FORSE CI SIAMO: forse è arrivato il piccolo oggetto tecnologico senza fili che mi permetterà di alleggerire lo zainetto e contemporaneamente rimanere collegato alla posta elettronica. Il miracolo potrebbe averlo fatto Nintendo, che ha appena rilasciato - in Giappone, ma a settembre arriva anche in Italia - il browser per la console portatile DS. A differenza di Psp di Sony, che è già equipaggiata di un browser accettabile nelle performance ma insopportabile nell'inserimento indirizzi, questo utilizza il touch screen e ha a disposizione i due schermi. Non supporta Flash, ma se riesce a far vedere Gmail...
Qui c'è anche uno che ha messo su YouTube ben due recensioni video ben articolate: bravo ragazzo. Pare che Gmail funzioni (ma senza Gtalk...)
Qui c'è anche uno che ha messo su YouTube ben due recensioni video ben articolate: bravo ragazzo. Pare che Gmail funzioni (ma senza Gtalk...)
22.8.06
Il mondo? Finisce oggi...
SECONDO AUTOREVOLI COMMENTATORI americani, ripresi ieri anche da Repubblica, i Grandi Capi dei Paesi Islamici - oramai avviati a subire per certo una preventiva operazione di ripulitura "definitiva", a cominciare dall'Iran - oggi lanceranno l'Armageddon. L'attacco atomico "telefonato" si può evincere da testi per le scuole medie vecchi di anni e da patriottici discorsi del Grande Imam.
Bah...
Bah...
21.8.06
Colours
QUESTO E' INTERESSANTE:
Mercoledì scorso due uomini sono stati fatti scendere da un volo Malaga-Manchester a causa delle preoccupazioni dei passeggeri circa il loro comportamento e per il fatto che forse stessero parlando in arabo, scrive la BBC. Monarch Airlines ha dichiarato che i passeggeri "hanno chiesto che i due uomini venissero fatti scendere perché agivano in modo sospetto".
Uno dei passeggeri, Heath Schofield, ha spiegato alla BBC: "Avevamo iniziato a imbarcarci sul volo. Nostra figlia ha notato una coppia di uomini che forse si stavano comportando in maniera un po' strana. Andavano avanti e indietro lungo la fila e alla fine hanno preso posto da soli sull'aereo".
"In ogni caso, abbiamo preso l'aereo e ci siamo imbarcati; quando si stavano per completare le operazioni d'imbarco ci siamo resi conto che molti passeggeri si erano rifiutati di salire. Sono cominciate a circolare delle voci, un po' come un passaparola, e a quel punto anche altre persone già imbarcate hanno deciso di scendere".
Jo, la moglie di Schofield, aggiunge: "Ancora non sapevamo che cosa era stato detto o se ci fosse qualcosa di cui preoccuparsi. Molte mamme cercavano di calmare i loro figli che erano parecchio spaventati a causa di quel che avevano visto in tivù nei giorni scorsi. E' diventato chiaro che la ragione per la quale alcune persone non si erano volute imbarcare stava nel fatto che qualcuno aveva sentito i due signori parlare. Penso che parlassero in arabo".
A quel punto la polizia spagnola è salita sull'aeroplano, ha controllato i passaporti dei due uomini e li ha fatti scendere dal velivolo. i due sono stati interrogati per alcune ore e alla fine rilasciati; sono potuti ripartire in aereo per la Gran Bretagna alcuni giorni dopo.
Il parlamentare di Birmingham Khalid Mahmood ha definito il fatto che la coppia "parrebbe essere stata giudicata dal colore della sua pelle" come "disgraziato". Ha detto: "Questo non è quel che vogliamo. Il colore della pelle non può identificare quel che uno è. Quel che è successo è una cosa molto triste".
Mercoledì scorso due uomini sono stati fatti scendere da un volo Malaga-Manchester a causa delle preoccupazioni dei passeggeri circa il loro comportamento e per il fatto che forse stessero parlando in arabo, scrive la BBC. Monarch Airlines ha dichiarato che i passeggeri "hanno chiesto che i due uomini venissero fatti scendere perché agivano in modo sospetto".
Uno dei passeggeri, Heath Schofield, ha spiegato alla BBC: "Avevamo iniziato a imbarcarci sul volo. Nostra figlia ha notato una coppia di uomini che forse si stavano comportando in maniera un po' strana. Andavano avanti e indietro lungo la fila e alla fine hanno preso posto da soli sull'aereo".
"In ogni caso, abbiamo preso l'aereo e ci siamo imbarcati; quando si stavano per completare le operazioni d'imbarco ci siamo resi conto che molti passeggeri si erano rifiutati di salire. Sono cominciate a circolare delle voci, un po' come un passaparola, e a quel punto anche altre persone già imbarcate hanno deciso di scendere".
Jo, la moglie di Schofield, aggiunge: "Ancora non sapevamo che cosa era stato detto o se ci fosse qualcosa di cui preoccuparsi. Molte mamme cercavano di calmare i loro figli che erano parecchio spaventati a causa di quel che avevano visto in tivù nei giorni scorsi. E' diventato chiaro che la ragione per la quale alcune persone non si erano volute imbarcare stava nel fatto che qualcuno aveva sentito i due signori parlare. Penso che parlassero in arabo".
A quel punto la polizia spagnola è salita sull'aeroplano, ha controllato i passaporti dei due uomini e li ha fatti scendere dal velivolo. i due sono stati interrogati per alcune ore e alla fine rilasciati; sono potuti ripartire in aereo per la Gran Bretagna alcuni giorni dopo.
Il parlamentare di Birmingham Khalid Mahmood ha definito il fatto che la coppia "parrebbe essere stata giudicata dal colore della sua pelle" come "disgraziato". Ha detto: "Questo non è quel che vogliamo. Il colore della pelle non può identificare quel che uno è. Quel che è successo è una cosa molto triste".
Una Spike nel dito
IL DOCUFILM (SI dirà così?) di Spike Lee è appena uscito nelle sale americane stato trasmesso dalla televisione americana. Racconta, tramite una serie consistente di interviste e immagini, quel che è successo a New Orleans durante l'alluvione e soprattutto dopo, cioè nei mesi successivi. Patetico (nel senso etimologico del termine) e bello. Invece, sto leggendo la biografia di S.L. (una delle cose più noiose, politically correct e affaticanti che mi siano capitate negli ultimi anni, evitatela se potete) e medito di conseguenza sul film. Come fa un arrogante giovane regista - non più tanto giovane - ad essere bravo e al tempo stesso così fastidiosamente noioso quando si parla di lui - per ben 500 pagine?
20.8.06
Bye Bye Wi-Fi On Air
Boeing ha deciso di staccare la spina a Connexion, il suo sistema per dare connessione senza fili all'interno degli aeroplani in volo, grazie a un complesso servizio di ponti radio via satellite. Sinora, dopo l'iniziale lancio con Lufthansa, partecipavano SAS, Japan Airlines, ANA, Singapore Airlines, China Airlines, Korean Air, Asiana Airlines ed El Al Airlines. Mancavano cioè i grandi statunitensi (American, Delta, United) e i due giganti europei British Airways ed Air France.Il costo di Boeing per chiudere l'attività di Connexion sarà di 320 milioni di dollari. Niente più internet in volo, quindi...
19.8.06
Brevi note del viaggiatore di ritorno
ECCOCI QUA: MILANO (con pure un buon piatto di sushi come viatico per una notte si spera leggera). Il viaggio di ritorno? Una carneficina.
Poche ma eloquenti note: il volo da San Francisco a Londra di British Airways è arrivato con due ore di ritardo a causa della logistica dei bagagli (ti perquisiscono anche prima di entrare nell'aereo) e un po' di maltempo sull'aeroporto di Londra, completamente nel panico. A Heatrow, il volo per Malpensa ovviamente perso. Tutto con ritmi da lumaca: code infinite per riuscire a parlare con qualcuno che ti metta (insieme alle due valigie imbarcate) sul prossimo volo per Milano che, anziché alle 14:45 o alle 16 è in realtà alle 17:50 ma partirà - sorpresa sorpresa - con un'ora di ritardo. Atterraggio a Milano alle 21.30, quindi, recuperando qualcosa grazie alla superiore capacità di navigazione degli Airbus (che arrivano a più di 11mila metri, mentre i Boeing si fermano a 10mila e spiccioli, cioè dentro il fronte nuvoloso parcheggiato sul vecchio continente). Però, ci sono anche le buone notizie.
Tanto per cominciare, l'economica del 747-400 SFO-LHR ha un colpo di fortuna insperato, e mi tocca un posto finestrino sull'uscita di sicurezza con tre metri per le gambe. Mi spaparanzo e dormo come un siluro fino al Vecchio continente. Poi, da Londra anziché a Malpensa si va a Linate, grazie all'imprevisto cambio di veivolo. Infine, al ritiro dei bagagli si trova una parte - assai scoglionata - di quelli che si erano imbarcati alle quattro (ed erano partiti invece alle cinque e mezza arrivando dopo le otto di sera) i cui bagagli non erano mai arrivati. Forse sono sul nostro volo, sostiene qualcuno. Quando ho ritirato le mie due borse e me ne sono andato, erano ancora là. La buona notizia, infatti, è che le mie valigie sono arrivate subito...
Ultima cosa: come d'abitudine chiedo anche sul volo successivo di sedermi "by the window". Il lentissimo agente di British fa la faccia contrita: abbiamo finito i finestrini in economica, mi dice. Poi mi guarda con l'occhio da bue: ma se vuole, ce n'è uno in prima classe. Sorrido appena: vabbé, mi accontento. Non coglie l'ironia (sarà anche connazionale di P.G. Woodehouse, ma non si direbbe) e almeno due orette me le faccio comode comode.
A casa mi accorgo che ho dimenticato uno yogurt in frigo: è radioattivo all'interno del suo contenitore sigillato. Poco male, domattina lo espello dal consorzio casalingo. Per adesso, è l'ora di andare a letto...
Poche ma eloquenti note: il volo da San Francisco a Londra di British Airways è arrivato con due ore di ritardo a causa della logistica dei bagagli (ti perquisiscono anche prima di entrare nell'aereo) e un po' di maltempo sull'aeroporto di Londra, completamente nel panico. A Heatrow, il volo per Malpensa ovviamente perso. Tutto con ritmi da lumaca: code infinite per riuscire a parlare con qualcuno che ti metta (insieme alle due valigie imbarcate) sul prossimo volo per Milano che, anziché alle 14:45 o alle 16 è in realtà alle 17:50 ma partirà - sorpresa sorpresa - con un'ora di ritardo. Atterraggio a Milano alle 21.30, quindi, recuperando qualcosa grazie alla superiore capacità di navigazione degli Airbus (che arrivano a più di 11mila metri, mentre i Boeing si fermano a 10mila e spiccioli, cioè dentro il fronte nuvoloso parcheggiato sul vecchio continente). Però, ci sono anche le buone notizie.
Tanto per cominciare, l'economica del 747-400 SFO-LHR ha un colpo di fortuna insperato, e mi tocca un posto finestrino sull'uscita di sicurezza con tre metri per le gambe. Mi spaparanzo e dormo come un siluro fino al Vecchio continente. Poi, da Londra anziché a Malpensa si va a Linate, grazie all'imprevisto cambio di veivolo. Infine, al ritiro dei bagagli si trova una parte - assai scoglionata - di quelli che si erano imbarcati alle quattro (ed erano partiti invece alle cinque e mezza arrivando dopo le otto di sera) i cui bagagli non erano mai arrivati. Forse sono sul nostro volo, sostiene qualcuno. Quando ho ritirato le mie due borse e me ne sono andato, erano ancora là. La buona notizia, infatti, è che le mie valigie sono arrivate subito...
Ultima cosa: come d'abitudine chiedo anche sul volo successivo di sedermi "by the window". Il lentissimo agente di British fa la faccia contrita: abbiamo finito i finestrini in economica, mi dice. Poi mi guarda con l'occhio da bue: ma se vuole, ce n'è uno in prima classe. Sorrido appena: vabbé, mi accontento. Non coglie l'ironia (sarà anche connazionale di P.G. Woodehouse, ma non si direbbe) e almeno due orette me le faccio comode comode.
A casa mi accorgo che ho dimenticato uno yogurt in frigo: è radioattivo all'interno del suo contenitore sigillato. Poco male, domattina lo espello dal consorzio casalingo. Per adesso, è l'ora di andare a letto...
18.8.06
Bye Bye, LinuxWorld
GRAZIE A DIO anche questa è finita: non se ne poteva più. Una buona dormita (dopo un'ottima cena in compagnia di una cara amica che - sorpresa! - è in dolce attesa) e poi si parte.
Sarà un bel macello anche il ritorno, non ci sbagliamo, ma almeno si vola...
Sarà un bel macello anche il ritorno, non ci sbagliamo, ma almeno si vola...
17.8.06
Due più due? Cinque, of course
MENTRE NEGLI AEROPORTI americani hanno implementato un sistema di ricerca delle "facce sospette" [NYT free reg required] (oltre alla perquisizione approfondita del poco bagaglio che si può portare via), cominciano a montare alcuni sconvenienti sospetti. Ne rende sinteticamente conto Mantellini e in maniera più articolata Morelli. Le compagnie aeree ringraziano e intanto si scopre anche che il mercato dei Duty Free negli aeroporti - che vale da solo 27 miliardi di dollari - non se la passa tanto bene. A guadagnarci, eventualmente, sono le compagnie aeree economiche, che possono vendere più bibite a bordo...
CalTrain
STAMANE AVEVO UN appuntamento nella Valle e, siccome non ho preso macchine, mi sono affidato al locale treno che, in effetti, la percorre interamente. Da San Francisco a Sunnyvale (l'ultima della zona 3, segue spiegazione) ci vuole un'oretta. Niente male: la stazione, per quanto decentrata (è quasi all'altezza dello stadio di baseball, tra la 4th St. e King St.) è più che decente e pulita. I biglietti si fanno in un soffio con tariffe analoghe per le zone. Cioè, le fermate sono raccolte in zone; la Zona 1, ad esempio, comprende San Francisco, 22nd Street, Bayshore, South San Francisco, San Bruno. Si decide alla macchinetta, mentre si fa il biglietto, da quale zona si parte, in quale zona sta la fermata di destinazione, e si scopre con piacere che la tariffa è una sola. Non proprio super-economica, ma niente male comunque: 5,25 dollari per 38,8 miglia (lo indicano sul biglietto), cioè un'oretta di viaggio. Inutile dire che in questa maniera si semplifica la vita non poco e si risparmia pure sulla gestione delle biglietterie...
La cosa più spaesante, però, è il treno: posti piccoli, sedili enormi e plasticati ma vicinissimi, "piano di sopra" che sembra un ballatoio mal riuscito. Il controllore passa (forse) a vedere il biglietto e riesce a dare un'occhiata pure a quelli del piano di sopra. Una nota di colore: i treni negli Usa a quanto pare viaggiano tenendo la destra: il contrario che dalle nostre parti.
Nel complesso, è stata una bella esperienza. Godetevi le foto, che sono pure a risoluzione medio-alta (2 Mb, se ci cliccate sopra) del rientro in città. La sorpresa? Nessuna: a furia di stare con gli americani, mi sa che cominci a pensare come loro. Ad apprezzare i vialetti degli shopping center all'aperto (da noi sarebbero più tipicamente i villaggi-outlet, qui sono una cosa diversa) per quanto prefabbricati. Insomma: a parte il costo della vita che è effettivamente caro nel piccolo, rispetto cioè alle nostre cose più economiche, il sistema una volta comprese anomalie ed idiosincrasie pare funzionare. E pure bene.
Ah, mi sono preso un disco esterno per il backup di emergenza da fare prima del ritorno. E pure il mouse senza fili Mighty Mouse Wireless. Speriamo in bene...
La cosa più spaesante, però, è il treno: posti piccoli, sedili enormi e plasticati ma vicinissimi, "piano di sopra" che sembra un ballatoio mal riuscito. Il controllore passa (forse) a vedere il biglietto e riesce a dare un'occhiata pure a quelli del piano di sopra. Una nota di colore: i treni negli Usa a quanto pare viaggiano tenendo la destra: il contrario che dalle nostre parti.
Nel complesso, è stata una bella esperienza. Godetevi le foto, che sono pure a risoluzione medio-alta (2 Mb, se ci cliccate sopra) del rientro in città. La sorpresa? Nessuna: a furia di stare con gli americani, mi sa che cominci a pensare come loro. Ad apprezzare i vialetti degli shopping center all'aperto (da noi sarebbero più tipicamente i villaggi-outlet, qui sono una cosa diversa) per quanto prefabbricati. Insomma: a parte il costo della vita che è effettivamente caro nel piccolo, rispetto cioè alle nostre cose più economiche, il sistema una volta comprese anomalie ed idiosincrasie pare funzionare. E pure bene.
Ah, mi sono preso un disco esterno per il backup di emergenza da fare prima del ritorno. E pure il mouse senza fili Mighty Mouse Wireless. Speriamo in bene...
16.8.06
Cara, dove hai messo le mie palle?
PASSATO IL FERRAGOSTO, che qui in America non se lo fila nessuno (solo l'eco lontana di qualche - rado - sms di auguri dall'Italia me lo fa all'improvviso sovvenire) mi viene invece di recuperare una foto che avevo scattato qualche giorno fa. Quello che vedete qui a destra in tutta la sua magnificenza, è in realtà un piccolo oggetto che ho trovato in un centro commerciale nel quale ero entrato a fare un giro lo scorso fine settimana. Già dal titolo, Voice Recorder Golf Ball Display, si capisce che siamo di fronte a uno di quegli oggetti dei quali non si può assolutamente fare a meno. E infatti...
Ecco il testo del cartellino: Ogni palla ha la sua storia - e adesso potete salvare il ricordo di ogni grande partita con la vostra stessa voce grazie a questo mobiletto per le palle da golf. Questo stupendo mobiletto in vero legno può mostrare sino a nove palle da golf e permettervi di registrare un messaggio da 19 secondi per ciascuna palla. Fate rivivere i vostri migliori (o più divertenti) ricordi del golf!
Ecco, sarà perché da noi il golf non è tanto popolare, ma a me una cosa del genere quasi commuove. Purtroppo, non l'ho comprata (costa solo 19 dollari scontata) per un rimasuglio di senso del ridicolo. Ma con la morte nel cuore, devo dire la verità... Magari la prossima volta, insieme agli occhiali ai raggi X che fanno vedere attraverso i muri e alle scimmie di mare.
Ecco il testo del cartellino: Ogni palla ha la sua storia - e adesso potete salvare il ricordo di ogni grande partita con la vostra stessa voce grazie a questo mobiletto per le palle da golf. Questo stupendo mobiletto in vero legno può mostrare sino a nove palle da golf e permettervi di registrare un messaggio da 19 secondi per ciascuna palla. Fate rivivere i vostri migliori (o più divertenti) ricordi del golf!
Ecco, sarà perché da noi il golf non è tanto popolare, ma a me una cosa del genere quasi commuove. Purtroppo, non l'ho comprata (costa solo 19 dollari scontata) per un rimasuglio di senso del ridicolo. Ma con la morte nel cuore, devo dire la verità... Magari la prossima volta, insieme agli occhiali ai raggi X che fanno vedere attraverso i muri e alle scimmie di mare.
15.8.06
California, oh California...
QUANDO SEI DA queste parti, non puoi non apprezzare la natura generosa, il clima temperato, la gente sorridente e lo stile informale. Qui si va a lavorare con gli infradito o le scarpe da ginnastica, la maglietta con stampato il disegno più cool o la camicia più fantasiosa. E' l'estensione a tutta la settimana del dress down day, il giorno in cui gli anonimi impiegati ingiaccaecravattati possono sbizzarrirsi con vestiti di fantasia.
Talmente forte l'erosione del dress code che c'è chi per fare il "ribelle" si veste in giacca e cravatta. E il Los Angeles Times punta il dito contro il vero artefice della rivoluzione estetica della vita in azienda: Steve Jobs, l'uomo che ha fatto dei dolcevita neri, jeans e scarpe da ginnastica un vero e proprio marchio di fabbrica...
Talmente forte l'erosione del dress code che c'è chi per fare il "ribelle" si veste in giacca e cravatta. E il Los Angeles Times punta il dito contro il vero artefice della rivoluzione estetica della vita in azienda: Steve Jobs, l'uomo che ha fatto dei dolcevita neri, jeans e scarpe da ginnastica un vero e proprio marchio di fabbrica...
14.8.06
Scontro di culture
UNA COSA DIVERTENTE che ogni tanto capita di trovare mentre si assiste alla glorificazione della nuova bolla "Web 2.0". Una tra le prime, lapidarie recensioni su Amazon del libro peraltro parecchio bello del professore di Yale Yochai Benkler, The Wealth of Network (che nella "Ricchezza delle reti" strizza l'occhio alla Ricchezza delle nazioni di Adam Smith) mostra cosa vuol dire far incontrare due culture così diverse come quella accademica e quella della rete:
Benkler and Lessig envision a world where creators don't profit by their works.
You can start that revolution by not buying this ponderous tome.
While the Communist Manifesto gave rise to Stalinism, Maoism, and Castroism, at least Marx and Engels had the common courtesy to do it in about 100 pages, instead of packing 5 pounds of flour into a 1000-pound bag.
Do yourself and the free-content world a favor, and go edit a Wikipedia article, write something meaningful in a blog, or improve an open-source program, all of which you can happily do without reading this over-intellectualized blather.
A me queste cose divertono, che ci volete fare...
Benkler and Lessig envision a world where creators don't profit by their works.
You can start that revolution by not buying this ponderous tome.
While the Communist Manifesto gave rise to Stalinism, Maoism, and Castroism, at least Marx and Engels had the common courtesy to do it in about 100 pages, instead of packing 5 pounds of flour into a 1000-pound bag.
Do yourself and the free-content world a favor, and go edit a Wikipedia article, write something meaningful in a blog, or improve an open-source program, all of which you can happily do without reading this over-intellectualized blather.
A me queste cose divertono, che ci volete fare...
Astroturf 2.0, la propaganda nel web
ARSTECHNICA SI DILETTA a raccontare qualcosa che dalle nostre parti non "arriva": la propaganda in rete simulando il movimento di massa. Per di più, ispirata dai repubblicani (quelli americani, cioè i conservatori).
Il nome è Astroturf, che come ho scritto nel mio ultimo libro (Dio da quanto desideravo poter scrivere una cosa del genere...). In buona sostanza, è questo:
Nel 1965 alcuni dipendenti della multinazionale Monsanto brevettarono un tipo d’erba artificiale che poteva sostituire quella naturale nei campi da gioco (in inglese detta grass turf), e la chiamarono Astroturf. Un’idea di un certo successo, visto soprattutto il proliferare degli sport indoor e gli “impegni” sempre più frequenti degli stadi che non consentono all’erba del campo da gioco di crescere in maniera appropriata. Astroturf però è diventato anche un termine che in inglese definisce le pratiche con le quali viene simulato a scopi politici il consenso apparentemente spontaneo e dal basso (grass roots): le telefonate in diretta a una radio, mentre il politico di turno si dichiara disponibile a un “confronto franco e onesto” con gli ascoltatori, possono essere organizzate dal suo ufficio stampa e dal suo spin doctor (o da quello dell’avversario). La claque ai comizi è una pratica che affonda la sua storia nelle radici stesse della democrazia occidentale, prima in Grecia e poi a Roma.
Ebbene, le agenzie di comunicazione che lavorano per i politici hanno scoperto la rete e le gioie del marketing virale: questo che segue - come spiegano quelli di ArsTechinca - è un modo come un altro per "smontare" e screditare le tesi presentate da Al Gore nel suo film An Inconvenient Truth.
Il nome è Astroturf, che come ho scritto nel mio ultimo libro (Dio da quanto desideravo poter scrivere una cosa del genere...). In buona sostanza, è questo:
Nel 1965 alcuni dipendenti della multinazionale Monsanto brevettarono un tipo d’erba artificiale che poteva sostituire quella naturale nei campi da gioco (in inglese detta grass turf), e la chiamarono Astroturf. Un’idea di un certo successo, visto soprattutto il proliferare degli sport indoor e gli “impegni” sempre più frequenti degli stadi che non consentono all’erba del campo da gioco di crescere in maniera appropriata. Astroturf però è diventato anche un termine che in inglese definisce le pratiche con le quali viene simulato a scopi politici il consenso apparentemente spontaneo e dal basso (grass roots): le telefonate in diretta a una radio, mentre il politico di turno si dichiara disponibile a un “confronto franco e onesto” con gli ascoltatori, possono essere organizzate dal suo ufficio stampa e dal suo spin doctor (o da quello dell’avversario). La claque ai comizi è una pratica che affonda la sua storia nelle radici stesse della democrazia occidentale, prima in Grecia e poi a Roma.
Ebbene, le agenzie di comunicazione che lavorano per i politici hanno scoperto la rete e le gioie del marketing virale: questo che segue - come spiegano quelli di ArsTechinca - è un modo come un altro per "smontare" e screditare le tesi presentate da Al Gore nel suo film An Inconvenient Truth.
13.8.06
Gatticopioni
COPYCAT HA UNA etimologia strana in inglese: vuol dire copione e probabilmente si riferisce al comportamento dei gattini, che fanno tutto quel che fa la madre. Se si segue questa etimologia, allora quelli del Corriere, che tirano fuori una storia a tutta pagina:
Dieci regole per diventare star del web
Analizzati i "format" e le celebrità del piccolissimo schermo: in testa imitatori, bambini, animali buffi ma anche sperimentazione
Girare un video con il proprio telefonino o con una fotocamera amatoriale e diventare famosi. Entrare cioè nel mare magnum di internet ed essere cliccati a ripetizione perchè il filmato piace ed attira la curiosità degli altri internauti.
quelli del Corriere, dicevo, devono essere i gattini che imitano TheRegister, che aveva questa storia (da me pure ripresa nel post immediatamente qui sotto)
10 Ways to make yourself a YouTube Star
Fight strangers in the street, do weird things with animals...
Peccato che loro, quelli di TheRegister, lo indichino da chi vengano i dieci consigli originali. Al Corriere evidentemente fare i link ipertestuali viene difficile... Continuiamo così: da una parte (noialtri giornalisti) continuiamo tutti quanti a dire che per comunicare le notizie i giornalisti sono meglio dei blogger (perché sono/siamo dei professionisti, mica dei posteggiatori...), e poi facciamo delle schifezze così...
Per me, i giornalisti sono/siamo mediatori insostituibili, professionisti seri che devono fare un tipo di lavoro che non ammette queste imprecisioni: altrimenti poi ci campate voi in un mondo popolato solo da blogger. Poi, però, quando leggo queste cose, mi vien davvero voglia di andare a fare il posteggiatore o il contabile...
Dieci regole per diventare star del web
Analizzati i "format" e le celebrità del piccolissimo schermo: in testa imitatori, bambini, animali buffi ma anche sperimentazione
Girare un video con il proprio telefonino o con una fotocamera amatoriale e diventare famosi. Entrare cioè nel mare magnum di internet ed essere cliccati a ripetizione perchè il filmato piace ed attira la curiosità degli altri internauti.
quelli del Corriere, dicevo, devono essere i gattini che imitano TheRegister, che aveva questa storia (da me pure ripresa nel post immediatamente qui sotto)
10 Ways to make yourself a YouTube Star
Fight strangers in the street, do weird things with animals...
Peccato che loro, quelli di TheRegister, lo indichino da chi vengano i dieci consigli originali. Al Corriere evidentemente fare i link ipertestuali viene difficile... Continuiamo così: da una parte (noialtri giornalisti) continuiamo tutti quanti a dire che per comunicare le notizie i giornalisti sono meglio dei blogger (perché sono/siamo dei professionisti, mica dei posteggiatori...), e poi facciamo delle schifezze così...
Per me, i giornalisti sono/siamo mediatori insostituibili, professionisti seri che devono fare un tipo di lavoro che non ammette queste imprecisioni: altrimenti poi ci campate voi in un mondo popolato solo da blogger. Poi, però, quando leggo queste cose, mi vien davvero voglia di andare a fare il posteggiatore o il contabile...
12.8.06
Scaring Tube
A ME DEVO ammettere che mi ha impressionato: una ragazza si è scattata una foto al giorno per tre anni, le ha messe tutte in fila come fotogrammi e ci ha fatto un filmato di un minuto. Brrrr...
Ps. Ho appena cambiato il ritorno del mio volo: rientro il 18 e non più il 15 agosto...
Ps. Ho appena cambiato il ritorno del mio volo: rientro il 18 e non più il 15 agosto...
11.8.06
La macchina del vino
L'ALTRO GIORNO SONO andato ad una attività "sociale", organizzata dalle pr di Ibm qui a San Francisco. Dal loro punto di vista per ribadire la presenza dell'azienda sulla costa occidentale (Ibm è una società percepita come "East Coast"), dal mio per agganciare un paio di contatti che nei prossimi giorni vedremo se daranno i frutti sperati.
VinoVenue, questo il nome del posto, è stato scelto per una chiacchierata informale: piacevole understatement rispetto alle picaresche cose che vengono organizzate in Italia (e alle quali io non partecipo per partito preso) dalle agenzie di comunicazione. L'unica nota peculiare, il funzionamento del locale. Si tratta di una enoteca più che non di un Wine Bar, ma se pure la vendita di vini più o meno da tutto il mondo - con fasce di prezzi interessanti e buona presenza ovviamente degli americani - non è male, la modalità di assaggio è abbastanza peculiare. Credo che i nostri appassionati sarebbero usciti urlando.
Dunque, si acquista una carta magnetica - stile carta di credito - precaricata mettiamo con 25 dollari. Ci si appropinqua ad una delle sette "stazioni del vino", dei mammouth circolari con le varie bottiglie incapsulate dentro. Per ognuna, una spiegazione su un cartellino, che ne riporta nome, composizione, origine, gusto, possibili abbinamenti e prezzo al bicchiere (mettiamo da un dollaro sino a cinque o sei). Si inserisce la carta, si mette il bicchiere sotto un cannello di metallo, si preme il pulsante e la pompa schizza due o tre dita di vino nel bicchiere. Considerando la pulizia del locale e il look "alluminio" dell'apparecchio, sembra più un dispenser ospedaliero che non un luogo di intrattenimento...
Il locale è al 686 di Mission Street, proprio a due minuti dal Moscone Center. Questa la mappina di Google per arrivarci. Io non commento oltre, dopotutto son tutte esperienze. Però il vino alla spina idraulica... Mah...
VinoVenue, questo il nome del posto, è stato scelto per una chiacchierata informale: piacevole understatement rispetto alle picaresche cose che vengono organizzate in Italia (e alle quali io non partecipo per partito preso) dalle agenzie di comunicazione. L'unica nota peculiare, il funzionamento del locale. Si tratta di una enoteca più che non di un Wine Bar, ma se pure la vendita di vini più o meno da tutto il mondo - con fasce di prezzi interessanti e buona presenza ovviamente degli americani - non è male, la modalità di assaggio è abbastanza peculiare. Credo che i nostri appassionati sarebbero usciti urlando.
Dunque, si acquista una carta magnetica - stile carta di credito - precaricata mettiamo con 25 dollari. Ci si appropinqua ad una delle sette "stazioni del vino", dei mammouth circolari con le varie bottiglie incapsulate dentro. Per ognuna, una spiegazione su un cartellino, che ne riporta nome, composizione, origine, gusto, possibili abbinamenti e prezzo al bicchiere (mettiamo da un dollaro sino a cinque o sei). Si inserisce la carta, si mette il bicchiere sotto un cannello di metallo, si preme il pulsante e la pompa schizza due o tre dita di vino nel bicchiere. Considerando la pulizia del locale e il look "alluminio" dell'apparecchio, sembra più un dispenser ospedaliero che non un luogo di intrattenimento...
Il locale è al 686 di Mission Street, proprio a due minuti dal Moscone Center. Questa la mappina di Google per arrivarci. Io non commento oltre, dopotutto son tutte esperienze. Però il vino alla spina idraulica... Mah...
10.8.06
iTalians
NON HO IMMAGINI per corroborare quanto segue, ma come capirete non ne servono. Ecco, il fatto è che nel mondo ci sono un miliardi di italiani, forse un miliardo e mezzo. Sono giunto a questa conclusione vedendo che anche San Francisco è piena, come New York, come Londra, come Managua, come Gerusalemme (e mi dicono di gente che è partita l'altra settimana per Beirut, zainetto EastPack, Rayban e via...). Pazzesco.
Poi, girellando da solo per le strade della città, mi sono anche reso conto che c'è un motivo se sembriamo così tanti. Innanzitutto, ci si muove per gruppi: famigliole di sei-sette persone, coppie, coppie con figli, gruppi di amici (mai doppia coppia, però, perché forse al paesiello poi puzza di scambisti tra gli invidiosi che non son partiti). Insomma, tranne le coppie solitarie, a giro siamo almeno un multiplo di sei.
E poi, soprattutto, siamo riconoscibili. Gli italiani, grazie a omogeneizzati e vitamine potentissime distribuite dagli sponsor di Mediaset prima e del Carosello della Rai prima ancora, sono ormai lombrosianamente irriconoscibili: biondi, mori, alti, bassi, magri, grassi (con moderazione, però), con tagli di capelli moderni, abbronzatura, occhi chiari, occhi scuri. Ce n'è per tutti i tipi: potremmo passare per almeno altre trenta nazionalità diverse. Quello che ci frega, che ci condanna ad essere riconoscibili è il modo con il quale andiamo a giro.
L'italiano nel mondo, in clima para-estivo (a San Francisco si alterna un sole potente a botte di vento gelido da alta montagna autunnale), si muove così: ha sempre in mano una borsetta, un marsupio, un qualcheccosa di scorta (magari un golfino sulle spalle o meglio in vita). Ha le scarpe "giuste", che vuol dire firmate. Ha pantaloni-camicia-maglietta-occhiali e borsa (se femmina) rigorosamente e religiosamente firmati.
E per firmati non intendo che siano di marca (ci mancherebbe, pure negli Usa), ma che la marca sta scritta a chiare lettere sulla superficie esterna del capo di abbigliamento in questione. E se non è una marca, è uno slogan. Agli italiani un capo d'abbigliamento senza almeno un loghetto, una griffettina, una mezza scritta proprio non piace. L'unica eccezione: i jeans, che per i più sobri possono avere anche solo la placca d'ordinanza sopra la chiappa destra. Ma non dimentichiamoci che sempre i jeans possono avere il nome dello stilista scritto con gli strasse sulla gamba...
Vabbé, siamo un popolo facilmente identificabile e forse per questo sembriamo di più. Però, abbiate pazienza, se vedete comparire delle scritte "Best Company", "I love Alcatraz", "New York is my Town", "D&G", e sotto scorgete un tizio o una tizia, con i regolamentari occhiali da sole (supergriffati), mentre emerge dai canyon della morte del Nevada o dal ristorante cinese di New Montgomery giù in città non stupitevi e non pensiate che sia "il solito italiano". Perché anche voi, anche io, evidentemente, siamo così...
Poi, girellando da solo per le strade della città, mi sono anche reso conto che c'è un motivo se sembriamo così tanti. Innanzitutto, ci si muove per gruppi: famigliole di sei-sette persone, coppie, coppie con figli, gruppi di amici (mai doppia coppia, però, perché forse al paesiello poi puzza di scambisti tra gli invidiosi che non son partiti). Insomma, tranne le coppie solitarie, a giro siamo almeno un multiplo di sei.
E poi, soprattutto, siamo riconoscibili. Gli italiani, grazie a omogeneizzati e vitamine potentissime distribuite dagli sponsor di Mediaset prima e del Carosello della Rai prima ancora, sono ormai lombrosianamente irriconoscibili: biondi, mori, alti, bassi, magri, grassi (con moderazione, però), con tagli di capelli moderni, abbronzatura, occhi chiari, occhi scuri. Ce n'è per tutti i tipi: potremmo passare per almeno altre trenta nazionalità diverse. Quello che ci frega, che ci condanna ad essere riconoscibili è il modo con il quale andiamo a giro.
L'italiano nel mondo, in clima para-estivo (a San Francisco si alterna un sole potente a botte di vento gelido da alta montagna autunnale), si muove così: ha sempre in mano una borsetta, un marsupio, un qualcheccosa di scorta (magari un golfino sulle spalle o meglio in vita). Ha le scarpe "giuste", che vuol dire firmate. Ha pantaloni-camicia-maglietta-occhiali e borsa (se femmina) rigorosamente e religiosamente firmati.
E per firmati non intendo che siano di marca (ci mancherebbe, pure negli Usa), ma che la marca sta scritta a chiare lettere sulla superficie esterna del capo di abbigliamento in questione. E se non è una marca, è uno slogan. Agli italiani un capo d'abbigliamento senza almeno un loghetto, una griffettina, una mezza scritta proprio non piace. L'unica eccezione: i jeans, che per i più sobri possono avere anche solo la placca d'ordinanza sopra la chiappa destra. Ma non dimentichiamoci che sempre i jeans possono avere il nome dello stilista scritto con gli strasse sulla gamba...
Vabbé, siamo un popolo facilmente identificabile e forse per questo sembriamo di più. Però, abbiate pazienza, se vedete comparire delle scritte "Best Company", "I love Alcatraz", "New York is my Town", "D&G", e sotto scorgete un tizio o una tizia, con i regolamentari occhiali da sole (supergriffati), mentre emerge dai canyon della morte del Nevada o dal ristorante cinese di New Montgomery giù in città non stupitevi e non pensiate che sia "il solito italiano". Perché anche voi, anche io, evidentemente, siamo così...
Drink it or dump it
MENTRE IO CERCAVO di spostare il volo del rientro di qualche giorno (ci sono un paio di cose la prossima settimana che vorrei vedere, qui a San Francisco) è scoppiato il casino che ben sappiamo. Tra i vari commenti che si trovano a giro, oltre al livello di ansia di chi sta volando o deve volare nelle prossime ore, si aggiunge il problema del bagaglio a mano, che deve essere ridotto ai minimi termini. Soprattutto, niente liquidi. Ottimo giornalismo, praticamente cronaca da manuale, quello del San Francisco Chronicle, che ha mandato i cronisti negli aeroporti a vedere cosa sta succedendo tra i passeggeri: gente in coda che beve disperatamente vini d'annata che non sopravviverebbero agli urti nella stiva...
Ah, quasi dimenticavo: io ovviamente volo British Airways su Londra e da lì in Italia. Se mi faranno imbarcare il computer a Heatrow, ovviamente si pone il problema tutto italiano di Malpensa...
Ah, quasi dimenticavo: io ovviamente volo British Airways su Londra e da lì in Italia. Se mi faranno imbarcare il computer a Heatrow, ovviamente si pone il problema tutto italiano di Malpensa...
9.8.06
Cause Related Marketing
E FU COSI' che Massimo Mantellini scoprì le sponsorizzazioni 2.0...
Una nota di colore (giallo)
INTANTO CHE HO cinque minuti, mi pare il caso di ricordare una cosa. Abbiamo fatto fuoco e fiamme quando - per un breve momento - la corporazione degli avidi taxisti era stata messa alla berlina. Emozione durata poco: hanno fatto "bu" e subito s'è trovato un accordo accondiscendente e servizievole (che ai maligni ha fatto pensare che il Governo dopo questa prova di non-forza sia condannato a fare festa per Natale). Ecco, sul duplice tema delle tariffe e della chiarezza, vorrei proporre all'attenzione del pubblico l'immagine qui sotto: cliccate e leggetela. E' stampata sulle fiancate di tutti i taxi di New York. Esattamente come in Italia, no?
Solo un'osservazione: da noi il sovrapprezzo per la corsa notturna non è di 50 centesimi. E' di almeno quattro euro...
Solo un'osservazione: da noi il sovrapprezzo per la corsa notturna non è di 50 centesimi. E' di almeno quattro euro...
7.8.06
Hasta la vista, Vista
TUTTO UN VIAGGIO passando per Londra e poi attraverso l'Oceano, una giornata a New York e adesso San Francisco. Obiettivo? Apple, come al solito. Su Macity tutto quel che sta succedendo in queste ore: il keynote, le notizie, i dettagli. Certo, il mondo visto dagli Usa è diverso (anche se portandomi dietro il computer con tutti i miei dati, a dire il vero non sembra poi così diverso dal punto di vista lavorativo.
Ma cosa sta succedendo qui? Annunciate la fine della transizione, i nuovi Mac professionali, software a manetta, Mac Os X 10.5. Insomma, cosa succede? Semplicemente questo: dalle parti di Redmond secondo me oggi non stanno molto bene...
Ma cosa sta succedendo qui? Annunciate la fine della transizione, i nuovi Mac professionali, software a manetta, Mac Os X 10.5. Insomma, cosa succede? Semplicemente questo: dalle parti di Redmond secondo me oggi non stanno molto bene...
6.8.06
La Grande Mela
OK, PRIMO PASSAGGIO negli Usa: New York. Una notte, giusto il tempo di arrivare a JFK con un osceno volo British Airways, quasi vomitare sul furgone-pulmino che ci ha scorrazzati sino all'Hotel (uno dei primi "hotel bijoux" della città, qualsiasi cosa voglia dire) e poi via all'Apple Store sulla Fifth Avenue. Ricordiamoci che il viaggio è tutto organizzato per andare tra poche ore a San Francisco e domani assistere all'apertura di Steve Jobs (annunci, show, novità, computer, sapete no, le solite cose...).
il clima è notevole, la città - da cui mancavo da un paio d'anni causa sfortuna - sempre rutilante, le aspettative molto alte. Mi colpisce questa idea che esista un negozio aperto 24 ore al giorno, 365 giorni la settimana. Tra le altre cose, con sempre italiani che vengono a vedere: pare che anche questa estate gli Stati Uniti siano una delle destinazioni preferite dal nostro Paese: impressionante, siamo peggio dei piccioni, che si trovano in tutto il mondo (perlomeno, in quei pezzi di mondo dove sono stato io, che peraltro essendo italiano apro la strada a un gustoso paradosso...).
Ok, That's America, scusate ma sono di fretta: mi aspettano a San Francisco.
il clima è notevole, la città - da cui mancavo da un paio d'anni causa sfortuna - sempre rutilante, le aspettative molto alte. Mi colpisce questa idea che esista un negozio aperto 24 ore al giorno, 365 giorni la settimana. Tra le altre cose, con sempre italiani che vengono a vedere: pare che anche questa estate gli Stati Uniti siano una delle destinazioni preferite dal nostro Paese: impressionante, siamo peggio dei piccioni, che si trovano in tutto il mondo (perlomeno, in quei pezzi di mondo dove sono stato io, che peraltro essendo italiano apro la strada a un gustoso paradosso...).
Ok, That's America, scusate ma sono di fretta: mi aspettano a San Francisco.
Oltre Oceano, Ma Sempre Domenica
ALMENO A QUESTO giro sono sincronizzato con l'uscita della tavola domenicale di Doonesbury, made by Gary B. Trudeau...
4.8.06
Pensa dinosauro
DOVETE MAGARI INGRANDIRE l'immagine cliccandoci sopra. Poi, vicini allo schermo, la fissate cercando di mettere fuori fuoco o fuori asse la vista. E compare come per magia un'immagine nell'immagine. Tridimensionale. Ma se vi bruciate la retina nel farlo davanti al video (per me confesso che ha funzionato, ma non si sa mai nella vita...) dovete sapere che lo state facendo a vostro rischio e pericolo e che io non mi assumo neanche lo straccio di una benché minima responsabilità. Chiaro?
3.8.06
Ci sono più cose, tra cielo e terra...
CI RISIAMO: SABATO mattina m'imbarco e lunedì sarò seduto tra le prime fila del Moscone West di San Francisco, pronto per la conferenza degli sviluppatori di Apple. Stiamo entrando nel vivo delle previsioni più folli, tutti cercano di tirare fuori quelle giuste per poi dire, alle 18:01 ora italiana: l'avevo detto!
Ecco, io mi rifaccio a un vecchio classico: il telefono-Mac, meglio noto come iPhone. A questo punto potrebbero davvero farlo, tanto per levarci lo sfizio...
Questo qui a sinistra, peraltro, è quasi identico al Nokia N80 che mi porto a giro. A parte la ghiera a sfioramento tipica dell'iPod...
Ps: come il pubblico abituale e macchista di questo posto sa, in realtà la mia ipotesi sarebbe sempre quella di un tablet-sub-notebook-quasi-palmare-un-po'-più-grande-ma-mica-troppo. Otto o nove pollici di schermo, meno di un chilo di peso, schermo touch, per intenderci. Ma tanto non me lo tireranno mai fuori...
Ecco, io mi rifaccio a un vecchio classico: il telefono-Mac, meglio noto come iPhone. A questo punto potrebbero davvero farlo, tanto per levarci lo sfizio...
Questo qui a sinistra, peraltro, è quasi identico al Nokia N80 che mi porto a giro. A parte la ghiera a sfioramento tipica dell'iPod...
Ps: come il pubblico abituale e macchista di questo posto sa, in realtà la mia ipotesi sarebbe sempre quella di un tablet-sub-notebook-quasi-palmare-un-po'-più-grande-ma-mica-troppo. Otto o nove pollici di schermo, meno di un chilo di peso, schermo touch, per intenderci. Ma tanto non me lo tireranno mai fuori...
2.8.06
E' troppo giovane per farsi riavviare...
E' ARRIVATO L'AGGIORNAMENTO di sicurezza mensile di Apple e - tra le altre cose - richiede il riavvio della macchina. Un po' mi dispiace (ma in serata mi sa che mi tocca) perché stavo andando proprio bene: il PowerBook corre felice nonostante il lungo tempo di uptime (e non facciamo i soliti paragoni con le macchine Linux che sono desktop oppure server, per favore, perché conta anche l'uso che per un portatile è abbastanza variegato e intenso...).
Comunque, un po' di statistiche per gli appassionati del genere - sono sicuro che in rete ce n'è qualcuno. Notate soprattutto la memoria virtuale come "spara" un po' da tutte le parti: devo avere un malloppone sul disco di quelli difficili da digerire...
PowerBook15:~ antonio$ uptime
12:09 up 34 days, 25 mins, 3 users, load averages: 2.74 2.25 2.31
PowerBook15:~ antonio$ vm_stat
Mach Virtual Memory Statistics: (page size of 4096 bytes)
Pages free: 5579.
Pages active: 139324.
Pages inactive: 79017.
Pages wired down: 38224.
"Translation faults": 1124045478.
Pages copy-on-write: 10002902.
Pages zero filled: 896407744.
Pages reactivated: 71229356.
Pageins: 8741227.
Pageouts: 5334431.
Object cache: 1489221 hits of 5161832 lookups (28% hit rate)
PowerBook15:~ antonio$
Però, come potete vedere dal tipo di aggiornamenti di sicurezza presenti cliccando sull'immagine sopra, forse è il caso di farlo, 'sto riavvio. Così sabato mattina parto per NYC e SF con la mente (e la macchina) fresca...
Comunque, un po' di statistiche per gli appassionati del genere - sono sicuro che in rete ce n'è qualcuno. Notate soprattutto la memoria virtuale come "spara" un po' da tutte le parti: devo avere un malloppone sul disco di quelli difficili da digerire...
PowerBook15:~ antonio$ uptime
12:09 up 34 days, 25 mins, 3 users, load averages: 2.74 2.25 2.31
PowerBook15:~ antonio$ vm_stat
Mach Virtual Memory Statistics: (page size of 4096 bytes)
Pages free: 5579.
Pages active: 139324.
Pages inactive: 79017.
Pages wired down: 38224.
"Translation faults": 1124045478.
Pages copy-on-write: 10002902.
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Pageins: 8741227.
Pageouts: 5334431.
Object cache: 1489221 hits of 5161832 lookups (28% hit rate)
PowerBook15:~ antonio$
Però, come potete vedere dal tipo di aggiornamenti di sicurezza presenti cliccando sull'immagine sopra, forse è il caso di farlo, 'sto riavvio. Così sabato mattina parto per NYC e SF con la mente (e la macchina) fresca...
Buon compleanno, Metal Slug
IL CLASSICONE DELLA SNK/Playmore - uno dei giochini che preferisco - compie dieci anni. Grandi celebrazioni, addirittura in arrivo a settembre l'edizione antologica su Psp (come scrivo qui) e una novità recuperata proprio dalle trackback del blog di Nòva24: il solito sitarello cinese con i giochi tarocchi in flash ha messo online la versione "gaiden" per così dire, che si chiama Metal Slug Reloaded.
Prima che lo chiudono... c'è anche Asteroids, Zelda, Mario e una serie di altri vecchi classici intramontabili mimetizzati e con la grafica rifatta. Un'esperienza...
Prima che lo chiudono... c'è anche Asteroids, Zelda, Mario e una serie di altri vecchi classici intramontabili mimetizzati e con la grafica rifatta. Un'esperienza...
1.8.06
Burogurankingu
QUESTA COSA DELLA classifica si sta mettendo male: qui c'è qualcuno che mi rema contro...
"adotta un punto e virgola"
E' TEMPO DI decisioni irreprensibili: adottate un punto e virgola, partecipate alla campagna per ridare dignità all'oscuro segno di punteggiatura più dimenticato di tutta la tastiera. Stiamo parlando del punto e virgola, ovviamente. Qui sotto, segue la spiegazione di che cosa sia un punto e virgola, secondo l'autorevole fonte.
Il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso spesso dipende da una scelta stilistica personale. Si adopera soprattutto fra proposizioni coordinate complesse e fra enumerazioni complesse e serve a indicare un’interruzione sul piano formale ma non sul piano dei contenuti («il capo gli si intorbidò di stanchezza, di sonno; e rimise la decisione all’indomani mattina», A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno).
(Tratto dalle Faq dell'Accademia della Crusca)
Adesso che sappiamo cos'è, però, lui ha sempre bisogno di noi; sta a noi difenderlo, promuoverlo, presentarlo nella luce migliore; senza di noi è morto, con noi potrebbe rinascere a nuova vita. Immaginate un mondo pieno di punti e virgola, che pascolano felici nelle nostre pagine... Segnalatemi nei commenti chi partecipa al progetto, perché sto attrezzando una pagina web apposta per supportare il nostro amico punto e virgola.
Coraggio; insieme ce la possiamo fare!
Il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso spesso dipende da una scelta stilistica personale. Si adopera soprattutto fra proposizioni coordinate complesse e fra enumerazioni complesse e serve a indicare un’interruzione sul piano formale ma non sul piano dei contenuti («il capo gli si intorbidò di stanchezza, di sonno; e rimise la decisione all’indomani mattina», A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno).
(Tratto dalle Faq dell'Accademia della Crusca)
Adesso che sappiamo cos'è, però, lui ha sempre bisogno di noi; sta a noi difenderlo, promuoverlo, presentarlo nella luce migliore; senza di noi è morto, con noi potrebbe rinascere a nuova vita. Immaginate un mondo pieno di punti e virgola, che pascolano felici nelle nostre pagine... Segnalatemi nei commenti chi partecipa al progetto, perché sto attrezzando una pagina web apposta per supportare il nostro amico punto e virgola.
Coraggio; insieme ce la possiamo fare!
GIVE PUNTO E VIRGOLA A CHANCE!
PARTE UFFICIALMENTE OGGI la campagna sociale di questo Posto. Ragazze e ragazzi: io ve lo dico, bisogna ridare un posto nella punteggiatura al segno più negletto e tristemente bistrattato non solo nella lingua italiana. Non è più tollerabile che il punto e virgola sia sempre tagliato fuori dalle nostre pagine. Mettetevi una mano sulla coscienza: quanti di voi lo usano? Quanti di voi sanno come usarlo? Quanti solamente lo notano, le poche volte che compare, negli scritti altrui?
Eppure, il punto e virgola è importante: grazie a lui è possibile costruire proposizioni più lunghe ma eleganti e snelle; senza di lui l'italiano diventa enfatico e sconnesso. Ma chi lo sa veramente usare? E allora, io dico, lanciamo la campagna sociale Give Punto e Virgola a Chance! Copiatevi l'indirizzo del bannerino che compare qui sopra oppure nella colonna a sinistra (realizzato da Vic; grazie!) e spargete la voce. Give Punto e Virgola a Chance! Cioè: Adotta un punto e virgola, e la tua sintassi non sarà mai più la stessa!
Eppure, il punto e virgola è importante: grazie a lui è possibile costruire proposizioni più lunghe ma eleganti e snelle; senza di lui l'italiano diventa enfatico e sconnesso. Ma chi lo sa veramente usare? E allora, io dico, lanciamo la campagna sociale Give Punto e Virgola a Chance! Copiatevi l'indirizzo del bannerino che compare qui sopra oppure nella colonna a sinistra (realizzato da Vic; grazie!) e spargete la voce. Give Punto e Virgola a Chance! Cioè: Adotta un punto e virgola, e la tua sintassi non sarà mai più la stessa!
Che botto!
E' USCITO IN Giappone il quarto capitolo della saga di 電車でGO! (ehm: Densha de Go!, per voi piccole mozzarelline bianche). Non sto ad approfondire tutte le diverse cose che si potrebbero dire (sul gioco, sulla saga, sui professional game, sulle console, su questo e su quello). Segnalo che io me lo piglio!
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