DOONESBURY DI GARRY B. Trudeau, come ogni domenica.
31.5.09
Sign 'O' the Times: Dio e le banche
Astro Boy
IL 23 OTTOBRE uscirà negli Usa uno dei film che "punto" da tempo: Astro Boy. Potrebbe essere notevole: l'eterno fanciullo che è in me non vede l'ora.
Uomini che odiano le donne (movie)
TRASPORTARE IL LIBRO sul grande schermo è sempre un esercizio complesso, che richiede strani compromessi. E le primissime decisioni si riflettono su tutta la struttura, a prescindere dalla professionalità delle persone coinvolte e dall'intensità del lavoro svolto.
Il primo romanzo di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne, è venuto bene sul grande schermo. Si regge tutto sui due volti dei protagonisti, assolutamente sconosciuti al di fuori della loro Svezia natale, ed ha un solo limite: risente delle decisioni prese al principio.
La prima è stata quella di complicare in maniera spaventosa il lavoro concettuale di scrittura della sceneggiatura partendo dal testo originale e quindi dal soggetto e dal trattamento. La complicazione è stata quella di fare tutti e tre i film insieme: adesso esce il primo, ma anche gli altri due libri sono stati adattati e i film già girati. Il risultato è un eccesso di attenzione sulla grande immagine complessiva, che però schiacchia e semplifica un po' troppo i particolari delle storie, gli snodi della trama (la trilogia di Millennium è una saga fondamentalmente di snodi di trama), la tridimensionalità dei caratteri.
Certamente andavano conosciuti gli sviluppi, però le scelte fatte già nel primo film per "semplificare" e rendere scorrevole sono forti e quasi offensive per i lettori dei libri. Saltano via caratterizzazioni, interi segmenti della trama, personaggi e motivazioni. L'opera si alleggerisce per lasciare spazio a una regia un po' meccanica e manieristica. Anche se, bisogna dirlo subito, ci sono dei gran guizzi di classe: come la telecamera mobile dietro alle corse mattutine del protagonista e la fotografia delle distese svedesi con il solito trenino che le attraversa.
Il film però si regge nei volti dei due protagonisti. Così come l'attrazione magnetica del libro si poggia su quell'unica foto, tristissima, dell'autore morto al completamento del terzo volume, i primi due ancora inediti, il successo della saga (prevista in dieci tomi) ancora di là da venire. Lo sguardo triste e dolce di Stieg Larsson si ritrova negli occhi blu incastonati nella carnagione rovinata di Michael Nyqvist, che interpreta uno dei due protagonisti, l'alter ego di Larsson, cioè il giornalista e direttore di Millennium, Mikael Blomkvist. Pareva, quella di Nyqvist, una scelta sulla carta poco felice e invece nel film è risolutiva. Il suo sguardo, la sua presenza fisica, il magnetismo di un corpo oramai maturato (l'attore è energico e atletico, ma anche sovrappeso e quest'anno arriva ai cinquant'anni) sono essenziali.
L'altro volto e l'altro corpo è quello davvero singolare dell'attrice che regge più di metà del film. Se Nyqvist è portiere, difesa e centrocampo, lei è l'attacco e il fuoriclasse. Su lei poggia la capacità di esplodere del film. Sulla carta Noomi Rapace sembrava perfetta.
Al primo approccio invece sembra per un attimo dare una delusione feroce, quasi spietata: ecco l'attrice sbagliata nel ruolo sbagliato, quasi una mascherata, con quei trent'anni che dovrebbero essere molti meno e che invece si intravedono negli occhi e soprattutto nelle mani e nei polsi oramai sciupati. E invece, all'improvviso, giusto il tempo per la fantasia di lasciare spazio alle immagini sullo schermo e far coincidere il mondo sognato leggendo il libro con quello volgarmente mostrato sullo schermo, Noomi Rapace funziona alla grande.
Anzi, è proprio lei a fare la differenza. A dare un graffio profondo e urticante, che segna subito e poi non può fare altro che peggiorare, consumando la carne viva.
Il giudizio complessivo. Al principio sembrava che il libro fosse decisamente meglio. La sensazione, uscendo stasera dal cinema, era che si fosse persa un'occasione, mutilando troppo una storia avvincente proprio per la sua ricchezza. Poi, senza un perché, la caparbietà del personaggio di Nyqvist e poi l'aggressiva e spietata purezza di quello di Rapace hanno colto nel segno. Il film vale la pena. Meglio se non conoscete la storia e non avete letto il libro, ma vale comunque la pena.
Anche perché più di un paio di fotogrammi del regista Niels Arden Oplev vi resteranno nella retina a lungo. Il film è lungo ma troppo veloce, denso ma troppo leggero, duro ma troppo immacolato. Ha un realismo strano, che mescola l'attenzione filologica a certi snodi del libro a passaggi da telefilm di Agatha Christie, con la fotografia surreale nel suo nitore della Svezia.
Il primo romanzo di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne, è venuto bene sul grande schermo. Si regge tutto sui due volti dei protagonisti, assolutamente sconosciuti al di fuori della loro Svezia natale, ed ha un solo limite: risente delle decisioni prese al principio.
La prima è stata quella di complicare in maniera spaventosa il lavoro concettuale di scrittura della sceneggiatura partendo dal testo originale e quindi dal soggetto e dal trattamento. La complicazione è stata quella di fare tutti e tre i film insieme: adesso esce il primo, ma anche gli altri due libri sono stati adattati e i film già girati. Il risultato è un eccesso di attenzione sulla grande immagine complessiva, che però schiacchia e semplifica un po' troppo i particolari delle storie, gli snodi della trama (la trilogia di Millennium è una saga fondamentalmente di snodi di trama), la tridimensionalità dei caratteri.
Certamente andavano conosciuti gli sviluppi, però le scelte fatte già nel primo film per "semplificare" e rendere scorrevole sono forti e quasi offensive per i lettori dei libri. Saltano via caratterizzazioni, interi segmenti della trama, personaggi e motivazioni. L'opera si alleggerisce per lasciare spazio a una regia un po' meccanica e manieristica. Anche se, bisogna dirlo subito, ci sono dei gran guizzi di classe: come la telecamera mobile dietro alle corse mattutine del protagonista e la fotografia delle distese svedesi con il solito trenino che le attraversa.
Il film però si regge nei volti dei due protagonisti. Così come l'attrazione magnetica del libro si poggia su quell'unica foto, tristissima, dell'autore morto al completamento del terzo volume, i primi due ancora inediti, il successo della saga (prevista in dieci tomi) ancora di là da venire. Lo sguardo triste e dolce di Stieg Larsson si ritrova negli occhi blu incastonati nella carnagione rovinata di Michael Nyqvist, che interpreta uno dei due protagonisti, l'alter ego di Larsson, cioè il giornalista e direttore di Millennium, Mikael Blomkvist. Pareva, quella di Nyqvist, una scelta sulla carta poco felice e invece nel film è risolutiva. Il suo sguardo, la sua presenza fisica, il magnetismo di un corpo oramai maturato (l'attore è energico e atletico, ma anche sovrappeso e quest'anno arriva ai cinquant'anni) sono essenziali.
L'altro volto e l'altro corpo è quello davvero singolare dell'attrice che regge più di metà del film. Se Nyqvist è portiere, difesa e centrocampo, lei è l'attacco e il fuoriclasse. Su lei poggia la capacità di esplodere del film. Sulla carta Noomi Rapace sembrava perfetta.
Al primo approccio invece sembra per un attimo dare una delusione feroce, quasi spietata: ecco l'attrice sbagliata nel ruolo sbagliato, quasi una mascherata, con quei trent'anni che dovrebbero essere molti meno e che invece si intravedono negli occhi e soprattutto nelle mani e nei polsi oramai sciupati. E invece, all'improvviso, giusto il tempo per la fantasia di lasciare spazio alle immagini sullo schermo e far coincidere il mondo sognato leggendo il libro con quello volgarmente mostrato sullo schermo, Noomi Rapace funziona alla grande.
Anzi, è proprio lei a fare la differenza. A dare un graffio profondo e urticante, che segna subito e poi non può fare altro che peggiorare, consumando la carne viva.
Il giudizio complessivo. Al principio sembrava che il libro fosse decisamente meglio. La sensazione, uscendo stasera dal cinema, era che si fosse persa un'occasione, mutilando troppo una storia avvincente proprio per la sua ricchezza. Poi, senza un perché, la caparbietà del personaggio di Nyqvist e poi l'aggressiva e spietata purezza di quello di Rapace hanno colto nel segno. Il film vale la pena. Meglio se non conoscete la storia e non avete letto il libro, ma vale comunque la pena.
Anche perché più di un paio di fotogrammi del regista Niels Arden Oplev vi resteranno nella retina a lungo. Il film è lungo ma troppo veloce, denso ma troppo leggero, duro ma troppo immacolato. Ha un realismo strano, che mescola l'attenzione filologica a certi snodi del libro a passaggi da telefilm di Agatha Christie, con la fotografia surreale nel suo nitore della Svezia.
30.5.09
I soliti comunisti
A BARCELLONA CI sono un po' di manifesti elettorali comparativi per le europee, oltretutto di chiara parte politica; il tema della campagna è: perché votare chi ci ha infilato nella crisi?
Certo, se anziché far vedere che l'affissione è rivolta ai principali "vecchi" leader occidentali, ci si concentra su uno solo e pure senza indicazione del mandante, poi non si fa cultura dell'informazione in rete, ma qualcosa che assomiglia di più alla politica in campagna elettorale. O no?
Certo, se anziché far vedere che l'affissione è rivolta ai principali "vecchi" leader occidentali, ci si concentra su uno solo e pure senza indicazione del mandante, poi non si fa cultura dell'informazione in rete, ma qualcosa che assomiglia di più alla politica in campagna elettorale. O no?
Strani, nuovi mondi...
ALLA FINE DELLA prossima settimana vado negli Usa, a San Francisco, per la WWDC. Il carpiato volante comprende anche lo scalo tecnico questa volta a Filadelfia (volo con US Airways). All'andata non ho tempo, ma al ritorno c'è un clamoroso layover di 8 ore e 55 minuti. Il che, tradotto, significa che prendo il pullman e vado a vedermi la città, dove non sono mai stato.
Non voglio seguire le suggestioni di Nicholas Cage nei due National Treasure e girarmi i monumenti dell'Indipendenza americana alla ricerca di indizi per raggiungere i tesori dei Templari, bensì andare a vedere una mostra che promette di essere alquanto interessante.
Money Quote: It is best to approach “Star Trek: The Exhibition” at the Franklin Institute here with phasers set to stun. And to avoid any quantum entanglement, make sure that if you visit the show before it closes on the stardate equivalent to Sept. 20, your transporter is in working order. Otherwise, there is just no telling the confusion that might result.
Non voglio seguire le suggestioni di Nicholas Cage nei due National Treasure e girarmi i monumenti dell'Indipendenza americana alla ricerca di indizi per raggiungere i tesori dei Templari, bensì andare a vedere una mostra che promette di essere alquanto interessante.
Money Quote: It is best to approach “Star Trek: The Exhibition” at the Franklin Institute here with phasers set to stun. And to avoid any quantum entanglement, make sure that if you visit the show before it closes on the stardate equivalent to Sept. 20, your transporter is in working order. Otherwise, there is just no telling the confusion that might result.
29.5.09
Un'ondata di novità
OGGI SI SCOPRE che Microsoft ha lavorato con durezza alla creazione di un nuovo motore di ricerca, Bing. Tecnologia da fantascienza solo cinque anni fa, ma altri la chiamerebbero una battaglia di retroguardia. Perché Google sta lanciando in queste ore Wave.
28.5.09
Just be yourself
FORSE MI SBAGLIO, ma potrebbe darsi che stia per realizzarsi un inedito e straordinario cross-over tra comics e politica. Intendo fra Doonesbury di Garry B. Trudeau e la Casa Bianca guidata da Barack Obama. E lui non se n'è accorto...
27.5.09
Un blog internazionale
SE VOGLIAMO LO possiamo definire il settimanale più interessante e bello sul mercato italiano. Adesso, Internazionale ha cambiato faccia al suo sito web, aprendo un blog collettivo della redazione. Fatto molto bene: se reggono il passo, è davvero una buona mossa.
26.5.09
Amavo studiare scienze. Soprattutto la parte del Vecchio Testamento
SECONDO ME CERCANO la rissa. Intendo, quelli de la Gaia Scienza, programma condotto da Mario Tozzi e il Trio Medusa su La7. L'ispirazione che viene da Nietzsche (o forse si tratta di una ancor più dotta citazione di Ralph Waldo Emerson ed E. S. Dallas?) offre uno schermo solo trasparente al desiderio di attirare attenzione con qualche bella sparata più-che-scientifica e anti-religiosa. Anzi, anti confessionale.
Credo sia da quando abbiamo processato Galileo che il tema del rapporto tra scienza e fede è abbastanza consunto. Invece, la Gaia Scienza alterna momenti divertenti quando un cabaret per ospedalizzati ad altri simpatici come l'ora di scienze delle medie. Spesso, il Trio Medusa fa sembrare un mattatore l'impalato Tozzi.
Ma quello che davvero ti fa morire è che, con la grazia di chi dispensa tartufo sulle pietanze dei poveri, ci mettono sempre la zampatina scientista e anti-religiosa. Che bellezza di programma televisivo: il Codice da Vinci al contrario, praticamente...
Credo sia da quando abbiamo processato Galileo che il tema del rapporto tra scienza e fede è abbastanza consunto. Invece, la Gaia Scienza alterna momenti divertenti quando un cabaret per ospedalizzati ad altri simpatici come l'ora di scienze delle medie. Spesso, il Trio Medusa fa sembrare un mattatore l'impalato Tozzi.
Ma quello che davvero ti fa morire è che, con la grazia di chi dispensa tartufo sulle pietanze dei poveri, ci mettono sempre la zampatina scientista e anti-religiosa. Che bellezza di programma televisivo: il Codice da Vinci al contrario, praticamente...
25.5.09
Life of the party
SULLA INTERVISTA DELLA Cnn a Silvio Berlusconi si stanno accumulando varie cose. Ad esempio, il fatto che sia stata morbida morbida (cioè, rispettosa) ma che, nonostante questo, il sito del Governo abbia dimenticato di tradurre un paio di passaggi. Che guarda caso, nel ricordo della giornalista che l'ha intervistato, sono le cose che più l'hanno colpita.
Money quote: Berlusconi was clearly in a bit of discomfort but was above all gracious. The interview lasted more than an hour and although there were some tough question about the corruption scandal, immigration and his private life, to my surprise the more revealing answers came from the more personal questions.
I was truly shocked to hear how much he thought his job was now a burden to him and the fact that he truly believed his gaffes were a creation of the media.
Money quote: Berlusconi was clearly in a bit of discomfort but was above all gracious. The interview lasted more than an hour and although there were some tough question about the corruption scandal, immigration and his private life, to my surprise the more revealing answers came from the more personal questions.
I was truly shocked to hear how much he thought his job was now a burden to him and the fact that he truly believed his gaffes were a creation of the media.
Finger Painting
C'È CHI HA bisogno di ispirazione, di concentrazione o anche solo di carta speciale. C'è invece chi si mette da una parte, in piedi, e usa l'iPhone, che sembra scriva messaggini. Invece, produce copertine per il New Yorker. Srano ma vero...
Whisful Thinking
PER CHI NON si sintonizza quotidianamente su Doonesbury, il cartoon di Garry B. Trudeau (qui il libro per noi italiani), questa è una strip storica e da non perdere. L'esordio di Barack Obama nella Never-never-neverland di Trudeau.
Ps: io sono convinto (ci pensavo stamattina in metropolitana) che oggi la politica americana, per i nostri giornali, ruoti tutta attorno a due grandi attese. La prima è che Bush o qualcuno dei suoi venga accusato di crimini di guerra o contro l'umanità a causa dell'Iraq; l'altra è che finisca la luna di miele tra il popolo americano e Obama con una plateale cazzata del neo-presidente.
Ps: io sono convinto (ci pensavo stamattina in metropolitana) che oggi la politica americana, per i nostri giornali, ruoti tutta attorno a due grandi attese. La prima è che Bush o qualcuno dei suoi venga accusato di crimini di guerra o contro l'umanità a causa dell'Iraq; l'altra è che finisca la luna di miele tra il popolo americano e Obama con una plateale cazzata del neo-presidente.
Fate luogo, abbiamo uno squalo da saltare
AVREBBERO GIA' FATTO bingo, come da previsione, se non si fossero all'improvviso inventati questa mezza misura. Ma quasi ci siamo...
Giuro di dire la verità, tutta la verità, soltanto la verità...
CI ATTENDE UNA stagione editoriale da urlo: tutto il vertice delle amministrazioni Bush è alacremente all'opera per stilare le proprie memorie. E, fatto più inquietante degli altri, si coordinano per evitare che le memorie di qualcuno possano contraddire le memorie di qualcun altro...
Money Quote: Already working hard to meet publishers’ deadlines is an informal writers’ workshop of historic proportions: President George W. Bush; Laura Bush, the former first lady; former Secretary of State Condoleezza Rice; former Treasury Secretary Henry M. Paulson Jr.; former Defense Secretary Donald H. Rumsfeld; and Karl Rove, the former presidential political mastermind.
Members of the Bush group are in regular contact as they seek to jog their memories, compare notes and trade stylistic tips in their new lives as authors, according to friends and current and former aides.
Money Quote: Already working hard to meet publishers’ deadlines is an informal writers’ workshop of historic proportions: President George W. Bush; Laura Bush, the former first lady; former Secretary of State Condoleezza Rice; former Treasury Secretary Henry M. Paulson Jr.; former Defense Secretary Donald H. Rumsfeld; and Karl Rove, the former presidential political mastermind.
Members of the Bush group are in regular contact as they seek to jog their memories, compare notes and trade stylistic tips in their new lives as authors, according to friends and current and former aides.
24.5.09
Turista non a caso
NON POSSIAMO NEANCHE dire che salta fuori dal nulla. Olen Steinhauer, nato a Baltimora nel giugno del 1970 e girovago fino a sbarcare con moglie e figlia in Ungheria, scrive da tempo e aveva già pubblicato in Italia il primo dei cinque volumi del suo ciclo dedicato a un piccolo, immaginario paese dell'Est Europa: Il ponte dei sospiri.
L'idea era bella: Il ponte dei sospiri e i quattro romanzi che seguono coprono, con cadenza decennale, cinque storie thriller ambientate nel paese. L'arco di tempo va dal 1948 al 1989, dalla fine della dominazione nazista alla fine della dominazione sovietica. Non ho idea dell'esecuzione, però, perché non ho letto Il ponte; quasi nessuno l'ha fatto, dalle nostre parti. Invece, la storia sarà molto diversa con il nuovo Il turista.
In questo caso, sapere che la casa di produzione di George Clooney ha preso i diritti del film e che l'attore incarnerà il personaggio Milo Weaver, che tra l'altro sembra disegnato su misura per lui così come Dylan Dog somiglia(va) a Rupert Everett, rende la mia profezia molto più facile.
Clooney si appresta a diventare appieno il Cary Grant dei nostri anni. E la nuova serie di romanzi di Steinhauer rischia di facilitarlo, perché è anch'essa a suo modo epica: copre il vuoto post-cortina-di-ferro e post-11 settembre lasciato dal buon vecchio John Le Carré nel mondo della spy story commerciale, aprendo a una nuova mitologia che Jason Bourne, per esempio, non è riuscito neanche a scalfire.
Cornwell, oramai arrivato al traguardo dei 77 anni, non ce la fa più a stare dietro ai cambiamenti del mondo, sempre più lontano da quello che aveva intuito e dipinto nei romanzi dedicati a George Smiley.
Le Carré è in una delle tre possibili vie che possono essere percorse durante la carriera di uno scrittore di storie di spie. Cioè la via dei best-seller mainstream; le altre due sono, in ordine, la strada di Graham Greene, che è gradito ai critici della letteratura a tutto tondo e per questo viene definito "scrittore serio", e quella di Ian Fleming, che è stato sistematicamente svilito e sottovalutato, anche se in realtà, rileggendolo, non ha comunque molta più profondità dei primi romanzi del suo equivalente francese, Gérard de Villiers.
Non so quale sentiero voglia seguire fino in fondo il nostro Steinhauer: mi sono sbranato le 431 pagine del Turista (18 euro, Giano Editore, marchio editoriale adesso di Neri Pozza) e devo dire che il ritmo, l'intreccio, la caratterizzazione e il passo dei suoi romanzi sono quasi perfetti. Le pagine scorrono via al triplo della velocità del buon Dan Brown, per riprendere quanto dicevo poco tempo fa, e lo stesso Stephen King ha elogiato (pare spontaneamente) la storia di Milo Weaver. Adesso Steinhauer ha previsto altri due capitoli di questa saga, e l'aspettativa devo dire non è male. Tuttavia, temo che sarà un lavoro di anni. Ci vorrà pazienza. Per il primo volume, comunque, vale la pena.
L'idea era bella: Il ponte dei sospiri e i quattro romanzi che seguono coprono, con cadenza decennale, cinque storie thriller ambientate nel paese. L'arco di tempo va dal 1948 al 1989, dalla fine della dominazione nazista alla fine della dominazione sovietica. Non ho idea dell'esecuzione, però, perché non ho letto Il ponte; quasi nessuno l'ha fatto, dalle nostre parti. Invece, la storia sarà molto diversa con il nuovo Il turista.
In questo caso, sapere che la casa di produzione di George Clooney ha preso i diritti del film e che l'attore incarnerà il personaggio Milo Weaver, che tra l'altro sembra disegnato su misura per lui così come Dylan Dog somiglia(va) a Rupert Everett, rende la mia profezia molto più facile.
Clooney si appresta a diventare appieno il Cary Grant dei nostri anni. E la nuova serie di romanzi di Steinhauer rischia di facilitarlo, perché è anch'essa a suo modo epica: copre il vuoto post-cortina-di-ferro e post-11 settembre lasciato dal buon vecchio John Le Carré nel mondo della spy story commerciale, aprendo a una nuova mitologia che Jason Bourne, per esempio, non è riuscito neanche a scalfire.
Cornwell, oramai arrivato al traguardo dei 77 anni, non ce la fa più a stare dietro ai cambiamenti del mondo, sempre più lontano da quello che aveva intuito e dipinto nei romanzi dedicati a George Smiley.
Le Carré è in una delle tre possibili vie che possono essere percorse durante la carriera di uno scrittore di storie di spie. Cioè la via dei best-seller mainstream; le altre due sono, in ordine, la strada di Graham Greene, che è gradito ai critici della letteratura a tutto tondo e per questo viene definito "scrittore serio", e quella di Ian Fleming, che è stato sistematicamente svilito e sottovalutato, anche se in realtà, rileggendolo, non ha comunque molta più profondità dei primi romanzi del suo equivalente francese, Gérard de Villiers.
Non so quale sentiero voglia seguire fino in fondo il nostro Steinhauer: mi sono sbranato le 431 pagine del Turista (18 euro, Giano Editore, marchio editoriale adesso di Neri Pozza) e devo dire che il ritmo, l'intreccio, la caratterizzazione e il passo dei suoi romanzi sono quasi perfetti. Le pagine scorrono via al triplo della velocità del buon Dan Brown, per riprendere quanto dicevo poco tempo fa, e lo stesso Stephen King ha elogiato (pare spontaneamente) la storia di Milo Weaver. Adesso Steinhauer ha previsto altri due capitoli di questa saga, e l'aspettativa devo dire non è male. Tuttavia, temo che sarà un lavoro di anni. Ci vorrà pazienza. Per il primo volume, comunque, vale la pena.
Thinking about our losses...
23.5.09
Angeli e Demoni (il libro)
QUANDO HO GIRATO l'ultima pagina di Angeli e Demoni, il secondo libro di Dan Brown pubblicato nel 2000 (Il codice Da Vinci è del 2003 ma nella cronologia dei film viene prima), mi sono accorto che mi sono in parte divertito e in parte stupito. La critica più frequente che viene fatta a Brown è di scrivere male, ma non mi pare che ci siano grandi "vuoti" rispetto ai "pieni" di altri autori di fumettoni come questo.
Invece, c'è parecchio coraggio ed incoscienza: gli ultimi capitoli dentro al Vaticano richiedono una buona dose di fantasia e dimostrano una cosa. Creare presidenti degli Stati Uniti o papi o vertici di multinazionali che non sono mai esistiti riesce a loro e a noi no. Dalle nostre parti la fantasia si scontra con l'allusione o con qualche altro limite che forse ci impedisce di giocare serenamente con le cose degli adulti.
La trama e soprattutto i presupposti di Angeli e Demoni fanno un po' acqua (a parte il corpo delle guardie svizzere, che sembra composto da agenti del secret service destinato anziché al presidente degli Usa al Papa). Cioè, perché i due protagonisti vengono "presi" dal pericoloso sviluppo degli eventi è al di sopra della comprensione, così come l'assoluto "vuoto di potere" che circonda la vicenda: il centro della cristianità, e tutte le sue ovvie connessioni con i poteri temporali romani, diventa all'improvviso affare di una dozzina di persone: i due protagonisti di Brown, il camerlengo, una decina di guardie svizzere, un paio di cardinali.
Brown però riesce ad andare avanti sparato, fra mille "arrotondamenti storici" e impanature con le teorie della congiura basate su vita e morte degli Illuminati, per ben 600 pagine. E vi garantisco che si arriva in fondo. E che la tensione c'è. E che il ritmo che tiene, per quanto spesso quasi elementare e soprattutto molto visivo e televisivo (cosa che per un romanzo di per sé non è mai la cosa migliore, a meno che non si desideri da subito lavorare alla sua traduzione in film), lo tiene bene.
Intendiamoci: siamo tutti bravi a dire che Angeli e Demoni non è un capolavoro così come siamo bravi a dire che il film non è una pellicola che passerà alla storia del cinema. È un fenomeno di una stagione, che ha la fortuna ulteriore di essere il capofila (e quindi istantaneamente il modello da superare) e alimentare un nuovo modo di intrattenere il pubblico, provocando un dibattito e strali da parte delle istituzioni religiose (questa volta non tanto, con Il codice Da Vinci la Chiesa invece si era scatenata) che in realtà sta tutto in un bicchiere d'acqua di quelli piccoli, da Sherry.
Parliamoci chiaro: è divertente leggere Angeli e Demoni. È divertente come leggere il bonelliano Martin Mystére o rilassarsi con uno Zagor, un Dylan Dog, un Mister No. E non c'è grande differenza tra quello che ha fatto per una vita Alfredo Castelli e quello che fa adesso Dan Brown: scrivere su un mix di genere fantastico, avventuroso e storico, all'insegna della fascinazione per tutto ciò che è "mistero". È anche divertente e Brown stesso dà l'idea di essersi divertito a scrivere, oltre ad aver lavorato con il manuale per le istruzioni davanti al naso tutto il tempo, strato dopo strato, come un onesto manierista.
La fortuna di Brown è nel genere, nel mix e nel momento in cui sono usciti i suoi lavori, oltre all'attento lavoro di relazioni pubbliche della moglie. Ma non vi sbagliate: come è accaduto anche per Giorgio Faletti e vari altri, per quanto sia frutto di un lavoro a tavolino (e come altrimenti definire il lavoro per scrivere un romanzo?), sfido la massa dei lettori a fare altrettanto.
Angeli e Demoni c'è e sta, in qualche modo, in piedi. Vale la pena di leggerlo? Solo se siete spaparanzati in spiaggia e volete rilassarvi con qualcosa che vi massaggi il cervello senza farlo lavorare. Soprattutto: per l'amor del cielo, non lo leggete come fosse un oracolo, perché dentro non ci sono verità rivelate, ma solo intrattenimento alla Martin Mystére.
Ps: io il film me lo vado a vedere con grande libidine. Altro divertimento senza controindicazioni celebrali...
Invece, c'è parecchio coraggio ed incoscienza: gli ultimi capitoli dentro al Vaticano richiedono una buona dose di fantasia e dimostrano una cosa. Creare presidenti degli Stati Uniti o papi o vertici di multinazionali che non sono mai esistiti riesce a loro e a noi no. Dalle nostre parti la fantasia si scontra con l'allusione o con qualche altro limite che forse ci impedisce di giocare serenamente con le cose degli adulti.
La trama e soprattutto i presupposti di Angeli e Demoni fanno un po' acqua (a parte il corpo delle guardie svizzere, che sembra composto da agenti del secret service destinato anziché al presidente degli Usa al Papa). Cioè, perché i due protagonisti vengono "presi" dal pericoloso sviluppo degli eventi è al di sopra della comprensione, così come l'assoluto "vuoto di potere" che circonda la vicenda: il centro della cristianità, e tutte le sue ovvie connessioni con i poteri temporali romani, diventa all'improvviso affare di una dozzina di persone: i due protagonisti di Brown, il camerlengo, una decina di guardie svizzere, un paio di cardinali.
Brown però riesce ad andare avanti sparato, fra mille "arrotondamenti storici" e impanature con le teorie della congiura basate su vita e morte degli Illuminati, per ben 600 pagine. E vi garantisco che si arriva in fondo. E che la tensione c'è. E che il ritmo che tiene, per quanto spesso quasi elementare e soprattutto molto visivo e televisivo (cosa che per un romanzo di per sé non è mai la cosa migliore, a meno che non si desideri da subito lavorare alla sua traduzione in film), lo tiene bene.
Intendiamoci: siamo tutti bravi a dire che Angeli e Demoni non è un capolavoro così come siamo bravi a dire che il film non è una pellicola che passerà alla storia del cinema. È un fenomeno di una stagione, che ha la fortuna ulteriore di essere il capofila (e quindi istantaneamente il modello da superare) e alimentare un nuovo modo di intrattenere il pubblico, provocando un dibattito e strali da parte delle istituzioni religiose (questa volta non tanto, con Il codice Da Vinci la Chiesa invece si era scatenata) che in realtà sta tutto in un bicchiere d'acqua di quelli piccoli, da Sherry.
Parliamoci chiaro: è divertente leggere Angeli e Demoni. È divertente come leggere il bonelliano Martin Mystére o rilassarsi con uno Zagor, un Dylan Dog, un Mister No. E non c'è grande differenza tra quello che ha fatto per una vita Alfredo Castelli e quello che fa adesso Dan Brown: scrivere su un mix di genere fantastico, avventuroso e storico, all'insegna della fascinazione per tutto ciò che è "mistero". È anche divertente e Brown stesso dà l'idea di essersi divertito a scrivere, oltre ad aver lavorato con il manuale per le istruzioni davanti al naso tutto il tempo, strato dopo strato, come un onesto manierista.
La fortuna di Brown è nel genere, nel mix e nel momento in cui sono usciti i suoi lavori, oltre all'attento lavoro di relazioni pubbliche della moglie. Ma non vi sbagliate: come è accaduto anche per Giorgio Faletti e vari altri, per quanto sia frutto di un lavoro a tavolino (e come altrimenti definire il lavoro per scrivere un romanzo?), sfido la massa dei lettori a fare altrettanto.
Angeli e Demoni c'è e sta, in qualche modo, in piedi. Vale la pena di leggerlo? Solo se siete spaparanzati in spiaggia e volete rilassarvi con qualcosa che vi massaggi il cervello senza farlo lavorare. Soprattutto: per l'amor del cielo, non lo leggete come fosse un oracolo, perché dentro non ci sono verità rivelate, ma solo intrattenimento alla Martin Mystére.
Ps: io il film me lo vado a vedere con grande libidine. Altro divertimento senza controindicazioni celebrali...
Che ore sono?
LA COSA PIU' bella? Che è un progetto degli anni ottanta... Ventiquattro orologi analogici ne fanno uno grande e "digitale" (anche se a me pare che l'8 non gli possa riuscire...).
22.5.09
L'arcobaleno del bello e il nostro daltonismo di massa
È SCOMPARSA A 86 anni nell'ottobre del 2007. Scozzese, Deborah Kerr è stata una delle attrici che più mi hanno affascinato per la strana e in qualche modo significativa parabola che per me vale come uno dei massimi esempi dell'idea di arcobaleno del bello attraverso le diverse stagioni della vita.
La Kerr ha partecipato ad alcuni tra i film che hanno definito un'epoca (piuttosto remota e che non mi appartiene, non ci sbagliamo), a cavallo degli anni cinquanta e sessanta: film come Da qui all'eternità (con il mitico bacio sulla spiaggia con Burt Lancaster), Il re e io con Yul Brynner, Tavole separate con David Niven, e lo strepitoso Un amore splendido con Cary Grant. E ha lavorato con quasi tutti i grandi del cinema hollywodiano dell'epoca: da Marlon Brando a Stewart Granger, più i già citati.
Lei è nata come ballerina, ha fatto teatro, ha girato una trentina di film, è stata candidata nove volte all'Oscar senza mai vincerlo. Ha vissuto una carriera alquanto ricca e complessa, basata sul duplice asse dell'avvenenza (la Kerr era una donna alta, con capelli dotati naturalmente di un forte colore rosso acceso) e della bravuta.
Ha lavorato per quasi tutta la sua vita; però, durante gli anni sessanta, ha abbandonato il cinema. Era il periodo verso i suoi tardi quarant'anni, quando la bellezza femminile sulla carta dei produttori deve essere sfiorita e sostituita con nuove, più giovani effimere creature. A portarla al sostanziale abbandono è stata però anche una nuova, inedita pressione del settore cinematografico americano, in cui stava avvenendo un fondamentale cambiamento del costume con il nudo femminile e il sesso sul grande schermo che diventavano mainstream. Una delle ultime apparizioni della Kerr "di spessore" è stata per la parte di una Bond-girl, peraltro la più anziana di tutte, a 46 anni.
A me quello che colpisce di questa donna è proprio questo: accanto a un talento appassionato e straordinario, che l'ha mantenuta in bilico tra i più alti riconoscimenti del suo settore e gli occhi del pubblico, c'è una forza naturale della sua femminilità (guardate ad esempio la progressione di foto che ho messo insieme qui sotto) che mi fa chiedere quante volte il canone imposto di bellezza cinematografica abbia privato gli occhi del pubblico del bello nelle sue naturali declinazioni.
Viviamo nel tempo delle ninfette e dei servi del lolitismo, della contraffazione dei corpi e della carne, oltre che degli spiriti. E invece avremmo, come abbiamo sempre avuto, sotto gli occhi un vero arcobaleno del bello che sfuma attraverso una lunga parabola tra colori e stagioni diverse. Siamo diventati tutti daltonici, invece, e vediamo solo una tinta, con poche sfumature. La vita è diversa, il bello (e quello che rappresenta) è molto di più di quella cosa misera che consumiamo ogni giorno insieme alla pubblicità commerciale e al consumismo dell'estetica.
La Kerr ha partecipato ad alcuni tra i film che hanno definito un'epoca (piuttosto remota e che non mi appartiene, non ci sbagliamo), a cavallo degli anni cinquanta e sessanta: film come Da qui all'eternità (con il mitico bacio sulla spiaggia con Burt Lancaster), Il re e io con Yul Brynner, Tavole separate con David Niven, e lo strepitoso Un amore splendido con Cary Grant. E ha lavorato con quasi tutti i grandi del cinema hollywodiano dell'epoca: da Marlon Brando a Stewart Granger, più i già citati.
Lei è nata come ballerina, ha fatto teatro, ha girato una trentina di film, è stata candidata nove volte all'Oscar senza mai vincerlo. Ha vissuto una carriera alquanto ricca e complessa, basata sul duplice asse dell'avvenenza (la Kerr era una donna alta, con capelli dotati naturalmente di un forte colore rosso acceso) e della bravuta.
Ha lavorato per quasi tutta la sua vita; però, durante gli anni sessanta, ha abbandonato il cinema. Era il periodo verso i suoi tardi quarant'anni, quando la bellezza femminile sulla carta dei produttori deve essere sfiorita e sostituita con nuove, più giovani effimere creature. A portarla al sostanziale abbandono è stata però anche una nuova, inedita pressione del settore cinematografico americano, in cui stava avvenendo un fondamentale cambiamento del costume con il nudo femminile e il sesso sul grande schermo che diventavano mainstream. Una delle ultime apparizioni della Kerr "di spessore" è stata per la parte di una Bond-girl, peraltro la più anziana di tutte, a 46 anni.
A me quello che colpisce di questa donna è proprio questo: accanto a un talento appassionato e straordinario, che l'ha mantenuta in bilico tra i più alti riconoscimenti del suo settore e gli occhi del pubblico, c'è una forza naturale della sua femminilità (guardate ad esempio la progressione di foto che ho messo insieme qui sotto) che mi fa chiedere quante volte il canone imposto di bellezza cinematografica abbia privato gli occhi del pubblico del bello nelle sue naturali declinazioni.
Viviamo nel tempo delle ninfette e dei servi del lolitismo, della contraffazione dei corpi e della carne, oltre che degli spiriti. E invece avremmo, come abbiamo sempre avuto, sotto gli occhi un vero arcobaleno del bello che sfuma attraverso una lunga parabola tra colori e stagioni diverse. Siamo diventati tutti daltonici, invece, e vediamo solo una tinta, con poche sfumature. La vita è diversa, il bello (e quello che rappresenta) è molto di più di quella cosa misera che consumiamo ogni giorno insieme alla pubblicità commerciale e al consumismo dell'estetica.
21.5.09
The Delivery Flight
UNA COSA CHE vorrei fare è il viaggio da una fabbrica (come quella di Seattle, che ho visitato) e l'aeroporto che fa da base. In questo video di V Airlines credo si capisca anche il perché: ma si tratta di V Airlines di Sir Richard Branson, e questo spiega molte altre cose...
Uhura? È da uhurlo!
L'HO VISTO, POI mi sono preso qualche giorno per pensarci un po' su (nel frattempo sono andato anche a Utrecht), e adesso ve ne parlo. L'argomento è ovviamente Star Trek versione JJ Abrams. Che, aggiungo, sono andato a vedere al cinema Arcadia di Melzo, poco fuori Millano. Un cinema in cui sono andato per la prima volta sabato scorso e che fra i milanesi è a dir poco "mitologico": viene citato da quelli della mia generazione come il paradiso dell'alta fedeltà Thx, ha anche la sala 3D. Insomma, il tempio del terziario avanzato prima che si dotasse di home theatre casalingo.
Torniamo a Star Trek, perché è una meraviglia. È un genuino film d'azione, ma di quella grande, super-cinematografica. Per questo va visto in una sala appositamente attrezzata (e non pensate nemmeno a scaricarlo per vederlo sullo schermino dell'iPod in treno, perché non ci siamo proprio). La prima parte scorre quasi normale, fino a una accelerazione, intorno alla metà del film, in cui ti scopri a pensare: "Ma se riuscivate a farlo così, un film di Star Trek, che diavolo avete fatto le altre dieci volte? Avete sempre cazzeggiato?". La memoria della serie originale anni sessanta, con pochi effetti speciali a disposizione, e il fatto che non ci sia mai stato un "registone" di quelli alla Cameron, alla Howard e alla Zemeckis aveva fatto pensare a tutti che un buon film di Star Trek fosse quello in cui l'astronave al massimo orbita attorno a un pianeta, spara con i faser e la gente tentenna sul ponte di comando tenendosi a destra e sinistra, mentre si stacca qualche pannello con una volata di scintille. Invece, no.
Però Abrams non ha partorito una pellicola monodimensionale, tutta azione e niente trama. I piani di lettura sono invece molteplici, come si conviene ai film contemporanei; causa la frammentazione del pubblico e la coesistenza di pubblici anche generazionalmente diversi: il fanatico di ST che vuole vedere riprodotto lo sportellino dei faser e il maniaco dell'effetto speciale che gode solo contando i poligoni di cui è fatta l'astronave, o il bambino di sei anni con ancora qualche traccia di innocenza nello sguardo (ma francamente ne dubito).
Non sono bravo a fare il recensore ma cerco di darmi da fare per occupare lo spazio lasciato libero da altri blogger (che si stanno sistematicamente candidando o parlano solo di politica politicante e mobilitazioni, svelandosi come piccoli apprendisti stregoni e poco altro) e vi dico: questo Star Trek è da vedere, davvero. Fra tutti, a parte il cameo di Leonard Nimoy, che per la saga adesso ci sente da matti, direi che la creatura migliore è Zachary Quinto, alias Spock da giovane. Complessità e ricchezza, celate dietro un muro. Oltretutto, si somigliano un casino.
Anche Uhura è da uhurlo (ehm...), mentre il resto della gang di STOS è all'altezza e funziona anche James T. Kirk: grande incassatore di mazzate come l'originale, stesso talento per riemergere dai casini in cui si ficca da solo, ha solo lo sguardo un po' meno romantico e al tempo stesso un po' meno spietato dell'originale. Chris Pine sembra, insomma, più Roger Moore che non Pierce Brosnan o Daniel Craig, rispetto all'originale di Sean Connery. Ma ci piace assai.
Due anni fa Star Trek ha celebrato i suoi primi 40 anni e non fatemi stare qui a fare un pippone sul ruolo che ha avuto questa serie e tutto il suo universo nell'immaginario degli abitanti del pianeta Terra. Io sono trekkista e non starwarsaro, e forse per questo mi piace Battlestar Galactica e mi piacciono un paio di altre cosucce sulle quali torneremo a parlare in futuro. Però, ve lo dico, questo è uno di quei momenti che poi si raccontano ai nipoti, quindi cercate di non sprecarlo: "Nonno, mi racconti ancora di quella sera che sei andato all'Arcadia a vedere il film?" "Davvero avete preso pop-corn e coca-cola e poi vi siete seduti in una sala piena di gente a vedere un film bidimensionale?". "Nonno, nonno, ma quanto sei vecchio?".
Torniamo a Star Trek, perché è una meraviglia. È un genuino film d'azione, ma di quella grande, super-cinematografica. Per questo va visto in una sala appositamente attrezzata (e non pensate nemmeno a scaricarlo per vederlo sullo schermino dell'iPod in treno, perché non ci siamo proprio). La prima parte scorre quasi normale, fino a una accelerazione, intorno alla metà del film, in cui ti scopri a pensare: "Ma se riuscivate a farlo così, un film di Star Trek, che diavolo avete fatto le altre dieci volte? Avete sempre cazzeggiato?". La memoria della serie originale anni sessanta, con pochi effetti speciali a disposizione, e il fatto che non ci sia mai stato un "registone" di quelli alla Cameron, alla Howard e alla Zemeckis aveva fatto pensare a tutti che un buon film di Star Trek fosse quello in cui l'astronave al massimo orbita attorno a un pianeta, spara con i faser e la gente tentenna sul ponte di comando tenendosi a destra e sinistra, mentre si stacca qualche pannello con una volata di scintille. Invece, no.
Però Abrams non ha partorito una pellicola monodimensionale, tutta azione e niente trama. I piani di lettura sono invece molteplici, come si conviene ai film contemporanei; causa la frammentazione del pubblico e la coesistenza di pubblici anche generazionalmente diversi: il fanatico di ST che vuole vedere riprodotto lo sportellino dei faser e il maniaco dell'effetto speciale che gode solo contando i poligoni di cui è fatta l'astronave, o il bambino di sei anni con ancora qualche traccia di innocenza nello sguardo (ma francamente ne dubito).
Non sono bravo a fare il recensore ma cerco di darmi da fare per occupare lo spazio lasciato libero da altri blogger (che si stanno sistematicamente candidando o parlano solo di politica politicante e mobilitazioni, svelandosi come piccoli apprendisti stregoni e poco altro) e vi dico: questo Star Trek è da vedere, davvero. Fra tutti, a parte il cameo di Leonard Nimoy, che per la saga adesso ci sente da matti, direi che la creatura migliore è Zachary Quinto, alias Spock da giovane. Complessità e ricchezza, celate dietro un muro. Oltretutto, si somigliano un casino.
Anche Uhura è da uhurlo (ehm...), mentre il resto della gang di STOS è all'altezza e funziona anche James T. Kirk: grande incassatore di mazzate come l'originale, stesso talento per riemergere dai casini in cui si ficca da solo, ha solo lo sguardo un po' meno romantico e al tempo stesso un po' meno spietato dell'originale. Chris Pine sembra, insomma, più Roger Moore che non Pierce Brosnan o Daniel Craig, rispetto all'originale di Sean Connery. Ma ci piace assai.
Due anni fa Star Trek ha celebrato i suoi primi 40 anni e non fatemi stare qui a fare un pippone sul ruolo che ha avuto questa serie e tutto il suo universo nell'immaginario degli abitanti del pianeta Terra. Io sono trekkista e non starwarsaro, e forse per questo mi piace Battlestar Galactica e mi piacciono un paio di altre cosucce sulle quali torneremo a parlare in futuro. Però, ve lo dico, questo è uno di quei momenti che poi si raccontano ai nipoti, quindi cercate di non sprecarlo: "Nonno, mi racconti ancora di quella sera che sei andato all'Arcadia a vedere il film?" "Davvero avete preso pop-corn e coca-cola e poi vi siete seduti in una sala piena di gente a vedere un film bidimensionale?". "Nonno, nonno, ma quanto sei vecchio?".
Nothing to hide
I CREATIVI DI Air New Zealend non hanno niente da nascondere. Così come la compagnia aerea. E, ovviamente, il suo personale...
Qui invece il The Making of, altrettanto divertente (forte la musichetta!).
Qui invece il The Making of, altrettanto divertente (forte la musichetta!).
20.5.09
Allora c'era un motivo
ESQUIRE HA UN lungo pezzo in cui analizza la nuova complessità della donna moderna, spiegando anche perché "non vuole più fare sesso con voi".
Money Quote: So if these women don't want sex, what do they want? Freud's immortal question — like "Why is there something instead of nothing?" — isn't so much a request for knowledge as a hope that such knowledge exists.
Money Quote: So if these women don't want sex, what do they want? Freud's immortal question — like "Why is there something instead of nothing?" — isn't so much a request for knowledge as a hope that such knowledge exists.
Windows sicuro, ma solo per l'USAF
A QUANTO PARE, un po' di tempo fa l'aeronautica militare degli Stati Uniti è riuscita ad ottenere una versione di Windows da Microsoft che è il sogno di tutti gli utenti di quella piattaforma. La versione sicura.
Money Quote: The Air Force, on the verge of renegotiating its desktop-software contract with Microsoft, met with Ballmer and asked the company to deliver a secure configuration of Windows XP out of the box. That way, Air Force administrators wouldn't have to spend time re-configuring, and the department would have uniform software across the board, making it easier to control and maintain patches.
Surprisingly, Microsoft quickly agreed to the plan, and Ballmer got personally involved in the project.
Money Quote: The Air Force, on the verge of renegotiating its desktop-software contract with Microsoft, met with Ballmer and asked the company to deliver a secure configuration of Windows XP out of the box. That way, Air Force administrators wouldn't have to spend time re-configuring, and the department would have uniform software across the board, making it easier to control and maintain patches.
Surprisingly, Microsoft quickly agreed to the plan, and Ballmer got personally involved in the project.
19.5.09
An impressive tool
PER LA SERIE: le grandi scoperte della scienza, un arguto saggio che spiega il perché e il percome del pene umano, "straordinario strumento" che però viene studiato con l'attenzione che merita solo da pochissimo.
Money Quote: If you’ve ever had a good, long look at the human phallus, whether yours or someone else’s, you’ve probably scratched your head over such a peculiarly shaped device. Let’s face it—it’s not the most intuitively shaped appendage in all of evolution. But according to evolutionary psychologist Gordon Gallup of the State University of New York at Albany, the human penis is actually an impressive “tool” in the truest sense of the word, one manufactured by nature over hundreds of thousands of years of human evolution. You may be surprised to discover just how highly specialized a tool it is. Furthermore, you’d be amazed at what its appearance can tell us about the nature of our sexuality.
Qui invece la storia della superfecondazione eteropaternale ieri sul Corriere, fenomeno in parte causa alla base della nostra evoluzione verso questa "morfologia dello strumento", di cui si parla nell'articolo.
Money Quote: If you’ve ever had a good, long look at the human phallus, whether yours or someone else’s, you’ve probably scratched your head over such a peculiarly shaped device. Let’s face it—it’s not the most intuitively shaped appendage in all of evolution. But according to evolutionary psychologist Gordon Gallup of the State University of New York at Albany, the human penis is actually an impressive “tool” in the truest sense of the word, one manufactured by nature over hundreds of thousands of years of human evolution. You may be surprised to discover just how highly specialized a tool it is. Furthermore, you’d be amazed at what its appearance can tell us about the nature of our sexuality.
Qui invece la storia della superfecondazione eteropaternale ieri sul Corriere, fenomeno in parte causa alla base della nostra evoluzione verso questa "morfologia dello strumento", di cui si parla nell'articolo.
18.5.09
Momenti storici
IL PRIMO AIRBUS A320 assemblato interamente in Cina ha compiuto oggi il volo inaugurale...
Money Quote: Airbus says in a statement the aircraft took off from Tianjin airport at precisely 10:42 and landed back at the airport four hours and 14 minutes later at 14:56.
"The flight was a complete success," says Airbus senior VP flight and integration tests, Fernando Alonso, who describes the flight as an historic event.
The aircraft that took off today is the first A320 to be assembled in China.
Alonso says it "unquestionably demonstrated the same quality and performance as those assembled in Hamburg or Toulouse".
Money Quote: Airbus says in a statement the aircraft took off from Tianjin airport at precisely 10:42 and landed back at the airport four hours and 14 minutes later at 14:56.
"The flight was a complete success," says Airbus senior VP flight and integration tests, Fernando Alonso, who describes the flight as an historic event.
The aircraft that took off today is the first A320 to be assembled in China.
Alonso says it "unquestionably demonstrated the same quality and performance as those assembled in Hamburg or Toulouse".
Self-control
PEZZO MEMORABILE DEL New Yorker sull'autocontrollo, con varie implicazioni pratiche per i lettori e le loro più o meno occasionali pigrizie.
Money Quote: If Mischel and his team succeed, they will have outlined the neural circuitry of self-control. For decades, psychologists have focussed on raw intelligence as the most important variable when it comes to predicting success in life. Mischel argues that intelligence is largely at the mercy of self-control: even the smartest kids still need to do their homework. “What we’re really measuring with the marshmallows isn’t will power or self-control,” Mischel says. “It’s much more important than that. This task forces kids to find a way to make the situation work for them. They want the second marshmallow, but how can they get it? We can’t control the world, but we can control how we think about it.”
Money Quote: If Mischel and his team succeed, they will have outlined the neural circuitry of self-control. For decades, psychologists have focussed on raw intelligence as the most important variable when it comes to predicting success in life. Mischel argues that intelligence is largely at the mercy of self-control: even the smartest kids still need to do their homework. “What we’re really measuring with the marshmallows isn’t will power or self-control,” Mischel says. “It’s much more important than that. This task forces kids to find a way to make the situation work for them. They want the second marshmallow, but how can they get it? We can’t control the world, but we can control how we think about it.”
Scusate, ma quando lo spam è divertente, bisogna premiarlo
UN UOMO TORNA di proposito dal lavoro prima del tempo e scopre moglie e amante a letto. Prende dal cassetto la pistola, la impugna e se la punta con decisione alla tempia.
A quel punto i due amanti nel letto scoppiano a ridere. Ma l’uomo: "Ridete pure, però dopo tocca a voi!"
A quel punto i due amanti nel letto scoppiano a ridere. Ma l’uomo: "Ridete pure, però dopo tocca a voi!"
17.5.09
Esplode la Tweet-mania di Doonesbury
16.5.09
"We sure had quite a year." "What are you talking about, it's May..."
MI RENDO CONTO adesso, girando un po' il web, che l'ultimo episodio della terza stagione di 30 Rock sta crescendo in maniera incredibile. L'intera stagione, a dire il vero. Ma il terzo, con la "canzone del rene", è qualcosa di memorabile davvero.
In Italia credo che 30 Rock abbia appena cominciato a fare capolino su Sky. In futuro ne parliamo ancora, più diffusamente.
In Italia credo che 30 Rock abbia appena cominciato a fare capolino su Sky. In futuro ne parliamo ancora, più diffusamente.
We Need a Kidney. Dealbreaker!
CE LA POSSO fare: stasera vado finalmente a vedermi Star Trek. Prima che esca in Dvd. Poi vi faccio sapere.
Intanto, è finita la terza stagione di 30 Rock con uno spettacolare episodio pieno di star. Oltre ad Alan Alda, infatti, si sono aggiunti vari pezzi grossi dell'industria discografica per cantare "We Need a Kidney". Da notare che una cosa del genere da noi verrebbe fatta con i calciatori e qualche personaggio da festivalbar e da salotto televisivo, che passa il tempo a sorridere con faccia ebete per far capire che si sta divertendo (perché è in una sit-com, in cui il pubblico si diverte).
In ogni caso, "We Need a Kidney" è la mia hit di maggio. Se non lo tolgono da YouTube, vi consiglio di vederla: tre minuti di buona musica. E qui c'è il testo originale.
La lista dei performers:
Clay Aiken
Elvis Costello
Mary J. Blige
Sheryl Crow
Mike D from the Beastie boys
Steve Earle
Adam Levine
Adam Horovitz
Sara Bareilles
Wyclef Jean
Norah Jones
Talib Kweli
Michael McDonald
Rhett Miller
Moby
Robert Randolph
Rachael Yamagata
Cyndi Lauper
Questa è la miglior sitcom di sempre:
"We all believe in this cause so much that we've been doing it for free...except for Sheryl."
"And only three of us are drunk."
Intanto, è finita la terza stagione di 30 Rock con uno spettacolare episodio pieno di star. Oltre ad Alan Alda, infatti, si sono aggiunti vari pezzi grossi dell'industria discografica per cantare "We Need a Kidney". Da notare che una cosa del genere da noi verrebbe fatta con i calciatori e qualche personaggio da festivalbar e da salotto televisivo, che passa il tempo a sorridere con faccia ebete per far capire che si sta divertendo (perché è in una sit-com, in cui il pubblico si diverte).
In ogni caso, "We Need a Kidney" è la mia hit di maggio. Se non lo tolgono da YouTube, vi consiglio di vederla: tre minuti di buona musica. E qui c'è il testo originale.
La lista dei performers:
Clay Aiken
Elvis Costello
Mary J. Blige
Sheryl Crow
Mike D from the Beastie boys
Steve Earle
Adam Levine
Adam Horovitz
Sara Bareilles
Wyclef Jean
Norah Jones
Talib Kweli
Michael McDonald
Rhett Miller
Moby
Robert Randolph
Rachael Yamagata
Cyndi Lauper
Questa è la miglior sitcom di sempre:
"We all believe in this cause so much that we've been doing it for free...except for Sheryl."
"And only three of us are drunk."
15.5.09
Max Payne
IL REGISTA È un genio incompreso e, soprattutto, che si è finora espresso solo a metà. Non riesce a trovare storie che sappiano colmare di racconto l'incredibile sottofondo visivo che lui è invece in grado di costruire, e il suo montaggio e tutto il resto. John Moore è più bravo di molti a mostrare le inquietudini, le ansie e le visioni di oggi, ma non è ancora un autore completo. Un esempio è Max Payne, sfortunato film (trama fin troppo esile) tratto da un bel videogioco di cui conservo buoni ricordi.
Parlando di videogame, una delle protagoniste è Mila Kunis (That '70 Show), altro talento solo parzialmente espresso. Beh, la Kunis (classe '83) è diventata relativamente famosa perché gioca ai videogame (soprattutto a World of Warcraft) e se vi guardate questo video preso dal Jimmy Kimmel Live, nella seconda metà noterete una cosa: per il presentatore, che è del 1967, i giochi sono per bambini come suo figlio di meno di dieci anni.
Parlando di videogame, una delle protagoniste è Mila Kunis (That '70 Show), altro talento solo parzialmente espresso. Beh, la Kunis (classe '83) è diventata relativamente famosa perché gioca ai videogame (soprattutto a World of Warcraft) e se vi guardate questo video preso dal Jimmy Kimmel Live, nella seconda metà noterete una cosa: per il presentatore, che è del 1967, i giochi sono per bambini come suo figlio di meno di dieci anni.
14.5.09
Aggiornamenti
SONO APPENA TORNATO da due giorni a Berlino. Anzi, a Hennigsdorf, subito al di là del vecchio confine con la DDR. Ho volato andata e ritorno con Air Berlin (di nuovo), perso fra una deserta Malpensa e Tegel la cui ultima ora si avvicina rapidamente. Ho volato anche questa volta sempre con i benedetti Boeing 737-700 di Air Berlin. Con gli Airbus A320 della seconda compagnia aerea tedesca non ho ancora avuto il piacere, mannaggia! Obiettivo della gita fuori porta: la mega-fabbrica di treni della Bombardier. Posto decisamente notevole.
Tornato a casa, subito un po' di cose da fare sul computer (che non mi ero portato dietro) e una sensazione piacevole. Dopo l'aggiornamento a 10.5.7 (fatto prima di partire) l'uso della ventola del mio MacBook 2.4 Ghz alluminio è praticamente scomparso (ma scalda comunque sempre molto). In compenso, i problemi del backup via Wi-Fi su Time Capsule sono aumentati. Non si può avere tutto, a quanto pare.
Tornato a casa, subito un po' di cose da fare sul computer (che non mi ero portato dietro) e una sensazione piacevole. Dopo l'aggiornamento a 10.5.7 (fatto prima di partire) l'uso della ventola del mio MacBook 2.4 Ghz alluminio è praticamente scomparso (ma scalda comunque sempre molto). In compenso, i problemi del backup via Wi-Fi su Time Capsule sono aumentati. Non si può avere tutto, a quanto pare.
12.5.09
To Us
QUEL ROMANTICONE DI Garry B. Trudeau festeggia con una striscia di Doonesbury particolare e straordinariamente delicata i primi 100 giorni di Barack Obama. La sua capacità di far incontrare il pubblico e il privato, la cronaca e il simbolico è per me oramai leggendaria.
11.5.09
Il talento del signor Sean Hayes (altri cinque minuti di buona musica)
DIFFICILMENTE LO TROVERETE in heavy rotation su 105 o Mtv. Eppure, è straordinario. E difficile da acchiappare. Questa è All 4 Love
Arrosti della ragione
C'È UN LIBRO che staziona da mesi in casa mia, con difficoltà: storia di panchine venuta male, inutile susseguirsi di pagine egocentrate. Purtroppo, la collana apparentemente tanto gustosa "Contromano" di Laterza ha partorito un altro inutile: Panchine - Come uscire dal mondo senza uscirne di Beppe Sebaste. Potevo risparmiarmi 9,50 euro e 172 pagine di lettura. Peccato perché la confezione è intrigante: leggere di panchine (che io amo alla follia, passandoci sopra tanto tempo e avendone frequentate un po' ovunque) e di ozio e di utopie, con la grafica deliziosa di questi libriccini era una tentazione fortissima. La delusione arriva quando poi si passa dal pensiero all'azione: sotto la copertina non c'è niente se non un educato e dignitoso discorso inutile di un colto signore al quale è stato chiesto di riempire delle pagine. Le ha riempite, cercando di farci entrare in quell'universo che è la sua vita: sogni, esperienze, figlio, priorità, conversioni, misticismo. Fantastico: ma chi se ne frega? Ma chi sei? Se ti senti tanto arrogante da voler esporre la tua vita come fosse un'opera d'arte in un realty cartaceo per intellettuali, fai come tutti gli altri noi e apriti un blog, così possiamo ignorarci a vicenda senza dover abbattere degli alberi innocenti per farlo.
(Visto che questa è la terza sòla consecutiva che mi regalano i Contromano, ho deciso che da adesso evito di comprarli. Grazie anche a Mr. Sebaste)
Poi, altra cosa che non mi è piaciuta. Un brutto documentario che avrei preferito non vedere: Il corpo delle donne. Sfogo anti-televisivo pro-donna in opposizione alla femmina-resa-oggetto. Tutto in negativo tranne poco: Anna Magnani (le rughe che ci ha messo una vita a farsele), Pier Paolo Pasolini e la "faccia del vecchio" da onorare (citazione addirittura dal Vecchio testamento: il mitico e intellettuale Levitico). Per il resto, il compitino moraleggiante di uno studente delle superiori al quale hanno fatto registrare un po' di tivù a caso e rimontarla.
Trovare corpi di donna resi oggetto dalla televisione? Vedere il silicone, il modello di femminile totalmente estetico della dittatura dei corpi perfetti? I due autori parlano di distorsione plastificata dei visi senza vulnerabilità e senza pìetas, quella pìetas su cui poggia la coesione sociale, che ci porta - citando esplicitamente il "filosofo Galimberti" - a prestare attenzione "all'attualità della nostra persona" perché ci hanno invece insegnato che "apparire è più importante che essere". Verità profonde, riscoperte illuminanti. Siamo di fronte a una vera e propria "scelta etica", perché "è in gioco la sopravvivenza della nostra identità", pontificano i due autori. Un servizio di Porta a Porta sarebbe andato più in profondità.
"Giocare con i simboli e gli stereotipi prevede una consapevolezza tale che è molto difficile non restarne scottati", dicono i due simpatici documentaristi. Nel loro caso, la scottatura è un arrosto della ragione. Retorico, ripetitivo, povero di idee. Insomma, da non guardare.
(Visto che questa è la terza sòla consecutiva che mi regalano i Contromano, ho deciso che da adesso evito di comprarli. Grazie anche a Mr. Sebaste)
Poi, altra cosa che non mi è piaciuta. Un brutto documentario che avrei preferito non vedere: Il corpo delle donne. Sfogo anti-televisivo pro-donna in opposizione alla femmina-resa-oggetto. Tutto in negativo tranne poco: Anna Magnani (le rughe che ci ha messo una vita a farsele), Pier Paolo Pasolini e la "faccia del vecchio" da onorare (citazione addirittura dal Vecchio testamento: il mitico e intellettuale Levitico). Per il resto, il compitino moraleggiante di uno studente delle superiori al quale hanno fatto registrare un po' di tivù a caso e rimontarla.
Trovare corpi di donna resi oggetto dalla televisione? Vedere il silicone, il modello di femminile totalmente estetico della dittatura dei corpi perfetti? I due autori parlano di distorsione plastificata dei visi senza vulnerabilità e senza pìetas, quella pìetas su cui poggia la coesione sociale, che ci porta - citando esplicitamente il "filosofo Galimberti" - a prestare attenzione "all'attualità della nostra persona" perché ci hanno invece insegnato che "apparire è più importante che essere". Verità profonde, riscoperte illuminanti. Siamo di fronte a una vera e propria "scelta etica", perché "è in gioco la sopravvivenza della nostra identità", pontificano i due autori. Un servizio di Porta a Porta sarebbe andato più in profondità.
"Giocare con i simboli e gli stereotipi prevede una consapevolezza tale che è molto difficile non restarne scottati", dicono i due simpatici documentaristi. Nel loro caso, la scottatura è un arrosto della ragione. Retorico, ripetitivo, povero di idee. Insomma, da non guardare.
Nel momento del riflusso
SECONDO ITALO CALVINO, è stato il membro più importante e prolifico dell'officina di letteratura potenziale, cioè Oulipo. Georges Perec, che segue e ammira Raymond Queneau, è personaggio difficile da decodificare: alla patafisica aggiunge un bisogno fortissimo di limitazioni formali al suo scrivere. Maestro di palindromi, anagrammi e lipogrammi, è conosciuto soprattutto per La vita, istruzioni per l'uso.
In questo momento, però, c'è un suo altro testo, più snello, che mi torna in mente. S'intitola Un uomo che dorme, (Un Homme qui dort, del 1967) ed è il suo terzo romanzo: è la storia di uno studente che la mattina dell'esame, invece di alzarsi, lascia suonare la sveglia e richiude gli occhi.
In questo momento di riflusso pubblico e privato, di fuga dal mondo di quegli ultimi che il mondo come sta prendendo forma proprio non lo sopportano, è un libro rapido da leggere. Lo studente che vaga per Parigi senza aprire bocca, senza desiderare più niente, tra la folla dei Grands Boulevards, per i caffè, le panchine dei giardinetti, i lungosenna, i musei, i monumenti, siamo noi; perlomeno, alcuni di noi. Sonnambuli in casa nostra. Quodlibet lo ha appena ripubblicato: suggerisco una rapida lettura, tralasciando Internet e tivù.
In questo momento, però, c'è un suo altro testo, più snello, che mi torna in mente. S'intitola Un uomo che dorme, (Un Homme qui dort, del 1967) ed è il suo terzo romanzo: è la storia di uno studente che la mattina dell'esame, invece di alzarsi, lascia suonare la sveglia e richiude gli occhi.
In questo momento di riflusso pubblico e privato, di fuga dal mondo di quegli ultimi che il mondo come sta prendendo forma proprio non lo sopportano, è un libro rapido da leggere. Lo studente che vaga per Parigi senza aprire bocca, senza desiderare più niente, tra la folla dei Grands Boulevards, per i caffè, le panchine dei giardinetti, i lungosenna, i musei, i monumenti, siamo noi; perlomeno, alcuni di noi. Sonnambuli in casa nostra. Quodlibet lo ha appena ripubblicato: suggerisco una rapida lettura, tralasciando Internet e tivù.
10.5.09
9.5.09
Quei cinque minuti di buona musica
RITA COOLIDGE È una cantante di origin scozzesi e cherokee. Ha lavorato con Joe Cocker, Erc Clapton e Leon Russell. Per quest'ultimo è stata la musa ispiratrice, la "signora del Delta". È il delta del Mississippi a cavallo degli anni Settanta, il momento magico della musica popolare e di campagna del Sud che le ha fatto conoscere Kris Kristofferson, il futuro marito. Insieme hanno vinto un Grammy come miglior duo contry, avuto una figlia e inciso più di 300 duetti. Separata dal 1980, Rita è stata legata a Stephen Stills e a Graham Nash.
Help Me Make It Through The Night è una ballata del 1970 di Kristofferson, cantata da vari interpreti fra i quali anche Elvis Presley, Johnny Cash con sua moglie e Joan Baez. La versione del 1971 di Sammi Smith, la famosa cantante country scomparsa nel 2005, è probabilmente la più popolare ballata di sempre. Tra l'altro, la storia che viene raccontata dalla canzone è, come spesso succede nel country, davvero da brivido. E la chimica che c'è fra i due interpreti è impressionante.
Help Me Make It Through The Night è una ballata del 1970 di Kristofferson, cantata da vari interpreti fra i quali anche Elvis Presley, Johnny Cash con sua moglie e Joan Baez. La versione del 1971 di Sammi Smith, la famosa cantante country scomparsa nel 2005, è probabilmente la più popolare ballata di sempre. Tra l'altro, la storia che viene raccontata dalla canzone è, come spesso succede nel country, davvero da brivido. E la chimica che c'è fra i due interpreti è impressionante.
8.5.09
Trombettieri
UNA DEFINIZIONE È lo specchio di una cultura? Forse. Vediamone per prova due a confronto. Quella in inglese, "casual relationship" (ma anche "friends with benefits", "fuck buddies" o "bed buddies"), è trattata scientificamente e si trova su Wikipedia. Quella italiana, "trombamico", è delirante, su Wikipedia non c'è e si trova invece su siti con tutt'altri obiettivi.
Money Quote: Casual relationship is a physical and emotional relationship between two people who may have a sexual relationship or a near-sexual relationship without necessarily demanding or expecting a more formal romantic relationship as a goal. It is more than simple casual sex, which has little or no emotional element, and different from a one-night stand, as the relationship extends beyond a single sexual encounter. Related terms are friends with benefits and fuck buddies or bed buddies. There are significant gender and cultural differences in acceptance of and breadth of casual relationships, as well as in regrets about action/inaction in those relationships.
Money Quote: Persona che quando meno te l'aspetti tira fuori una tromba.
Money Quote: Casual relationship is a physical and emotional relationship between two people who may have a sexual relationship or a near-sexual relationship without necessarily demanding or expecting a more formal romantic relationship as a goal. It is more than simple casual sex, which has little or no emotional element, and different from a one-night stand, as the relationship extends beyond a single sexual encounter. Related terms are friends with benefits and fuck buddies or bed buddies. There are significant gender and cultural differences in acceptance of and breadth of casual relationships, as well as in regrets about action/inaction in those relationships.
Money Quote: Persona che quando meno te l'aspetti tira fuori una tromba.
7.5.09
The second best entry (after The Wrath of Khan)
CONTINUANO I GIUDIZI positivi sull'undicesimo Star Trek. Io sabato dovrei andarmelo a vedere al cinema (specifichiamo, che è meglio) e poi vi aggiorno. Le aspettative si impennano.
Money Quote: There was seemingly no good reason to revisit the Star Trek series. Thousands of hours of crappy television shows and deflated movies—not one interesting Star Trek movie has been made since 1986's The Voyage Home, the campy-but- energetic fourth installment in the series—had taken their toll. The property had fallen into the hands of fans-turned-pros who were strangulating the premise with their adulation. But J. J. Abrams has somehow managed to create the second-best entry in the series (after The Wrath of Khan) and completely revitalize the premise for the 21st century..
Money Quote: There was seemingly no good reason to revisit the Star Trek series. Thousands of hours of crappy television shows and deflated movies—not one interesting Star Trek movie has been made since 1986's The Voyage Home, the campy-but- energetic fourth installment in the series—had taken their toll. The property had fallen into the hands of fans-turned-pros who were strangulating the premise with their adulation. But J. J. Abrams has somehow managed to create the second-best entry in the series (after The Wrath of Khan) and completely revitalize the premise for the 21st century..
Un'occhiata al Kindle DX (aggiornato: NO WIFI)
ALCUNI PENSIERI SPARSI sul nuovo lettore ad inchiostro digitale di Amazon.
- ATTENZIONE: NON HA IL WIFI MA FUNZIONA CON L'EVDO-CDMA (telefonia mobile che c'è solo negli Usa) -- NON LO COMPRATE PER USARLO IN ITALIA!!!
- È una piattaforma, non un prodotto
- Ha un modello di business estremamente convenzionale (la gente compra i giornali e i libri pagandoli, come succede con la carta, e questo piace molto agli editori)
- Sarà un casino ridistribuire il diritto d'autore (senza costi di distribuzione, gli autori vorranno più del 6%)
- L'apparecchio di per sé è molto completo, wireless, bello e facile, ma costa troppo (500 dollari)
- Ho provato il Kindle2 per un po' e la qualità è straordinaria; lo sfondo plasticoso/lattuginoso delle pagine digitali sarà il bianco del futuro?
- Entrerà nelle case delle persone, non per i libri e i giornali, ma grazie alla scuola
Ne vorrei uno qui? Certamente. Quello grande o quello piccolo? Probabilmente quello piccolo ma con la capacità grafica di quello grande. Peccato che non ci sia Amazon, in Italia, e che quindi non funzioni la piattaforma wireless (whispernet, la chiamano), vanificando completamente l'esperienza. Se non fate i pendolari negli Usa, lo sconsiglio vivamente anche agli "importatori seriali"...
- ATTENZIONE: NON HA IL WIFI MA FUNZIONA CON L'EVDO-CDMA (telefonia mobile che c'è solo negli Usa) -- NON LO COMPRATE PER USARLO IN ITALIA!!!
- È una piattaforma, non un prodotto
- Ha un modello di business estremamente convenzionale (la gente compra i giornali e i libri pagandoli, come succede con la carta, e questo piace molto agli editori)
- Sarà un casino ridistribuire il diritto d'autore (senza costi di distribuzione, gli autori vorranno più del 6%)
- L'apparecchio di per sé è molto completo, wireless, bello e facile, ma costa troppo (500 dollari)
- Ho provato il Kindle2 per un po' e la qualità è straordinaria; lo sfondo plasticoso/lattuginoso delle pagine digitali sarà il bianco del futuro?
- Entrerà nelle case delle persone, non per i libri e i giornali, ma grazie alla scuola
Ne vorrei uno qui? Certamente. Quello grande o quello piccolo? Probabilmente quello piccolo ma con la capacità grafica di quello grande. Peccato che non ci sia Amazon, in Italia, e che quindi non funzioni la piattaforma wireless (whispernet, la chiamano), vanificando completamente l'esperienza. Se non fate i pendolari negli Usa, lo sconsiglio vivamente anche agli "importatori seriali"...
6.5.09
La mensolina invisibile per creativi
SENTO CHE UN giorno lo farete anche voi...
5.5.09
L'opera struggente del solitario genio
L'INCONSCIO COLLETTIVO DIVENTA sempre più conscio che è uscito il primo volume della straordinaria saga quotidiana di Garry B. Trudeau, Doonesbury.
Come avevo ricordato qualche tempo fa, si è trattato di un lavoro straordinario, emozionante (anche di un bel carpiatello, non ce lo dimentichiamo), di cui - merito di Matteo e dell'editore - sono nel mio piccolo molto orgoglioso. Adesso, altre tracce si vanno spargendo per la rete.
Auto-Money-Quote: La tessitura di Trudeau, iniziata praticamente fin dai pri mi mesi di pubblicazione di Doonesbury, dimostra la maturità dell'autore e il fatto che sin dal principio il suo lavoro si è ca ratterizzato con anni giornalisticamente e stilisticamente sor prendenti. La capacità di legare il piccolo al grande, il pubblico al privato, e di affrescare una cronaca quotidiana che è anche commento, battaglia politica e ideale, denuncia e rappresen tazione per il pubblico del significato degli eventi in corso, si completa lentamente e acquista esplicita coscienza di sé più avanti, con lo iato durato 22 mesi tra il gennaio del 1983 l'ot tobre del 1984.
A differenza di quanto di solito accade quando si riparte dagli esordi di un autore, tra l'altro, questi primi due anni e due mesi di daily strips di Doonesbury sono già più che godibili. E gettano le fondamenta del fenomeno che, speriamo, entro un paio di anni (due volumi l'anno con due anni di strips ciascuno) entrerà nel vivo.
Come avevo ricordato qualche tempo fa, si è trattato di un lavoro straordinario, emozionante (anche di un bel carpiatello, non ce lo dimentichiamo), di cui - merito di Matteo e dell'editore - sono nel mio piccolo molto orgoglioso. Adesso, altre tracce si vanno spargendo per la rete.
Auto-Money-Quote: La tessitura di Trudeau, iniziata praticamente fin dai pri mi mesi di pubblicazione di Doonesbury, dimostra la maturità dell'autore e il fatto che sin dal principio il suo lavoro si è ca ratterizzato con anni giornalisticamente e stilisticamente sor prendenti. La capacità di legare il piccolo al grande, il pubblico al privato, e di affrescare una cronaca quotidiana che è anche commento, battaglia politica e ideale, denuncia e rappresen tazione per il pubblico del significato degli eventi in corso, si completa lentamente e acquista esplicita coscienza di sé più avanti, con lo iato durato 22 mesi tra il gennaio del 1983 l'ot tobre del 1984.
A differenza di quanto di solito accade quando si riparte dagli esordi di un autore, tra l'altro, questi primi due anni e due mesi di daily strips di Doonesbury sono già più che godibili. E gettano le fondamenta del fenomeno che, speriamo, entro un paio di anni (due volumi l'anno con due anni di strips ciascuno) entrerà nel vivo.
Just absolute wonderful
PARE CHE IL nuovo Star Trek diretto da J.J. Abrams ne valga davvero la pena. (Da venerdì c'è anche da noi in Italia).
E pare anche che per adesso il Boston Globe non chiuda...
E pare anche che per adesso il Boston Globe non chiuda...
Jump the shark
SIAMO A TRE numeri di Wired edizione italiana. E la gnocca è arrivata al sommario interno. Quando la mettono in copertina, hanno fatto festa.
Lo dico dall’inizio: wired italia = GQ senza donnine.
Mi ero abbonato per due anni, ma delusione e’ stata tale che ho chiesto disdetta, stranamente accettata con rimborso.
Mi pare una rivista con target i fichetti 2.0 modaioli, quelli che portano gli occhiali spessi nerd-like (firmati!) e vivono su feisbuc, che propinano POD (?) idioti sul canale Current TV.
Se questo e’ il futuro che mi aspetta, vorrei scappare, non so ancora dove.
(dai commenti su Manteblog)
Lo dico dall’inizio: wired italia = GQ senza donnine.
Mi ero abbonato per due anni, ma delusione e’ stata tale che ho chiesto disdetta, stranamente accettata con rimborso.
Mi pare una rivista con target i fichetti 2.0 modaioli, quelli che portano gli occhiali spessi nerd-like (firmati!) e vivono su feisbuc, che propinano POD (?) idioti sul canale Current TV.
Se questo e’ il futuro che mi aspetta, vorrei scappare, non so ancora dove.
(dai commenti su Manteblog)
4.5.09
Cosa devi fare per vincere il premio
SUSAN LUCCI È una gran bella donna. Negli Usa è stata a lungo sinonimo di televisione. Soprattutto perché ha conquistato uno spazio immane nel "daytime" (mattina e pranzo) con la soap All My Children, da noi brevemente conosciuta come "La valle dei pini", trasmessa da Mediaset tra il 1987 e il 1992.
La Lucci è la protagonista più popolare, con il nome di Erica Kane: la soap corre dal 1970 e la Lucci non si è persa una puntata. A lungo hanno avuto il primo o il secondo posto nel rating degli ascolti, tenendo bene dietro allo schiacciasassi The Young and the Restless, da noi "Febbre d'amore".
Lei, Susan Tucci, nata l'antivigilia di Natale a New York nel 1946, per me è diventata una leggenda per un altro motivo, però. Protagonista di uno degli show più guardati di sempre, signora e dominatrice di un terzo della giornata televisiva, fisico e bellezza da batticuore, è stata per 19 anni candidata agli Emmy, gli Oscar della tivù, senza mai vincerli. Una sorta di maledizione: dal 1978 (prima candidatura) al 2002 (ultima candidatura, numero 21, un record assoluto).
Donna tosta, sposata da una vita sempre con lo stesso uomo (Helmut Huber, uomo d'affari austriaco trapiantato negli Usa) e ha due figli. Un talento gigantesco, volontà, determinazione, applicazione, e questo traguardo, il riconoscimento dei suoi pari, l'unica cosa importante in un mondo pieno di vuoto divismo, che le sfugge tra le dita come sabbia, tutte le volte.
Sono state 18 le candidature all'Emmy andate a vuoto: un fenomeno diventato un tormentone, che è valso a Susan anche uno spazio al Saturday Night Live, dove ha preso in giro tutti quanti e soprattutto se stessa (una delle rarissime volte che il SNL ha invitato come conduttore-ospite un attore della fascia mattutina). Poi, alla candidatura numero 19, è successo l'incredibile.
Era l'attore Shemar Moore (uno dei protagonisti della soap "Febbre d'amore", oggi famoso invece per il telefilm Criminal Minds) ad annunciare la vincitrice dell'Emmy come Outstanding Lead Actress in a Drama Series. Quando dichiara vincitrice Lucci, viene giù il teatro: applausi a scena aperta, una standing ovation che dura minuti. E poi lei, travolta dalle lacrime e dall'emozione, che dimostra un carattere non comune e tira fuori dalle viscere un discorso tosto, a tratti quasi duro ma bello. La storia del suo Emmy del 1999 rimase sui giornali per settimane: sono sette minuti di meta-televisione molto intensa, particolare, difficile ma commuovente.
A me, quando le difficoltà paiono insormontabili e i risultati, dopo anni, non arrivano, piace guardare questo video. Mi allarga il cuore. Ve lo consiglio caldamente.
La Lucci è la protagonista più popolare, con il nome di Erica Kane: la soap corre dal 1970 e la Lucci non si è persa una puntata. A lungo hanno avuto il primo o il secondo posto nel rating degli ascolti, tenendo bene dietro allo schiacciasassi The Young and the Restless, da noi "Febbre d'amore".
Lei, Susan Tucci, nata l'antivigilia di Natale a New York nel 1946, per me è diventata una leggenda per un altro motivo, però. Protagonista di uno degli show più guardati di sempre, signora e dominatrice di un terzo della giornata televisiva, fisico e bellezza da batticuore, è stata per 19 anni candidata agli Emmy, gli Oscar della tivù, senza mai vincerli. Una sorta di maledizione: dal 1978 (prima candidatura) al 2002 (ultima candidatura, numero 21, un record assoluto).
Donna tosta, sposata da una vita sempre con lo stesso uomo (Helmut Huber, uomo d'affari austriaco trapiantato negli Usa) e ha due figli. Un talento gigantesco, volontà, determinazione, applicazione, e questo traguardo, il riconoscimento dei suoi pari, l'unica cosa importante in un mondo pieno di vuoto divismo, che le sfugge tra le dita come sabbia, tutte le volte.
Sono state 18 le candidature all'Emmy andate a vuoto: un fenomeno diventato un tormentone, che è valso a Susan anche uno spazio al Saturday Night Live, dove ha preso in giro tutti quanti e soprattutto se stessa (una delle rarissime volte che il SNL ha invitato come conduttore-ospite un attore della fascia mattutina). Poi, alla candidatura numero 19, è successo l'incredibile.
Era l'attore Shemar Moore (uno dei protagonisti della soap "Febbre d'amore", oggi famoso invece per il telefilm Criminal Minds) ad annunciare la vincitrice dell'Emmy come Outstanding Lead Actress in a Drama Series. Quando dichiara vincitrice Lucci, viene giù il teatro: applausi a scena aperta, una standing ovation che dura minuti. E poi lei, travolta dalle lacrime e dall'emozione, che dimostra un carattere non comune e tira fuori dalle viscere un discorso tosto, a tratti quasi duro ma bello. La storia del suo Emmy del 1999 rimase sui giornali per settimane: sono sette minuti di meta-televisione molto intensa, particolare, difficile ma commuovente.
A me, quando le difficoltà paiono insormontabili e i risultati, dopo anni, non arrivano, piace guardare questo video. Mi allarga il cuore. Ve lo consiglio caldamente.
3.5.09
Dòira
STAVO CERCANDO DI capire qualcosa in più su Cabiria, film muto definito nel 1914, quando venne girato, una "Visione storica del terzo secolo a.C.". È forse il primo vero kolossal cinematografico di sempre (anche se due anni prima Enrico Guazzoni fece Quo Vadis?), di sicuro uno dei migliori fino all'avvento del sonoro. Cabiria è infatti uno straordinario malloppazzo muto di tre ore e dieci, che ha influenzato tutta la cinematografia successiva (i "maestri" del muto D.W. Griffith e Cecil B. DeMille erano in debito con il nostro dimenticato Giovanni Pastrone) e segnato una tappa fondamentale nell'invenzione dei film così come siamo abituati a vederli oggi.
Come per ogni film muto, i testi erano a parte, a pannello, e li scrisse Gabriele D'Annunzio per "nobilitare" il prodotto, che però era già un polpettone commerciale. Cabiria raccontava in modo sontuoso, visionario, prolisso e fantasmagorico la storia della bella Cabiria, figlia del nobile romano Batto, rapita e resa schiava dai cartaginesi. E delle vicende per il di lei recupero, che occupano in realtà praticamente tutta la vita della povera giovinetta. Qui, in questo kolossal primigenio, compare per la prima volta il famigerato Maciste, lo schiavo fortissimo interpretato dal gigantesco camallo genovese Bartolomeo Pagano; ma qui si parla anche di Annibale e della prima guerra punica, del dio Moloch e dell'incendio di Cartagine. C'è di tutto.
È così ricco, barocco e arzigogolato, il nostro buon Cabiria, perché la trama era in realtà una specie di pout-pourrì di altre storie: "Cartagine in fiamme" di Emilio Salgari (tra un Sandokan e l'altro, aveva tempo anche per questo, il prolifico autore veronese) e Salammbò di Gustave Flaubert. E il film non è che venisse via così, gratuitamente, visto l'argomento della guerra punica. All'epoca con Cabiria si celebrava anche la giolittiana campagna di Libia del 1911, evento del quale il film era. in effetti, anche una furba e interessata resa d'omaggio.
Tutto per dire che mentre guardavo queste cose, ho scoperto che Cabiria l'hanno girato nelle valli di Lanzo e sulla Dora Riparia. E quando ho letto che questo fiume in piemontese si dice "Dòira", per motivi miei mi sono commosso. Che scemo, eh?
Come per ogni film muto, i testi erano a parte, a pannello, e li scrisse Gabriele D'Annunzio per "nobilitare" il prodotto, che però era già un polpettone commerciale. Cabiria raccontava in modo sontuoso, visionario, prolisso e fantasmagorico la storia della bella Cabiria, figlia del nobile romano Batto, rapita e resa schiava dai cartaginesi. E delle vicende per il di lei recupero, che occupano in realtà praticamente tutta la vita della povera giovinetta. Qui, in questo kolossal primigenio, compare per la prima volta il famigerato Maciste, lo schiavo fortissimo interpretato dal gigantesco camallo genovese Bartolomeo Pagano; ma qui si parla anche di Annibale e della prima guerra punica, del dio Moloch e dell'incendio di Cartagine. C'è di tutto.
È così ricco, barocco e arzigogolato, il nostro buon Cabiria, perché la trama era in realtà una specie di pout-pourrì di altre storie: "Cartagine in fiamme" di Emilio Salgari (tra un Sandokan e l'altro, aveva tempo anche per questo, il prolifico autore veronese) e Salammbò di Gustave Flaubert. E il film non è che venisse via così, gratuitamente, visto l'argomento della guerra punica. All'epoca con Cabiria si celebrava anche la giolittiana campagna di Libia del 1911, evento del quale il film era. in effetti, anche una furba e interessata resa d'omaggio.
Tutto per dire che mentre guardavo queste cose, ho scoperto che Cabiria l'hanno girato nelle valli di Lanzo e sulla Dora Riparia. E quando ho letto che questo fiume in piemontese si dice "Dòira", per motivi miei mi sono commosso. Che scemo, eh?
Play clothes
COME OGNI DOMENICA, arriva il nostro buon Doonesbury di Garry B. Trudeau. Già che ci siamo, vi ricordo la raccolta delle strisce dei primi due anni, in italiano, da Black Velvet, con tra gli altri un breve contributo del Giovane Autore. Documento imperdibile.
2.5.09
Quasi quasi preferivo le veline
MI PARE CHE sia passato un po' in secondo piano:
Roma, 28 apr. - (Adnkronos) - Emanuele Filiberto di Savoia sara' candidato per l'Udc alle Europee nella circoscrizione Nord Ovest. L'annuncio in una conferenza stampa alla Camera con il segretario dei centristi Lorenzo Cesa e Michele Vietti. Oggi, spiega Cesa, ''presenteremo le liste complete per le Europee'' e nella testa di lista per il Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam correra', appunto, Emanuele Filiberto di Savoia. Dopo le voci dei giorni scorsi, non sara' candidato invece Vittorio Sgarbi. Cesa sottolinea l'intesa con Emanuele Filiberto sui valori, sulla difesa della famiglia, della vita e dell'identita' cristiana dell'Europa.
Spiace fare il solito moralista dei poveri e degli smemorati, visto che poi con legge costituzionale abbiamo rimosso la disposizione transitoria e finale che vietava ai maschi di casa Savoia di rimettere piede in Italia. Però, un discorso è rimettere piede, un altro è candidare a rappresentare la Repubblica (entità nata nel sangue della lotta partigiana bianca e rossa, in opposizione al fascismo e alla monarchia sua complice, e dalla volontà dell'Assemblea costituente eletta dal popolo italiano, casomai quel giorno alle medie quando facevano educazione civica fosse stati assenti) il politicamente inetto savoiardo.
La candidatura di Emanuele Filiberto di Savoia la trovo una cosa immorale, indecente ed offensiva non in astratto ma proprio contro me, in quanto cittadino della Repubblica. Però, si vede che faceva audience e quindi Pier Ferdinando Casini va avanti lo stesso.
Guardate, perché non ci siano fraintendimenti, che il problema con il politicamente inetto savoiardo non è la persona, ma quello che rappresenta. E la mancanza di pudore che dimostra, accettando la candidatura, nel rimestare nel ventre putrido del Paese. Se fossi l'erede al trono di una nazione che con referendum ha voluto bandire i miei avi e tutte le generazioni future, non sono loro ma sarei io per primo quello che non vorrebbe più avere niente a che fare con la vita pubblica di quel Paese.
Ma scherziamo? Rappresentante al Parlamento europeo. Capolista con quell'altro fenomeno di Magdi Cristiano Allam? Adesso non è più il simbolo, ma la persona che mi interessa. È Casini che meriterebbe l'esilio perpetuo, altro che fare l'ex Presidente della Camera dei Deputati della Repubblica candidando a rappresentanti in Europa personaggi che con la Repubblica proprio non hanno niente a che spartire.
Roma, 28 apr. - (Adnkronos) - Emanuele Filiberto di Savoia sara' candidato per l'Udc alle Europee nella circoscrizione Nord Ovest. L'annuncio in una conferenza stampa alla Camera con il segretario dei centristi Lorenzo Cesa e Michele Vietti. Oggi, spiega Cesa, ''presenteremo le liste complete per le Europee'' e nella testa di lista per il Nord Ovest insieme a Magdi Cristiano Allam correra', appunto, Emanuele Filiberto di Savoia. Dopo le voci dei giorni scorsi, non sara' candidato invece Vittorio Sgarbi. Cesa sottolinea l'intesa con Emanuele Filiberto sui valori, sulla difesa della famiglia, della vita e dell'identita' cristiana dell'Europa.
Spiace fare il solito moralista dei poveri e degli smemorati, visto che poi con legge costituzionale abbiamo rimosso la disposizione transitoria e finale che vietava ai maschi di casa Savoia di rimettere piede in Italia. Però, un discorso è rimettere piede, un altro è candidare a rappresentare la Repubblica (entità nata nel sangue della lotta partigiana bianca e rossa, in opposizione al fascismo e alla monarchia sua complice, e dalla volontà dell'Assemblea costituente eletta dal popolo italiano, casomai quel giorno alle medie quando facevano educazione civica fosse stati assenti) il politicamente inetto savoiardo.
La candidatura di Emanuele Filiberto di Savoia la trovo una cosa immorale, indecente ed offensiva non in astratto ma proprio contro me, in quanto cittadino della Repubblica. Però, si vede che faceva audience e quindi Pier Ferdinando Casini va avanti lo stesso.
Guardate, perché non ci siano fraintendimenti, che il problema con il politicamente inetto savoiardo non è la persona, ma quello che rappresenta. E la mancanza di pudore che dimostra, accettando la candidatura, nel rimestare nel ventre putrido del Paese. Se fossi l'erede al trono di una nazione che con referendum ha voluto bandire i miei avi e tutte le generazioni future, non sono loro ma sarei io per primo quello che non vorrebbe più avere niente a che fare con la vita pubblica di quel Paese.
Ma scherziamo? Rappresentante al Parlamento europeo. Capolista con quell'altro fenomeno di Magdi Cristiano Allam? Adesso non è più il simbolo, ma la persona che mi interessa. È Casini che meriterebbe l'esilio perpetuo, altro che fare l'ex Presidente della Camera dei Deputati della Repubblica candidando a rappresentanti in Europa personaggi che con la Repubblica proprio non hanno niente a che spartire.
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